La presente ricerca studia i processi –i flussi dell’acqua e dei sedimenti- che definiscono la forma dei corsi alluviali. Il rapporto tra forme e processi si presenta molto complesso perché queste aspetti interagiscono mutuamente: la forma dell’alveo influisce il flusso delle acque che guida il moto delle particelle sul fondo ed, a sua volta, modifica la forma del canale. Questo studio riprende un vecchio argomento negli studi fluviali, quello di spiegare la forma dei corsi’acqua come risposta a certi controlli esterni e processi interni. Tuttavia, il problema non è risolto e questo studio apporta nuovi elementi. Il punto di partenza nello studio del rapporto tra forme e processi si trova nelle teorie di regime che consistono in un insieme di equazioni per estimare la larghezza, profondità e pendenza di un corso d’acqua in equilibrio, quando la portata liquida ed il apporto di sedimenti sono conosciuti. Le teorie di regime sono state create nel secolo XIX inquadrate nell’ambito dell’ingegneria idraulica per la progettazione di canali di irrigazioni (Kennedy, 1895; Lacey, 1930; Lane, 1955). Leopold and Maddock (1953) introdussero il concetto di geometria idraulica nella geomorfologia fluviale e dimostrarono che i corsi’acqua modificano la pendenza nonché la sezione trasversale per raggiungere lo stato di equilibrio per una portata rappresentativa. I primi studi sono stati empirici, quindi un intenso lavoro teorico è stato svolto ai fini di spiegare le equazioni di regime. Parker (1978) dimostrò l’importanza di considerare la resistenza delle sponde nelle formulazioni nonché di usare modelli idraulici sofisticati per calcolare correttamente la distribuzione dello sforzo di taglio sul letto dell’alveo. Una strategia alternativa è stata applicata per esplorare le proprietà geometriche dei canali. Langbein e Leopold (1962) considerarono i principi della termodinamica e suggerirono che la distribuzione dell’energia in un fiume tendeva verso lo stato piu probabile. Questo lavoro aprì un cammino teorico e poi altre teorie, chiamate “extremal hypothesis”, sono state proposte: minima potenzia unitaria della corrente (Yang e Song, 1979), minima potenza della corrente (Chang, 1980), minima dissipazione di energia (Brebner and Wilson, 1967; Yang et al., 1981), massimo trasporto di sedimenti (White et al., 1982), massimo fattore di frizione (Davies e Sutherland, 1983) e massima resistenza al flusso (Eaton et al., 2004). Millar e Quick (1993) e piu recentemente Millar (2005) hanno proposto modelli che prendono in considerazione la resistenza delle sponde, un aspetto che non era stato incorporato nei precedenti lavori. Le teorie “extremal hypothesis” sono state criticate per la loro mancanza di base fisica (Ferguson, 1986; Parker et al., 2007). Tra l’altro, i difensori asseriscono la loro validità sulla base del principio di minima azione (Nanson e Huang, 2008), oppure nella esistenza di due feedback opposti che agiscono ad una scala ridota, quella della sezione trasversale (Eaton et al., 2006). Le teorie di regime normalmente considerano tre gradi di libertà (larghezza, profondità e pendenza) e quattro controlli esterni (portata liquida, apporto di sedimenti, diametro dei sedimenti, e resistenza delle sponde). Tuttavia, i parametri geometrici riflettono anche processi che aggiscono ad scale spaziale e temporali differenti (Weichert et al. 2009), un aspetto che non è stato considerato nelle teorie di regime. La prima parte della ricerca è stata orientata alla revisione e discussione dei problemi teorici connessi sia con la rappresentazione dei sistemi fluviali sia con le teorie di regime. Come risultato, ho proposto i seguenti aspetti: a) le leggi della fisica ed i vincoli invocati nelle teorie di regime descrivono il comportamento di una popolazione di fiumi invece di descrivere i processi precisi al interno di un singolo tratto fluviale; b) ogni singolo elemento della popolazione ha dei confini incerti (larghezza e profondità) ed anche delle proprietà incerte (diametro medio delle particelle nell’alveo, pendenza e portata a piene rive). Le teorie di regime sono state classificate secondo il numero di dimensioni ed il modo in cui i fiumi sono modellati. La classificazione è stata applicata alle teorie di regime per comprendere il debattito in torno alla validità delle teorie “extremal hypothesis”. La seconda parte della ricerca è indirizzata verso lo studio delle popolazioni di fiumi. Si presenta un confronto fra fiumi in stato naturale dalla Patagonia Argentina con quelli relativi ai fiumi disturbati dalle attività antropiche localizzati nella regione nordest di Italia. Sono state effettuati rilevamenti intensivi di campo in Italia ed Argentina; cinque tratti sono stati rilevati in Italia (appartenenti ai fiumi Brenta, Piave e Cordevole, tutti localizzati nella Regione del Veneto) e dieci tratti in Argentina (nelle provincie di Chubut e Rio Negro). I tratti scelti per l’indagine hanno omogeneità morfologica lungo tutto il tratto e le stazione di misure delle portate vicine hanno almeno registri di 20 anni di dati. In Argentina le misure sistematiche delle portate iniziarono verso la metà del secolo scorso e quindi ci sono circa tra 23 e 63 anni di datti nelle stazione selezionate. In Italia, le misurazioni per il fiume Brenta si trovano nella stazione di Barzizza vicina a Bassano del Grappa, che ha registri dall’anno 1924. Per quanto riguarda il fiume Piave, dati da tre stazioni sono state analizzati: Belluno, Segusino e Perarolo. I tratti selezionati sono alluviali ed al meno una delle sponde è libera di evolvere. In certi casi la vegetazione copriva una delle sponde e in pochi tratti c’èrano opere di difesa spondale. Tutti i tratti iniziano in un raschio (“riffle”) e finiscono anche in un’altro raschio, estendendosi lungo almeno una lunghezza di onda. La informazione di campo, essendo estesa e dettagliata, è stata utilizzata ai fini di confrontare i corsi naturali e disturbati. Il confronto ha permesso di valutare la stabilità raggiunta dai corsi d’acqua italiani, considerando i fiumi patagonici come riferimento dello stato di equilibrio. Inoltre, seguendo il concetto di rapporto fra scale spaziali e risposta del canale proposta dai ricercatori Weirchert et al. (2009), si valutarono le previsioni delle teorie di regime quando si considera la pendenza come una variabile indipendente. Tre modelli, che incorporano un criterio di stabilità delle sponde, sono stati considerati. Ai fini di valutare la loro performance quando la pendenza è un controllo esterno, due modificazioni a questi modelli sono state proposte. Lo studio utilizza i dati dei fiumi rilevati nonché un database pubblicato composto da 92 tratti fluviali e 36 studi di caso di laboratorio. Alla fine, il modello di Millar (2005) è stato utilizzato per spiegare i cambiamenti recenti nei fiumi Brenta e Piave ed anche per valutare la loro possibile tendenza evolutiva. L’ultima parte della tesi è stata indirizzata allo sviluppo, validazione ed implementazione di un modello bidimensionale basato sui processi, che è stato chiamato LICAN-LEUFU 2D. Questa parte del lavoro si basa sull’ipotesi che “la morfologia del canale è non solo una conseguenza dei processi che aggiscono sul canale ma anche guidata da questi processi; inoltre, due dimensioni spaziali insieme ad un modello “depth-average” permettono di descrivere meglio la morfologia del canale”. La prima parte afferma che i processi sono i responsabili delle forme osservate nel canale, affermazione che costituisce il punto di vista assunto in questo studio per quanto riguarda il dibattito intorno alle teorie di regime. Tuttavia, non deve interpretarsi come un’opposizione alle teorie di “extremal hypothesis”, oppure che non siano utile per prevedere la forma dei canali. Al contrario, come verrà dimostrato nella revisione dello stato dell’arte, le extremalhypotesis esprimono il comportamento del fiume alla scala di tratto, mentre in questo studio, le caratteristiche osservate alla scala di tratto verranno spiegate dai processi che aggiscono ad scale minori. La seconda parte dell’ipotesi significa che un modello bidimensionale dovrebbe prevedere in miglior modo la morfologia di un canale da quanto si ottiene applicando un modello aggregato o unidimensionale, es.., il modello deve essere in grado di prevedere la geometria a scala di tratto (larghezza e profondità) nonchè la morfologia all’interno del tratto (pozze e raschi), che eccedono le capacità dei modelli essistenti. Il modello è stato testato in tre differenti condizioni. Il primo test è stato realizzato sulla base delle misure di canaletta condotte presso l’Università di Hull. Il modello doveva prevedere la risposta di una canaletta di laboratorio, con fondo sabbioso-ghiaioso, che sviluppava una corazza statica in una situazione di apporto nullo di sedimenti. Nel secondo test il modello è stato utilizzato in una simulazione di medio-termine per estimare la forma del Fiume Azul quando vengono fornite come dati di input, le portate, il materiale di fondo ed il apporto de sedimenti. In questo modo, il test costituisce un’applicazione di un modello 2D nel campo delle teorie di regime. L’ultimo test riguarda l’applicazione del modello per lo studio di un caso: il Fiume Brenta. Il modello è stato caricato con una morfologia iniziale dell’alveo corrispondente all’anno 2010, e la granulometria superficiale. Il modello ha simulato il passaggio di tre piene straordinarie che si susseguirono nel periodo 2010-2011. Le previsioni del modello sono state confrontate con il DTM (modello digitale del terreno) che è stato rilevato alla fine del periodo. Inoltre, il modello è stato utilizzato per valutare la possibile tendenza evolutiva del tratto a medio termine.
Stability analysis of gravel-bed rivers: comparison between natural rivers and disturbed rivers due to human activities
KALESS, GABRIEL
2013
Abstract
La presente ricerca studia i processi –i flussi dell’acqua e dei sedimenti- che definiscono la forma dei corsi alluviali. Il rapporto tra forme e processi si presenta molto complesso perché queste aspetti interagiscono mutuamente: la forma dell’alveo influisce il flusso delle acque che guida il moto delle particelle sul fondo ed, a sua volta, modifica la forma del canale. Questo studio riprende un vecchio argomento negli studi fluviali, quello di spiegare la forma dei corsi’acqua come risposta a certi controlli esterni e processi interni. Tuttavia, il problema non è risolto e questo studio apporta nuovi elementi. Il punto di partenza nello studio del rapporto tra forme e processi si trova nelle teorie di regime che consistono in un insieme di equazioni per estimare la larghezza, profondità e pendenza di un corso d’acqua in equilibrio, quando la portata liquida ed il apporto di sedimenti sono conosciuti. Le teorie di regime sono state create nel secolo XIX inquadrate nell’ambito dell’ingegneria idraulica per la progettazione di canali di irrigazioni (Kennedy, 1895; Lacey, 1930; Lane, 1955). Leopold and Maddock (1953) introdussero il concetto di geometria idraulica nella geomorfologia fluviale e dimostrarono che i corsi’acqua modificano la pendenza nonché la sezione trasversale per raggiungere lo stato di equilibrio per una portata rappresentativa. I primi studi sono stati empirici, quindi un intenso lavoro teorico è stato svolto ai fini di spiegare le equazioni di regime. Parker (1978) dimostrò l’importanza di considerare la resistenza delle sponde nelle formulazioni nonché di usare modelli idraulici sofisticati per calcolare correttamente la distribuzione dello sforzo di taglio sul letto dell’alveo. Una strategia alternativa è stata applicata per esplorare le proprietà geometriche dei canali. Langbein e Leopold (1962) considerarono i principi della termodinamica e suggerirono che la distribuzione dell’energia in un fiume tendeva verso lo stato piu probabile. Questo lavoro aprì un cammino teorico e poi altre teorie, chiamate “extremal hypothesis”, sono state proposte: minima potenzia unitaria della corrente (Yang e Song, 1979), minima potenza della corrente (Chang, 1980), minima dissipazione di energia (Brebner and Wilson, 1967; Yang et al., 1981), massimo trasporto di sedimenti (White et al., 1982), massimo fattore di frizione (Davies e Sutherland, 1983) e massima resistenza al flusso (Eaton et al., 2004). Millar e Quick (1993) e piu recentemente Millar (2005) hanno proposto modelli che prendono in considerazione la resistenza delle sponde, un aspetto che non era stato incorporato nei precedenti lavori. Le teorie “extremal hypothesis” sono state criticate per la loro mancanza di base fisica (Ferguson, 1986; Parker et al., 2007). Tra l’altro, i difensori asseriscono la loro validità sulla base del principio di minima azione (Nanson e Huang, 2008), oppure nella esistenza di due feedback opposti che agiscono ad una scala ridota, quella della sezione trasversale (Eaton et al., 2006). Le teorie di regime normalmente considerano tre gradi di libertà (larghezza, profondità e pendenza) e quattro controlli esterni (portata liquida, apporto di sedimenti, diametro dei sedimenti, e resistenza delle sponde). Tuttavia, i parametri geometrici riflettono anche processi che aggiscono ad scale spaziale e temporali differenti (Weichert et al. 2009), un aspetto che non è stato considerato nelle teorie di regime. La prima parte della ricerca è stata orientata alla revisione e discussione dei problemi teorici connessi sia con la rappresentazione dei sistemi fluviali sia con le teorie di regime. Come risultato, ho proposto i seguenti aspetti: a) le leggi della fisica ed i vincoli invocati nelle teorie di regime descrivono il comportamento di una popolazione di fiumi invece di descrivere i processi precisi al interno di un singolo tratto fluviale; b) ogni singolo elemento della popolazione ha dei confini incerti (larghezza e profondità) ed anche delle proprietà incerte (diametro medio delle particelle nell’alveo, pendenza e portata a piene rive). Le teorie di regime sono state classificate secondo il numero di dimensioni ed il modo in cui i fiumi sono modellati. La classificazione è stata applicata alle teorie di regime per comprendere il debattito in torno alla validità delle teorie “extremal hypothesis”. La seconda parte della ricerca è indirizzata verso lo studio delle popolazioni di fiumi. Si presenta un confronto fra fiumi in stato naturale dalla Patagonia Argentina con quelli relativi ai fiumi disturbati dalle attività antropiche localizzati nella regione nordest di Italia. Sono state effettuati rilevamenti intensivi di campo in Italia ed Argentina; cinque tratti sono stati rilevati in Italia (appartenenti ai fiumi Brenta, Piave e Cordevole, tutti localizzati nella Regione del Veneto) e dieci tratti in Argentina (nelle provincie di Chubut e Rio Negro). I tratti scelti per l’indagine hanno omogeneità morfologica lungo tutto il tratto e le stazione di misure delle portate vicine hanno almeno registri di 20 anni di dati. In Argentina le misure sistematiche delle portate iniziarono verso la metà del secolo scorso e quindi ci sono circa tra 23 e 63 anni di datti nelle stazione selezionate. In Italia, le misurazioni per il fiume Brenta si trovano nella stazione di Barzizza vicina a Bassano del Grappa, che ha registri dall’anno 1924. Per quanto riguarda il fiume Piave, dati da tre stazioni sono state analizzati: Belluno, Segusino e Perarolo. I tratti selezionati sono alluviali ed al meno una delle sponde è libera di evolvere. In certi casi la vegetazione copriva una delle sponde e in pochi tratti c’èrano opere di difesa spondale. Tutti i tratti iniziano in un raschio (“riffle”) e finiscono anche in un’altro raschio, estendendosi lungo almeno una lunghezza di onda. La informazione di campo, essendo estesa e dettagliata, è stata utilizzata ai fini di confrontare i corsi naturali e disturbati. Il confronto ha permesso di valutare la stabilità raggiunta dai corsi d’acqua italiani, considerando i fiumi patagonici come riferimento dello stato di equilibrio. Inoltre, seguendo il concetto di rapporto fra scale spaziali e risposta del canale proposta dai ricercatori Weirchert et al. (2009), si valutarono le previsioni delle teorie di regime quando si considera la pendenza come una variabile indipendente. Tre modelli, che incorporano un criterio di stabilità delle sponde, sono stati considerati. Ai fini di valutare la loro performance quando la pendenza è un controllo esterno, due modificazioni a questi modelli sono state proposte. Lo studio utilizza i dati dei fiumi rilevati nonché un database pubblicato composto da 92 tratti fluviali e 36 studi di caso di laboratorio. Alla fine, il modello di Millar (2005) è stato utilizzato per spiegare i cambiamenti recenti nei fiumi Brenta e Piave ed anche per valutare la loro possibile tendenza evolutiva. L’ultima parte della tesi è stata indirizzata allo sviluppo, validazione ed implementazione di un modello bidimensionale basato sui processi, che è stato chiamato LICAN-LEUFU 2D. Questa parte del lavoro si basa sull’ipotesi che “la morfologia del canale è non solo una conseguenza dei processi che aggiscono sul canale ma anche guidata da questi processi; inoltre, due dimensioni spaziali insieme ad un modello “depth-average” permettono di descrivere meglio la morfologia del canale”. La prima parte afferma che i processi sono i responsabili delle forme osservate nel canale, affermazione che costituisce il punto di vista assunto in questo studio per quanto riguarda il dibattito intorno alle teorie di regime. Tuttavia, non deve interpretarsi come un’opposizione alle teorie di “extremal hypothesis”, oppure che non siano utile per prevedere la forma dei canali. Al contrario, come verrà dimostrato nella revisione dello stato dell’arte, le extremalhypotesis esprimono il comportamento del fiume alla scala di tratto, mentre in questo studio, le caratteristiche osservate alla scala di tratto verranno spiegate dai processi che aggiscono ad scale minori. La seconda parte dell’ipotesi significa che un modello bidimensionale dovrebbe prevedere in miglior modo la morfologia di un canale da quanto si ottiene applicando un modello aggregato o unidimensionale, es.., il modello deve essere in grado di prevedere la geometria a scala di tratto (larghezza e profondità) nonchè la morfologia all’interno del tratto (pozze e raschi), che eccedono le capacità dei modelli essistenti. Il modello è stato testato in tre differenti condizioni. Il primo test è stato realizzato sulla base delle misure di canaletta condotte presso l’Università di Hull. Il modello doveva prevedere la risposta di una canaletta di laboratorio, con fondo sabbioso-ghiaioso, che sviluppava una corazza statica in una situazione di apporto nullo di sedimenti. Nel secondo test il modello è stato utilizzato in una simulazione di medio-termine per estimare la forma del Fiume Azul quando vengono fornite come dati di input, le portate, il materiale di fondo ed il apporto de sedimenti. In questo modo, il test costituisce un’applicazione di un modello 2D nel campo delle teorie di regime. L’ultimo test riguarda l’applicazione del modello per lo studio di un caso: il Fiume Brenta. Il modello è stato caricato con una morfologia iniziale dell’alveo corrispondente all’anno 2010, e la granulometria superficiale. Il modello ha simulato il passaggio di tre piene straordinarie che si susseguirono nel periodo 2010-2011. Le previsioni del modello sono state confrontate con il DTM (modello digitale del terreno) che è stato rilevato alla fine del periodo. Inoltre, il modello è stato utilizzato per valutare la possibile tendenza evolutiva del tratto a medio termine.File | Dimensione | Formato | |
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