Negli ultimi dieci anni si è assistito, a livello nazionale ed internazionale, ad una crisi nel settore dell’apicoltura dovuto a morie di api che portano spesso ad un completo spopolamento degli alveari. Questo fenomeno ha assunto intensità particolarmente gravi nel triennio 2005-2008, con perdite fino al 40% del totale degli alveari produttivi in alcuni stati europei, tra cui l’Italia e sino al 40-60% negli Stati Uniti. Questa generalizzata moria delle api, denominata “Colony Collapse Disorder” (CCD) ha comportato una serie di interrogativi sulle cause, tra le quali la diffusione di parassiti come la Varroa destructor oppure il Nosema spp., le tecniche apistiche sempre più spinte e il diffuso inquinamento ambientale dovuto in gran parte all’uso di prodotti fitosanitari. In particolare, la perdita di colonie che si osserva in autunno è dovuta nella generalità dei casi alla varroa, mentre le perdite primaverili, osservate prima del bando dei neonicotinoidi nel 2008, avvengono in corrispondenza delle semine primaverili del mais, dove si impiegano sementi conciate con insetticidi appartenenti alla famiglia dei neonicotinoidi e seminatrici pneumatiche. In questa tesi si sono approfonditi gli aspetti che riguardano la moria delle api, soprattutto in riferimento al periodo primaverile. Si possono infatti distinguere le cause che differenziano le perdite delle colonie nel periodo autunnale provocate essenzialmente dall’acaro Varroa destructor, dalle perdite primaverili, le cui cause, pur essendo associate alle semine del mais con neonicotinoidi, erano praticamente sconosciute nel modalità di intossicazione sino all’inizio della presente tesi; si attribuiva infatti la morte delle api a dosi sub letali acquisite dalla vegetazione spontanea circostante i seminativi. Si è considerata invece l’ipotesi che esistessero fonti di intossicazione acuta legate alla semina del mais. Si sono ipotizzati due diversi meccanismi d’azione nell’avvelenamento delle api. Il primo consiste nel rilascio, sottoforma di gocce, attraverso un fenomeno fisiologico chiamato guttazione, di ingenti quantità di principio attivo con le quali le api potrebbero venire a contatto; l’altro meccanismo considera l’intossicazione da insetticidi attraverso la semina di mais conciato con la liberazione nell’aria di particolato contenente concentrazioni altissime di insetticida con il quale le api si intossicano in volo. Le giovani piante che sviluppano una pressione radicale elevata, mostrano frequentemente la fuoriuscita di liquido dai margini delle foglie, un fenomeno detto guttazione. Le “gocce di rugiada” osservate sulle foglie delle graminacee al mattino sono per lo più gocce di guttazione, in particolare se presenti sulla punta delle foglie. Le gocce sono prodotte e permangono sulla lamina delle foglie delle piantine di mais anche per parecchie ore, ma possono cadere o asciugarsi rapidamente in presenza di vento. Nel calice, la guttazione permane anche per tutto il giorno. Tali gocce durante il periodo primaverile possono venir utilizzate dalle api come fonte idrica anche per umettare l’alveare. Nei primi due lavori presenti in questa tesi sono illustrati i risultati del primo anno dell’attività di dottorato, cioè la scoperta che le gocce di guttazione contengono concentrazioni elevate, anche centinaia di ppm, di insetticidi (neonicotinoidi) impiegati nella concia dei semi: queste molecole essendo idrosolubili entrano in circolo nella pianta e sono quindi parzialmente rilasciati attraverso le guttazioni. Tali concentrazioni, se si considera la capacità di ingestione di un’ape ( stimata attorno a 20-30 µl), risultano ben al di sopra della dose letale sia per ingestione ed anche per contatto (circa 20-40 ng di p.a./ape). Si è tuttavia esclusa l’implicazione delle guttazioni nelle catastrofiche morie primaverili attraverso osservazioni di campo che hanno messo in luce come tali gocce non costituiscano di norma una fonte idrica per le api a meno che, si suppone, non perduri un lungo periodo di siccità. Nei lavori successivi si è quindi considerata l’ipotesi che l’effetto tossico dei neonicotinoidi usati per la concia del seme di mais, fosse direttamente connesso all’esposizione delle api alle polveri emesse durante la semina. Si sono svolte prove in campo, sia per quanto riguarda l’emissione del particolato, sia sul meccanismo e i fattori che provocavano un intossicazione letale alle api. Dalle analisi chimiche (eseguite dal Dipartimento di Scienze Chimiche dell’Università di Padova), le quantità di insetticidi rinvenuti su api morte, anche dopo un solo volo vicino alla seminatrice, sono comprese tra circa 50 e 1000 ng per ape, con una punta massima riscontrata pari a 11 µg/ape. Parallelamente alle prove in campo, si è provveduto a quantificare con maggior precisione la quantità di polvere che viene emessa dalla seminatrice (sesto lavoro) e contemporaneamente a determinare la dimensione della “nube tossica” formata dal particolato proiettato in aria durante la semina. Nel quinto lavoro presente nella tesi, è stata dimostrata così la presenza di una nube tossica attorno alla macchina, che in assenza di vento sostenuto, ha la forma di un elissoide di circa 20 metri di diametro e di almeno 3 metri d’altezza. Tra i vari risultati ottenuti è rilevante sottolineare anche la messa a punto un semplice test biologico per saggiare l’effettiva intossicazione delle api in vicinanza delle seminatrici i cui risultati sono in ottimo accordo con i dati analitici di emissione e/o di ricaduta delle particelle originate con la semina. Le analisi chimiche, in particolare, hanno consentito di mettere a punto un protocollo innovativo per la determinazione di insetticidi neonicotinoidi in singole api (settimo lavoro); sino ad ora tutte le analisi riportate in letteratura riguardano l’esame di campioni di almeno alcune decine di api (es. kg di insetti morti). Ne consegue che l’analisi chimica più raffinata permette di quantificare la contaminazione del singolo insetto con un evidente vantaggio per la comprensione e valutazione delle cause di intossicazione.
Corn seed coated with neonicotinoids: environmental contamination and bee losses in spring
MARZARO, MATTEO
2013
Abstract
Negli ultimi dieci anni si è assistito, a livello nazionale ed internazionale, ad una crisi nel settore dell’apicoltura dovuto a morie di api che portano spesso ad un completo spopolamento degli alveari. Questo fenomeno ha assunto intensità particolarmente gravi nel triennio 2005-2008, con perdite fino al 40% del totale degli alveari produttivi in alcuni stati europei, tra cui l’Italia e sino al 40-60% negli Stati Uniti. Questa generalizzata moria delle api, denominata “Colony Collapse Disorder” (CCD) ha comportato una serie di interrogativi sulle cause, tra le quali la diffusione di parassiti come la Varroa destructor oppure il Nosema spp., le tecniche apistiche sempre più spinte e il diffuso inquinamento ambientale dovuto in gran parte all’uso di prodotti fitosanitari. In particolare, la perdita di colonie che si osserva in autunno è dovuta nella generalità dei casi alla varroa, mentre le perdite primaverili, osservate prima del bando dei neonicotinoidi nel 2008, avvengono in corrispondenza delle semine primaverili del mais, dove si impiegano sementi conciate con insetticidi appartenenti alla famiglia dei neonicotinoidi e seminatrici pneumatiche. In questa tesi si sono approfonditi gli aspetti che riguardano la moria delle api, soprattutto in riferimento al periodo primaverile. Si possono infatti distinguere le cause che differenziano le perdite delle colonie nel periodo autunnale provocate essenzialmente dall’acaro Varroa destructor, dalle perdite primaverili, le cui cause, pur essendo associate alle semine del mais con neonicotinoidi, erano praticamente sconosciute nel modalità di intossicazione sino all’inizio della presente tesi; si attribuiva infatti la morte delle api a dosi sub letali acquisite dalla vegetazione spontanea circostante i seminativi. Si è considerata invece l’ipotesi che esistessero fonti di intossicazione acuta legate alla semina del mais. Si sono ipotizzati due diversi meccanismi d’azione nell’avvelenamento delle api. Il primo consiste nel rilascio, sottoforma di gocce, attraverso un fenomeno fisiologico chiamato guttazione, di ingenti quantità di principio attivo con le quali le api potrebbero venire a contatto; l’altro meccanismo considera l’intossicazione da insetticidi attraverso la semina di mais conciato con la liberazione nell’aria di particolato contenente concentrazioni altissime di insetticida con il quale le api si intossicano in volo. Le giovani piante che sviluppano una pressione radicale elevata, mostrano frequentemente la fuoriuscita di liquido dai margini delle foglie, un fenomeno detto guttazione. Le “gocce di rugiada” osservate sulle foglie delle graminacee al mattino sono per lo più gocce di guttazione, in particolare se presenti sulla punta delle foglie. Le gocce sono prodotte e permangono sulla lamina delle foglie delle piantine di mais anche per parecchie ore, ma possono cadere o asciugarsi rapidamente in presenza di vento. Nel calice, la guttazione permane anche per tutto il giorno. Tali gocce durante il periodo primaverile possono venir utilizzate dalle api come fonte idrica anche per umettare l’alveare. Nei primi due lavori presenti in questa tesi sono illustrati i risultati del primo anno dell’attività di dottorato, cioè la scoperta che le gocce di guttazione contengono concentrazioni elevate, anche centinaia di ppm, di insetticidi (neonicotinoidi) impiegati nella concia dei semi: queste molecole essendo idrosolubili entrano in circolo nella pianta e sono quindi parzialmente rilasciati attraverso le guttazioni. Tali concentrazioni, se si considera la capacità di ingestione di un’ape ( stimata attorno a 20-30 µl), risultano ben al di sopra della dose letale sia per ingestione ed anche per contatto (circa 20-40 ng di p.a./ape). Si è tuttavia esclusa l’implicazione delle guttazioni nelle catastrofiche morie primaverili attraverso osservazioni di campo che hanno messo in luce come tali gocce non costituiscano di norma una fonte idrica per le api a meno che, si suppone, non perduri un lungo periodo di siccità. Nei lavori successivi si è quindi considerata l’ipotesi che l’effetto tossico dei neonicotinoidi usati per la concia del seme di mais, fosse direttamente connesso all’esposizione delle api alle polveri emesse durante la semina. Si sono svolte prove in campo, sia per quanto riguarda l’emissione del particolato, sia sul meccanismo e i fattori che provocavano un intossicazione letale alle api. Dalle analisi chimiche (eseguite dal Dipartimento di Scienze Chimiche dell’Università di Padova), le quantità di insetticidi rinvenuti su api morte, anche dopo un solo volo vicino alla seminatrice, sono comprese tra circa 50 e 1000 ng per ape, con una punta massima riscontrata pari a 11 µg/ape. Parallelamente alle prove in campo, si è provveduto a quantificare con maggior precisione la quantità di polvere che viene emessa dalla seminatrice (sesto lavoro) e contemporaneamente a determinare la dimensione della “nube tossica” formata dal particolato proiettato in aria durante la semina. Nel quinto lavoro presente nella tesi, è stata dimostrata così la presenza di una nube tossica attorno alla macchina, che in assenza di vento sostenuto, ha la forma di un elissoide di circa 20 metri di diametro e di almeno 3 metri d’altezza. Tra i vari risultati ottenuti è rilevante sottolineare anche la messa a punto un semplice test biologico per saggiare l’effettiva intossicazione delle api in vicinanza delle seminatrici i cui risultati sono in ottimo accordo con i dati analitici di emissione e/o di ricaduta delle particelle originate con la semina. Le analisi chimiche, in particolare, hanno consentito di mettere a punto un protocollo innovativo per la determinazione di insetticidi neonicotinoidi in singole api (settimo lavoro); sino ad ora tutte le analisi riportate in letteratura riguardano l’esame di campioni di almeno alcune decine di api (es. kg di insetti morti). Ne consegue che l’analisi chimica più raffinata permette di quantificare la contaminazione del singolo insetto con un evidente vantaggio per la comprensione e valutazione delle cause di intossicazione.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/90689
URN:NBN:IT:UNIPD-90689