Antefatto. Come architetti si è portati a trarre insegnamento non solo dall'opera ma anche dall'operare di quegli autori che eleggiamo a nostri maestri e che evochiamo allorquando, chiamati al compito costruttivo, cerchiamo appiglio e supporto per il nostro lavoro. Nel volgere l’interesse contemporaneamente verso prodotto e produzione, la ricerca esprime la necessità di comprendere insieme il cosa fare e il come farlo: di indagare l’architettura nel suo manifestarsi come forma compiuta- mediante l’analisi delle articolazioni compositive, delle connotazioni linguistiche- e di conoscere il lavoro dell’architetto che emerge a partire dalle procedure di cui si serve per configurare la realtà costruita. Di comprendere dunque non solo il lavoro dell’autore- l’opera- ma anche il lavoro del lavoro poiché questo costituisce, a nostro avviso, un aspetto imprescindibile al fine di una conoscenza feconda dell’architettura. Considerazione preliminare Spesso accade, nel tentativo di valutare alcune opere di architettura contemporanea, di constatare che a disegni tanto gratificanti corrispondano realizzazioni deludenti. Per altre opere sarebbe possibile rilevare una condizione opposta e contraria: seppur dotati di grande espressività, dettagliati, opportunamente integrati da scrupolose descrizioni alcuni disegni, che di quelle opere rappresentano caratteri e fattezze, risultino inadeguati al fine di restituire con efficacia e completezza d’informazione la ricchezza dello spazio costruito. Una delle ragioni dello scarto tra la forma disegnata e quella costruita può, a nostro parere, essere ricercata nel lavoro introdotto durante la fase esecutiva, in quello straordinario investimento progettuale profuso in corso d’opera di cui tanta architettura è intrisa. A quel lavoro si riferisce lo studio che segue. L’assunto Collocandosi nell'ambito teorico delle ricerche sulle relazioni tra progetto e costruzione, l’indagine che qui si presenta focalizza un preciso aspetto di questo rapporto: quello relativo al momento del passaggio dalla forma “pensata e disegnata” alla forma “costruita”, un tempo questo durante il quale l’intenzione progettuale si confronta- a volte urta- con le costrizioni connesse al farsi dell’opera. La fase di transizione dall'ideazione all'esecuzione espone l’opera ad eventi cruciali e circostanze imprevedibili: siano queste mosse da una decisione sopraggiunta a cantiere aperto, da un pentimento dell’ultima ora (cause interne al processo di indagine) oppure provocate da un inatteso incidente (agente inintenzionale), possono alterare il disegno che l’ha originata o inflettere le traiettorie di sviluppo del piano iniziale. Prendendo avvio dalla constatazione che alcuni inattesi accadimenti possano costituire motivo di arricchimento per l’opera che li accoglie- che sappia interpretarli come occasioni per interrogare ancora i progetti e dar loro nuove risonanze- la ricerca propone una riflessione sul tema del progetto che, spostandosi dal tavolo da disegno al cantiere, trova le traiettorie del proprio sviluppo, sperimentando, tra invenzioni, approssimazioni e adattamenti, aggiustamenti, la propria definizione ultima. Assumendo poi l’idea che l’operare costruttivo si configuri come un momento integrante e indissolubile per la costituzione di un’opera, la ricerca si costruisce intorno alla necessità di conoscere le modalità attraverso cui si esprime il lavoro in cantiere e dunque di comprendere l’intricata rete di relazioni che lega l’opera all'operare del progettista. L’operare costruttivo Facendo riferimento al lavoro calato nella dialettica aperta dei materiali, dei tempi e delle tecniche di realizzazione, l’operare costruttivo trova espressione all'interno del tracciato in progressione del fare, configurandosi come un lavoro teoretico ed empirico al tempo stesso che, alla logica combinatoria delle relazioni astratte, all'attento calcolo dei pesi, delle spinte e delle misure, affianca le impressioni apprese sui luoghi di esecuzione dell’architettura, apprendimenti che innervano e alimentano il tessuto e la trama dell’opera. Ambito dell'indagine Se il campo delle relazioni tra progetto e costruzione non può certo dirsi inesplorato, il tema dell’operare costruttivo appare invece poco dibattuto dalla critica d’architettura. Così, non potendo avvalersi di una letteratura consolidata di riferimento, la ricerca ha attinto alle testimonianze degli autori chiamati in causa dall'indagine. Il corpus dei materiali oggetto di studio è costituito da una raccolta di contributi che, senza mediazione da parte di critici, lasciano la parola direttamente ai progettisti: attraverso riflessioni, dichiarazioni e racconti, Juan Navarro Baldeweg, Giacomo Borella, Flores & Prats, Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, Adolf Loos, Enric Miralles, Le Corbuiser, Renzo Piano, Stefano Pujatti, Umberto Riva, Carlo Scarpa, Alvaro Siza, Bruno Vaerini, Francesco Venezia, Peter Zumthor descrivono alcune loro opere- e più in generale il proprio lavoro- fornendo il punto di vista di chi è direttamente coinvolto nel processo di produzione dell’architettura. Una prospettiva insolita quella che vuole offrirsi al lettore, a cui viene chiesto di rileggere alcune opere- la cui conoscenza è ampiamente diffusa e consolidata- ma da una posizione orientata alla comprensione dell'intero processo di costruzione, nell'intento di dimostrare come l’operare espresso nel farsi dell’architettura possa essere considerato esso stesso opera. A partire da questo dato si è scelto di accompagnare i contributi con materiale grafico e fotografico, illustrativo dell’intero percorso progettuale: dai primi schizzi ai disegni esecutivi, comprendendo anche i momenti intermedi di esecuzione dell’opera. Struttura dell’argomentazione Con l’intento di restituire compiutamente le diverse implicazioni connesse al tema indagato secondo un quadro sistematico ma al tempo stesso aperto alla possibilità di recepire altri contenuti e inedite chiavi interpretative, la selezione dei contributi viene ordinata secondo quattro itinerari d’indagine. Riferiti al carattere delle procedure che il progetto attiva per orientarsi tra gli ostacoli- per inventarsi a partire dall'accidente e dall'errore, per adattarsi alle contingenze specifiche dei luoghi e delle occasioni- gli itinerari considerano un campo di azioni che si estende dalla programmatica pianificazione di un processo che prende avvio dal disegno per poi svilupparsi in cantiere alla risposta immediata concertata direttamente con le maestranze sui luoghi di esecuzione dell’opera. Pur delimitando confini imprecisi e sfocati- le procedure che si è tentato di descrivere non si fondano sull'attivazione esclusiva di una strategia progettuale né si avvalgono specificatamente di strumenti operativi ma ne coinvolgono simultaneamente più d’uno tra questi- la perimetrazione degli itinerari ha reso possibile un primo avvicinamento al tema indagato, consentendo l’individuazione di chiavi di lettura utili alla comprensione di un lavoro che, seppur troppo spesso trascurato, rivela specifici orientamenti progettuali e operativi. Obiettivi e prospettive Se oggi sempre maggiore appare la distanza tra teoria e prassi, soprattutto nel contesto delle grandi scale di intervento- dove la complessità di gestione che queste comportano sono tali da richiedere il contributo congiunto di équipe di tecnici e di figure specialistiche per la gestione dei diversi momenti del processo di costituzione dell’architettura- le scale minori o gli interventi sull'esistente possono essere assunti quali ambiti privilegiati per una ricerca progettuale che, alle modalità della prefigurazione affianca procedure basate sull'esperienza condotta in cantiere e dunque sulla partecipazione attiva del progettista alle fasi esecutive. In questi casi ancora oggi la fase del progetto e quella della direzione del lavoro in cantiere sono molto spesso appannaggio della stessa figura che, proprio in virtù della maggiore vicinanza alla materia (dimensione primaria nel progetto di piccola scala e in quello sull'esistente) potrà dirsi al contempo del tecnico e dell’artista. Ma se, fino al recente passato, il tema della costruzione ha costituito insieme motivo di interesse teorico e preoccupazione progettuale, sembra oggi particolarmente trascurata la relazione tra pensiero progettuale e operare costruttivo che vada oltre i tecnicismi propri delle discipline specialistiche. Riteniamo invece che la necessità di discutere tale rapporto non sia venuta meno: il problema sembra, a nostro avviso, quello di elaborare un’idea di progetto d’architettura che, pur non negando valore alla specializzazione, guardi al superamento di logiche disciplinari che rischiano di essere miopi di fronte alla complessità degli aspetti formativi dell’architettura.A tal fine lo studio che segue tenta di fornire elementi utili all'affinamento di una teoria dell’Architettura che consideri l'operare costruttivo una parte integrante e indissolubile del processo di costituzione del progetto.
Pensare costruendo. Il cantiere come fase di concepimento dell'architettura tra auspici progettuali e incidenti di percorso
OTTAVINO, Valerio
2015
Abstract
Antefatto. Come architetti si è portati a trarre insegnamento non solo dall'opera ma anche dall'operare di quegli autori che eleggiamo a nostri maestri e che evochiamo allorquando, chiamati al compito costruttivo, cerchiamo appiglio e supporto per il nostro lavoro. Nel volgere l’interesse contemporaneamente verso prodotto e produzione, la ricerca esprime la necessità di comprendere insieme il cosa fare e il come farlo: di indagare l’architettura nel suo manifestarsi come forma compiuta- mediante l’analisi delle articolazioni compositive, delle connotazioni linguistiche- e di conoscere il lavoro dell’architetto che emerge a partire dalle procedure di cui si serve per configurare la realtà costruita. Di comprendere dunque non solo il lavoro dell’autore- l’opera- ma anche il lavoro del lavoro poiché questo costituisce, a nostro avviso, un aspetto imprescindibile al fine di una conoscenza feconda dell’architettura. Considerazione preliminare Spesso accade, nel tentativo di valutare alcune opere di architettura contemporanea, di constatare che a disegni tanto gratificanti corrispondano realizzazioni deludenti. Per altre opere sarebbe possibile rilevare una condizione opposta e contraria: seppur dotati di grande espressività, dettagliati, opportunamente integrati da scrupolose descrizioni alcuni disegni, che di quelle opere rappresentano caratteri e fattezze, risultino inadeguati al fine di restituire con efficacia e completezza d’informazione la ricchezza dello spazio costruito. Una delle ragioni dello scarto tra la forma disegnata e quella costruita può, a nostro parere, essere ricercata nel lavoro introdotto durante la fase esecutiva, in quello straordinario investimento progettuale profuso in corso d’opera di cui tanta architettura è intrisa. A quel lavoro si riferisce lo studio che segue. L’assunto Collocandosi nell'ambito teorico delle ricerche sulle relazioni tra progetto e costruzione, l’indagine che qui si presenta focalizza un preciso aspetto di questo rapporto: quello relativo al momento del passaggio dalla forma “pensata e disegnata” alla forma “costruita”, un tempo questo durante il quale l’intenzione progettuale si confronta- a volte urta- con le costrizioni connesse al farsi dell’opera. La fase di transizione dall'ideazione all'esecuzione espone l’opera ad eventi cruciali e circostanze imprevedibili: siano queste mosse da una decisione sopraggiunta a cantiere aperto, da un pentimento dell’ultima ora (cause interne al processo di indagine) oppure provocate da un inatteso incidente (agente inintenzionale), possono alterare il disegno che l’ha originata o inflettere le traiettorie di sviluppo del piano iniziale. Prendendo avvio dalla constatazione che alcuni inattesi accadimenti possano costituire motivo di arricchimento per l’opera che li accoglie- che sappia interpretarli come occasioni per interrogare ancora i progetti e dar loro nuove risonanze- la ricerca propone una riflessione sul tema del progetto che, spostandosi dal tavolo da disegno al cantiere, trova le traiettorie del proprio sviluppo, sperimentando, tra invenzioni, approssimazioni e adattamenti, aggiustamenti, la propria definizione ultima. Assumendo poi l’idea che l’operare costruttivo si configuri come un momento integrante e indissolubile per la costituzione di un’opera, la ricerca si costruisce intorno alla necessità di conoscere le modalità attraverso cui si esprime il lavoro in cantiere e dunque di comprendere l’intricata rete di relazioni che lega l’opera all'operare del progettista. L’operare costruttivo Facendo riferimento al lavoro calato nella dialettica aperta dei materiali, dei tempi e delle tecniche di realizzazione, l’operare costruttivo trova espressione all'interno del tracciato in progressione del fare, configurandosi come un lavoro teoretico ed empirico al tempo stesso che, alla logica combinatoria delle relazioni astratte, all'attento calcolo dei pesi, delle spinte e delle misure, affianca le impressioni apprese sui luoghi di esecuzione dell’architettura, apprendimenti che innervano e alimentano il tessuto e la trama dell’opera. Ambito dell'indagine Se il campo delle relazioni tra progetto e costruzione non può certo dirsi inesplorato, il tema dell’operare costruttivo appare invece poco dibattuto dalla critica d’architettura. Così, non potendo avvalersi di una letteratura consolidata di riferimento, la ricerca ha attinto alle testimonianze degli autori chiamati in causa dall'indagine. Il corpus dei materiali oggetto di studio è costituito da una raccolta di contributi che, senza mediazione da parte di critici, lasciano la parola direttamente ai progettisti: attraverso riflessioni, dichiarazioni e racconti, Juan Navarro Baldeweg, Giacomo Borella, Flores & Prats, Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, Adolf Loos, Enric Miralles, Le Corbuiser, Renzo Piano, Stefano Pujatti, Umberto Riva, Carlo Scarpa, Alvaro Siza, Bruno Vaerini, Francesco Venezia, Peter Zumthor descrivono alcune loro opere- e più in generale il proprio lavoro- fornendo il punto di vista di chi è direttamente coinvolto nel processo di produzione dell’architettura. Una prospettiva insolita quella che vuole offrirsi al lettore, a cui viene chiesto di rileggere alcune opere- la cui conoscenza è ampiamente diffusa e consolidata- ma da una posizione orientata alla comprensione dell'intero processo di costruzione, nell'intento di dimostrare come l’operare espresso nel farsi dell’architettura possa essere considerato esso stesso opera. A partire da questo dato si è scelto di accompagnare i contributi con materiale grafico e fotografico, illustrativo dell’intero percorso progettuale: dai primi schizzi ai disegni esecutivi, comprendendo anche i momenti intermedi di esecuzione dell’opera. Struttura dell’argomentazione Con l’intento di restituire compiutamente le diverse implicazioni connesse al tema indagato secondo un quadro sistematico ma al tempo stesso aperto alla possibilità di recepire altri contenuti e inedite chiavi interpretative, la selezione dei contributi viene ordinata secondo quattro itinerari d’indagine. Riferiti al carattere delle procedure che il progetto attiva per orientarsi tra gli ostacoli- per inventarsi a partire dall'accidente e dall'errore, per adattarsi alle contingenze specifiche dei luoghi e delle occasioni- gli itinerari considerano un campo di azioni che si estende dalla programmatica pianificazione di un processo che prende avvio dal disegno per poi svilupparsi in cantiere alla risposta immediata concertata direttamente con le maestranze sui luoghi di esecuzione dell’opera. Pur delimitando confini imprecisi e sfocati- le procedure che si è tentato di descrivere non si fondano sull'attivazione esclusiva di una strategia progettuale né si avvalgono specificatamente di strumenti operativi ma ne coinvolgono simultaneamente più d’uno tra questi- la perimetrazione degli itinerari ha reso possibile un primo avvicinamento al tema indagato, consentendo l’individuazione di chiavi di lettura utili alla comprensione di un lavoro che, seppur troppo spesso trascurato, rivela specifici orientamenti progettuali e operativi. Obiettivi e prospettive Se oggi sempre maggiore appare la distanza tra teoria e prassi, soprattutto nel contesto delle grandi scale di intervento- dove la complessità di gestione che queste comportano sono tali da richiedere il contributo congiunto di équipe di tecnici e di figure specialistiche per la gestione dei diversi momenti del processo di costituzione dell’architettura- le scale minori o gli interventi sull'esistente possono essere assunti quali ambiti privilegiati per una ricerca progettuale che, alle modalità della prefigurazione affianca procedure basate sull'esperienza condotta in cantiere e dunque sulla partecipazione attiva del progettista alle fasi esecutive. In questi casi ancora oggi la fase del progetto e quella della direzione del lavoro in cantiere sono molto spesso appannaggio della stessa figura che, proprio in virtù della maggiore vicinanza alla materia (dimensione primaria nel progetto di piccola scala e in quello sull'esistente) potrà dirsi al contempo del tecnico e dell’artista. Ma se, fino al recente passato, il tema della costruzione ha costituito insieme motivo di interesse teorico e preoccupazione progettuale, sembra oggi particolarmente trascurata la relazione tra pensiero progettuale e operare costruttivo che vada oltre i tecnicismi propri delle discipline specialistiche. Riteniamo invece che la necessità di discutere tale rapporto non sia venuta meno: il problema sembra, a nostro avviso, quello di elaborare un’idea di progetto d’architettura che, pur non negando valore alla specializzazione, guardi al superamento di logiche disciplinari che rischiano di essere miopi di fronte alla complessità degli aspetti formativi dell’architettura.A tal fine lo studio che segue tenta di fornire elementi utili all'affinamento di una teoria dell’Architettura che consideri l'operare costruttivo una parte integrante e indissolubile del processo di costituzione del progetto.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/92173
URN:NBN:IT:UNIROMA1-92173