La presente tesi di dottorato costituisce la summa di un'attività di ricerca sul tema durata tre anni. Un lungo lasso temporale in cui ho avuto l'onore di poter frequentare, a più riprese, la Commissione di Garanzia per gli scioperi nei s.p.e. ed assistere alle varie relazioni annuali tenutesi alla Camera dei Deputati. Anche grazie a questi eventi (preziosi anche per recuperare materialmente una straordinaria mole di dati aggregati e specifici) è stato possibile affiancare all'esame dei "freddi" numeri del conflitto collettivo insito alle relazioni industriali del Paese, l'analisi, svolta con acribia scientifica, dei principali temi di diritto intrinsecamente connessi con le attribuzioni normative concesse all'Autorità di garanzia al fine di giungere ad un giusto contemperamento tra interessi in rilievo. Anzitutto, pur volendo fugare con decisione qualsivoglia dubbio circa la “sacralità del diritto di sciopero” , l’imposizione di limiti che siano al passo della realtà odierna, in settori peculiari per il carattere altamente vulnerante degli scioperi sulla quotidianità dei cittadini, rientra nell’ottica di quella “civilizzazione del conflitto” , tratto distintivo dei positivi effetti della legge 146 sul mondo delle relazioni industriali. Essa, icasticamente definita una “legge contrattata”, ha il suo spirito di fondo nella volontà di “istituzionalizzazione consensuale del conflitto” al fine di perseguire un contemperamento tra differenti diritti costituzionali. Una legge che ha goduto di ampia “fortuna” nella sua applicazione, ben maggiore rispetto alle tante altre che, negli anni, hanno provato a mettere ordine nell’ordinamento intersindacale; “fortuna”, senza dubbio, dovuta anche grazie al merito di aver affidato alla fonte autonoma un ruolo chiave nell’individuazione delle prestazioni indispensabili. A tal proposito, nell'elaborato ci si soffermerà lungamente sull’attività cd. “normativa” dell’Autorità (il giudizio di idoneità totale o parziale degli accordi) e sulla “supplenza regolativa” del governo del conflitto sindacale (rectius: il potere di regolamentazione provvisoria). La Commissione di garanzia per gli scioperi (istituita proprio dalla l. n. 146/1990), a cui sono attribuiti poteri più o meno incisivi, finisce così per essere lo strumento attraverso cui sollecitare un autonomo bilanciamento tra interessi. Sicché, si è inteso accordare una “posizione privilegiata” alla Commissione, quale osservatorio qualificato dei mutamenti sociali che coinvolgono il nostro Paese . Questa peculiarità sarà evidente, ad esempio, in riferimento all’analisi della sua “funzione interpretativa” in materia di servizi strumentali. D’altronde le nuove modalità di organizzazione del lavoro (l’outsourcing su tutte), le problematiche afferenti alla globalizzazione (e dunque la questione dell’applicabilità della normativa italiana ad una compagnia estera quale Ryanair) e gli effetti delle politiche di liberalizzazione dell’esercizio dei servizi pubblici (si dirà del servizio postale o dell’information Technology svolta da società in-house della P.A.) rendono estremamente attuale, affascinante e complesso il suo operato. In base a queste premesse, interrogarsi oggi sulle attribuzioni della commissione di Garanzia per gli scioperi nei servizi pubblici essenziali, a trenta anni dall’entrata in vigore della L. n. 146/1990, risulta di cruciale importanza. Ciò in quanto, come evidenziava Gino Giugni, la ragion d’essere del giurista risiede proprio nella sua sollecitazione a qualificare continuamente la realtà in movimento . In tal senso, non da ultime, le valutazioni circa il delicato corretto bilanciamento di interessi nella reiterazione degli scioperi proclamati durante la più grave emergenza sanitaria della storia del Paese unificato. Il Covid-19, al pari dei problemi alla collettività arrecati dalle astensioni concertate nel trasporto pubblico locale (a tal proposito, si distingue per innovatività la Delibera n. 18/138 in materia di rarefazione oggettiva), impongono delle approfondite valutazioni circa: -il bilanciamento “dinamico” tra diritti equiordinati; -i nuovi modelli di organizzazione del lavoro e l’essenzialità delle prestazioni; -l’esatta perimetrazione delle funzioni esercitabili per indurre l’autonomia collettiva a raggiungere un adeguato contemperamento; -in un’ottica de iure condendo, l’adeguatezza, o meno, delle attribuzioni concesse all’Autorità in relazione alla nuova complessità sociale, alla scarsa formale incisività delle sue delibere di differimento e alla mancanza di una legge sulla rappresentatività sindacale nel privato. Proprio su quest’ultimo aspetto, alla luce dell’eterogenesi dei fini a cui può condurre l’esatta rilevazione del dato della rappresentatività, ci si soffermerà in particolare sul contrasto alla microconflittualità nell’esigenza di accreditamento. Lo “sciopero di accreditamento” che attanaglia, su tutti, il macrosettore del trasporto pubblico e che ha portato, nel 2015, le parti sociali a richiedere l’idoneità dell’accordo del gruppo Ferrovie dello Stato contenente una “rappresentatività contrattata”. Ebbene, in questo contesto di emergenza sanitaria, di strutturale crisi economica che si riflette nell’esercizio di impresa (la “catena degli appalti” quale causa di insorgenza del conflitto) e di rinnovamento di pulsioni pluraliste dell’agire sindacale -non sempre genuine- si descriveranno gran parte delle difficoltà interpretative nella sanzionabilità delle cd. “forme anomale di sciopero”. In altri termini, l’elaborato mira ad esaminare i più recenti e significativi arrêts della Commissione di Garanzia, e della stessa giurisprudenza ordinaria e amministrativa, provando ad analizzarla alla luce del dibattito dottrinale. In conclusione, non ci si può esimere dall’ammonire il lettore che l’opera, nonostante sia formalmente incentrata nella definizione di limiti al diritto di sciopero, che siano frutto di un’attività di contemperamento tra differenti istanze fatte proprie dall’Autorità garante quale organo terzo super partes, nel suo agire scientifico, non porrà mai “il limite” al centro dell’indagine ma il “diritto”. Questo, in quanto, come autorevolmente affermato, “Bisogna avere il coraggio dei diritti, vecchi o nuovi che siano. Non lasciarsi intimidire da chi ne denuncia l’inflazione, addirittura la prepotenza, la sfida ai valori costituiti. Viviamo un tempo di grande travaglio e difficoltà, che però non giustificano le inerzie…Ai diritti, e alle loro dinamiche, bisogna dunque guardare come a un processo mai compiuto, soprattutto nel senso che i diritti sono perennemente insediati, sono sempre a rischio, e perciò esigono strategie di difesa e di attuazione” (S. Rodotà) .
Le attribuzioni della Commissione di Garanzia per gli scioperi nel contemperamento “dinamico” tra diritti nella complessità sociale
ERARIO BOCCAFURNI, EUGENIO
2021
Abstract
La presente tesi di dottorato costituisce la summa di un'attività di ricerca sul tema durata tre anni. Un lungo lasso temporale in cui ho avuto l'onore di poter frequentare, a più riprese, la Commissione di Garanzia per gli scioperi nei s.p.e. ed assistere alle varie relazioni annuali tenutesi alla Camera dei Deputati. Anche grazie a questi eventi (preziosi anche per recuperare materialmente una straordinaria mole di dati aggregati e specifici) è stato possibile affiancare all'esame dei "freddi" numeri del conflitto collettivo insito alle relazioni industriali del Paese, l'analisi, svolta con acribia scientifica, dei principali temi di diritto intrinsecamente connessi con le attribuzioni normative concesse all'Autorità di garanzia al fine di giungere ad un giusto contemperamento tra interessi in rilievo. Anzitutto, pur volendo fugare con decisione qualsivoglia dubbio circa la “sacralità del diritto di sciopero” , l’imposizione di limiti che siano al passo della realtà odierna, in settori peculiari per il carattere altamente vulnerante degli scioperi sulla quotidianità dei cittadini, rientra nell’ottica di quella “civilizzazione del conflitto” , tratto distintivo dei positivi effetti della legge 146 sul mondo delle relazioni industriali. Essa, icasticamente definita una “legge contrattata”, ha il suo spirito di fondo nella volontà di “istituzionalizzazione consensuale del conflitto” al fine di perseguire un contemperamento tra differenti diritti costituzionali. Una legge che ha goduto di ampia “fortuna” nella sua applicazione, ben maggiore rispetto alle tante altre che, negli anni, hanno provato a mettere ordine nell’ordinamento intersindacale; “fortuna”, senza dubbio, dovuta anche grazie al merito di aver affidato alla fonte autonoma un ruolo chiave nell’individuazione delle prestazioni indispensabili. A tal proposito, nell'elaborato ci si soffermerà lungamente sull’attività cd. “normativa” dell’Autorità (il giudizio di idoneità totale o parziale degli accordi) e sulla “supplenza regolativa” del governo del conflitto sindacale (rectius: il potere di regolamentazione provvisoria). La Commissione di garanzia per gli scioperi (istituita proprio dalla l. n. 146/1990), a cui sono attribuiti poteri più o meno incisivi, finisce così per essere lo strumento attraverso cui sollecitare un autonomo bilanciamento tra interessi. Sicché, si è inteso accordare una “posizione privilegiata” alla Commissione, quale osservatorio qualificato dei mutamenti sociali che coinvolgono il nostro Paese . Questa peculiarità sarà evidente, ad esempio, in riferimento all’analisi della sua “funzione interpretativa” in materia di servizi strumentali. D’altronde le nuove modalità di organizzazione del lavoro (l’outsourcing su tutte), le problematiche afferenti alla globalizzazione (e dunque la questione dell’applicabilità della normativa italiana ad una compagnia estera quale Ryanair) e gli effetti delle politiche di liberalizzazione dell’esercizio dei servizi pubblici (si dirà del servizio postale o dell’information Technology svolta da società in-house della P.A.) rendono estremamente attuale, affascinante e complesso il suo operato. In base a queste premesse, interrogarsi oggi sulle attribuzioni della commissione di Garanzia per gli scioperi nei servizi pubblici essenziali, a trenta anni dall’entrata in vigore della L. n. 146/1990, risulta di cruciale importanza. Ciò in quanto, come evidenziava Gino Giugni, la ragion d’essere del giurista risiede proprio nella sua sollecitazione a qualificare continuamente la realtà in movimento . In tal senso, non da ultime, le valutazioni circa il delicato corretto bilanciamento di interessi nella reiterazione degli scioperi proclamati durante la più grave emergenza sanitaria della storia del Paese unificato. Il Covid-19, al pari dei problemi alla collettività arrecati dalle astensioni concertate nel trasporto pubblico locale (a tal proposito, si distingue per innovatività la Delibera n. 18/138 in materia di rarefazione oggettiva), impongono delle approfondite valutazioni circa: -il bilanciamento “dinamico” tra diritti equiordinati; -i nuovi modelli di organizzazione del lavoro e l’essenzialità delle prestazioni; -l’esatta perimetrazione delle funzioni esercitabili per indurre l’autonomia collettiva a raggiungere un adeguato contemperamento; -in un’ottica de iure condendo, l’adeguatezza, o meno, delle attribuzioni concesse all’Autorità in relazione alla nuova complessità sociale, alla scarsa formale incisività delle sue delibere di differimento e alla mancanza di una legge sulla rappresentatività sindacale nel privato. Proprio su quest’ultimo aspetto, alla luce dell’eterogenesi dei fini a cui può condurre l’esatta rilevazione del dato della rappresentatività, ci si soffermerà in particolare sul contrasto alla microconflittualità nell’esigenza di accreditamento. Lo “sciopero di accreditamento” che attanaglia, su tutti, il macrosettore del trasporto pubblico e che ha portato, nel 2015, le parti sociali a richiedere l’idoneità dell’accordo del gruppo Ferrovie dello Stato contenente una “rappresentatività contrattata”. Ebbene, in questo contesto di emergenza sanitaria, di strutturale crisi economica che si riflette nell’esercizio di impresa (la “catena degli appalti” quale causa di insorgenza del conflitto) e di rinnovamento di pulsioni pluraliste dell’agire sindacale -non sempre genuine- si descriveranno gran parte delle difficoltà interpretative nella sanzionabilità delle cd. “forme anomale di sciopero”. In altri termini, l’elaborato mira ad esaminare i più recenti e significativi arrêts della Commissione di Garanzia, e della stessa giurisprudenza ordinaria e amministrativa, provando ad analizzarla alla luce del dibattito dottrinale. In conclusione, non ci si può esimere dall’ammonire il lettore che l’opera, nonostante sia formalmente incentrata nella definizione di limiti al diritto di sciopero, che siano frutto di un’attività di contemperamento tra differenti istanze fatte proprie dall’Autorità garante quale organo terzo super partes, nel suo agire scientifico, non porrà mai “il limite” al centro dell’indagine ma il “diritto”. Questo, in quanto, come autorevolmente affermato, “Bisogna avere il coraggio dei diritti, vecchi o nuovi che siano. Non lasciarsi intimidire da chi ne denuncia l’inflazione, addirittura la prepotenza, la sfida ai valori costituiti. Viviamo un tempo di grande travaglio e difficoltà, che però non giustificano le inerzie…Ai diritti, e alle loro dinamiche, bisogna dunque guardare come a un processo mai compiuto, soprattutto nel senso che i diritti sono perennemente insediati, sono sempre a rischio, e perciò esigono strategie di difesa e di attuazione” (S. Rodotà) .File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/91839
URN:NBN:IT:UNIROMA1-91839