L’efficienza catalitica, i meccanismi e la complessità strutturale esibiti dagli enzimi sono da sempre stati un’inesauribile fonte d’ispirazione per i chimici impegnati nello sviluppo di nuovi catalizzatori[1, 2]. Gli enzimi si sono evoluti come grandi e complesse strutture di centinaia di migliaia di Dalton in cui subunità anche lontane dal sito attivo possono profondamente influire sull’attività dell’enzima medesimo[3]. La più bassa complessità strutturale dei sistemi catalitici artificiali basati sulla mimica enzimatica potrebbe essere un’importante ragione della loro efficienza tipicamente modesta. Questa consapevolezza ha diretto l’attenzione verso catalizzatori basati su scaffolds multivalenti come i dendrimeri[4], le micelle[5] e le nanoparticelle[6] con l’intento di aumentare la complessità dei suddetti sistemi sintetici. La sfida fondamentale è rappresentata dalla realizzazione semplice e diretta di catalizzatori sintetici che siano paragonabili in dimensioni e complessità agli enzimi. La necessità di sintesi laboriose può essere superata sfruttando l’auto-assemblaggio per l’ottenimento di strutture multivalenti. In particolare, l’auto-assemblaggio di monostrati catalitici sulla superficie di nanoparticelle d’oro (AuNPs) per dare clusters d’oro protetti da monostrato (Au MPCs) sta emergendo come un’efficacie strategia[7, 8]. Tuttavia, l’eccessiva omogeneità chimica della struttura derivante intrinsecamente dal processo di auto-assemblaggio dei tioli rimane un problema analogo all’eccessiva semplicità dei modelli non nano-derivati[9]. Tentativi di variegare la superficie delle nanoparticelle con tioli diversi mediante processi di clusterizzazione si sono dimostrati di difficile approccio; infatti, poiché la sintesi rimane basata sull’auto-assemblaggio, la composizione finale del sistema risulta troppo eterogenea in termini di decorazione delle superfici nanoparticellari. Ne conseguono enormi sforzi per la separazione e purificazione delle diverse specie. Per questa ragione negli ultimi anni si è fatto largo un nuovo approccio basato sulle nanoparticelle non come tools da impiegare in quanto tali, bensì come scaffolds dalla superficie omogenea ai quali far aderire molecole secondarie per ottenere sinergicamente l’effetto finale desiderato. Rotello e collaboratori sono stati tra i primi pionieri in questo ambito con lo sviluppo di innovativi biosensori basati su nanoparticelle d’oro funzionalizzate con tioli cationici[10]. Inspirandosi a questi lavori, recentemente, Prins et al. hanno sviluppato strutture etero-funzionalizzate, multivalenti basate sull’auto assemblaggio di piccoli ligandi sulla superficie di nanoparticelle d’oro[11, 12]. In questo modo è stato possibile dimostrare, con un approccio supramolecolare, come si possa finemente regolare la composizione della superficie delle nanoparticelle sfruttando le differenti affinità degli oligoanioni. Di conseguenza si è potuto superare in maniera semplice ed efficace il già citato problema dell’eccessiva omogeneità chimica legata ai sistemi supramolecolari e alle nanoparticelle d’oro funzionalizzate. Quest’idea è stata ulteriormente sviluppata durante l’internato di dottorato[13, 14]. Infatti, sfruttando la natura auto-assemblante degli oligo-anioni su sistemi nanoparticellari cationici, si è pensato di andare oltre il semplice controllo della composizione superficiale di ligandi e di realizzare un vero e proprio sistema nano-enzimatico artificiale di natura supramolecolare. Esso è composto da due elementi fondamentali: 1. Nanoparticelle d’oro passivate con tioli alchilici recanti in posizione Ω un gruppo trimetilammonico (8-Trimetilammonio ottiltiolo  NR4+-AuNPs) in modo da generare una superficie cationica; 2. Oligo-peptidi anionici in grado di legarsi alla superficie delle nanoparticelle. Questi si caratterizzano per una coda C-terminale composta di tre residui di acido aspartico, per un’estremità N-terminale composta di un numero variabile d’Istidine (H0-H3), unite da un residuo di Triptofano (Ac-HnWDDD-OH). Le quattro cariche negative dei residui di Acido aspartico garantiscono un binding efficiente alla superficie cationica, mentre i residui d’Istidina e il Triptofano permettono, rispettivamente, la catalisi e la misurabilità del peptide stesso in termini di concentrazione e binding. Ciascuno dei due elementi preso singolarmente non è un efficiente catalizzatore. Infatti, solamente quando i peptidi si assemblano sulla superficie delle nanoparticelle, il sistema che ne scaturisce è in grado di accelerare l’idrolisi di un substrato modello come il p-Nitrofenil estere della N-CBz-(D)Fenilalanina di due ordini di grandezza rispetto al background. Oltretutto, la multivalenza della superficie nanoparticellare gioca un ruolo cruciale nella modulazione dell’attività catalitica non soltanto mantenendo substrato e catalizzatore in stretto contatto, ma generando un micro-ambiente dotato di un proprio pH locale che aumenta ulteriormente l’efficienza del sistema. Data la natura supramolecolare del sistema e ricordando quanto già visto per i lavori di Prins circa la regolazione della composizione della superficie cationica di nanoparticelle con oligoanioni, il sistema creato è finemente regolabile semplicemente dosando la quantità di componenti che si auto-assemblano sulla superficie delle nanoparticelle medesime. Una volta ottenuto il sistema lead si è voluto scendere nel dettaglio per comprendere le intime peculiarità che lo caratterizzavano come importanza della natura del substrato, importanza della natura dell’emi-catalizzatore peptidico ed importanza della natura della superficie cationica. La sequenza dell’emi-catalizzatore peptidico gioca un ruolo fondamentale nell’efficienza della catalisi con dei requisiti molto stringenti per quanto riguarda l’ordine dei singoli amminoacidi. Mutazioni a carico della sequenza H1 (Ac-HWDDD-OH) concernenti l’ordine e alla lunghezza hanno permesso di concludere che il Triptofano ha un ruolo accessorio nel binding e che la sua posizione deve essere adiacente alla coda anionica C-terminale. L’Istidina deve occupare l’estrema posizione N-terminale perché la presenza di amminoacidi in detta posizione ingombrerebbe il residuo imidazolico diminuendo l’efficienza catalitica del sistema. L’allungamento della sequenza, a parità di ordine, si traduce ancora una volta in una diminuzione dell’attività in ragione di un minore effetto del pH locale, ma con ripercussioni molto inferiori rispetto all’ingombro sterico. Analogamente ad un enzima naturale, tale sistema si è dimostrato avere dei precisi requisiti anche per quanto riguarda le caratteristiche dei substrati che ad esso si vanno a legare. Studi SAR sulla natura del substrato sono stati condotti utilizzando analoghi che presentassero modifiche alla natura e dimensioni del gruppo protettore dell’α-ammina e della catena laterale. I risultati ottenuti hanno permesso di concludere che, in generale, substrati più grandi e idrofobici hanno maggiore affinità per le nanoparticelle in ragione di un probabile nascondimento di superfici idrofobiche nel core alchilico. A parità d’idrofobicità le superfici aromatiche presentano una maggiore affinità e subiscono più facilmente idrolisi (si veda il caso di N-CBz-Leu-ONP e N-CBz-(L)Trp-ONP). Il gruppo protettore dell’α-ammina sembra rivestire un ruolo cruciale nella stabilizzazione del substrato: una riduzione delle sue dimensioni, con conseguente diminuzione dell’idrofobicità, si traduce in un’elevata tendenza all’idrolisi spontanea rendendo inutile il catalizzatore. Tentativi di migliorare la catalisi con approccio supramolecolare sono stati condotti auto-assemblando il sistema in maniera mista con il peptide H2 (Ac-HHWDDD-OH) e una libreria di peptidi (Ac-XXWDDD-OH, dove XX sono Leu, Phe, Ser e Arg nelle 42 combinazioni possibili) ritenuti essere modulatori dell’attività catalitica. I risultati ottenuti non sono stati in linea con le attese e questo probabilmente in relazione al fatto che il l’annullamento dell’effetto di pH non viene compensato dalle necessarie interazioni tra il sistema ed il substrato medesimo traducendosi in una diminuzione dell’attività. Mutazioni a carico della sequenza H1 mediante inserzione di coppie d’identici amminoacidi ai lati del residuo istidinico (Ac-XHXWDDD-OH) sono state condotte nel tentativo di ottenere un intorno chirale che permettesse una catalisi enantioselettiva. Nonostante la forte eterogeneità dei residui scelti (Leu, Phe, Ser, Tyr), il sistema non ha dato i risultati attesi. Dunque, a livello catalitico non sembra essere possibile discriminare gli enantiomeri, ma è auspicabile una discriminazione al momento del binding alla superfici cationica come ci hanno suggerito alcune evidenze sperimentali.

Auto-assemblaggio di nano-sistemi catalitici a base di peptidi e nanoparticelle d'oro.

ZARAMELLA, DAVIDE
2013

Abstract

L’efficienza catalitica, i meccanismi e la complessità strutturale esibiti dagli enzimi sono da sempre stati un’inesauribile fonte d’ispirazione per i chimici impegnati nello sviluppo di nuovi catalizzatori[1, 2]. Gli enzimi si sono evoluti come grandi e complesse strutture di centinaia di migliaia di Dalton in cui subunità anche lontane dal sito attivo possono profondamente influire sull’attività dell’enzima medesimo[3]. La più bassa complessità strutturale dei sistemi catalitici artificiali basati sulla mimica enzimatica potrebbe essere un’importante ragione della loro efficienza tipicamente modesta. Questa consapevolezza ha diretto l’attenzione verso catalizzatori basati su scaffolds multivalenti come i dendrimeri[4], le micelle[5] e le nanoparticelle[6] con l’intento di aumentare la complessità dei suddetti sistemi sintetici. La sfida fondamentale è rappresentata dalla realizzazione semplice e diretta di catalizzatori sintetici che siano paragonabili in dimensioni e complessità agli enzimi. La necessità di sintesi laboriose può essere superata sfruttando l’auto-assemblaggio per l’ottenimento di strutture multivalenti. In particolare, l’auto-assemblaggio di monostrati catalitici sulla superficie di nanoparticelle d’oro (AuNPs) per dare clusters d’oro protetti da monostrato (Au MPCs) sta emergendo come un’efficacie strategia[7, 8]. Tuttavia, l’eccessiva omogeneità chimica della struttura derivante intrinsecamente dal processo di auto-assemblaggio dei tioli rimane un problema analogo all’eccessiva semplicità dei modelli non nano-derivati[9]. Tentativi di variegare la superficie delle nanoparticelle con tioli diversi mediante processi di clusterizzazione si sono dimostrati di difficile approccio; infatti, poiché la sintesi rimane basata sull’auto-assemblaggio, la composizione finale del sistema risulta troppo eterogenea in termini di decorazione delle superfici nanoparticellari. Ne conseguono enormi sforzi per la separazione e purificazione delle diverse specie. Per questa ragione negli ultimi anni si è fatto largo un nuovo approccio basato sulle nanoparticelle non come tools da impiegare in quanto tali, bensì come scaffolds dalla superficie omogenea ai quali far aderire molecole secondarie per ottenere sinergicamente l’effetto finale desiderato. Rotello e collaboratori sono stati tra i primi pionieri in questo ambito con lo sviluppo di innovativi biosensori basati su nanoparticelle d’oro funzionalizzate con tioli cationici[10]. Inspirandosi a questi lavori, recentemente, Prins et al. hanno sviluppato strutture etero-funzionalizzate, multivalenti basate sull’auto assemblaggio di piccoli ligandi sulla superficie di nanoparticelle d’oro[11, 12]. In questo modo è stato possibile dimostrare, con un approccio supramolecolare, come si possa finemente regolare la composizione della superficie delle nanoparticelle sfruttando le differenti affinità degli oligoanioni. Di conseguenza si è potuto superare in maniera semplice ed efficace il già citato problema dell’eccessiva omogeneità chimica legata ai sistemi supramolecolari e alle nanoparticelle d’oro funzionalizzate. Quest’idea è stata ulteriormente sviluppata durante l’internato di dottorato[13, 14]. Infatti, sfruttando la natura auto-assemblante degli oligo-anioni su sistemi nanoparticellari cationici, si è pensato di andare oltre il semplice controllo della composizione superficiale di ligandi e di realizzare un vero e proprio sistema nano-enzimatico artificiale di natura supramolecolare. Esso è composto da due elementi fondamentali: 1. Nanoparticelle d’oro passivate con tioli alchilici recanti in posizione Ω un gruppo trimetilammonico (8-Trimetilammonio ottiltiolo  NR4+-AuNPs) in modo da generare una superficie cationica; 2. Oligo-peptidi anionici in grado di legarsi alla superficie delle nanoparticelle. Questi si caratterizzano per una coda C-terminale composta di tre residui di acido aspartico, per un’estremità N-terminale composta di un numero variabile d’Istidine (H0-H3), unite da un residuo di Triptofano (Ac-HnWDDD-OH). Le quattro cariche negative dei residui di Acido aspartico garantiscono un binding efficiente alla superficie cationica, mentre i residui d’Istidina e il Triptofano permettono, rispettivamente, la catalisi e la misurabilità del peptide stesso in termini di concentrazione e binding. Ciascuno dei due elementi preso singolarmente non è un efficiente catalizzatore. Infatti, solamente quando i peptidi si assemblano sulla superficie delle nanoparticelle, il sistema che ne scaturisce è in grado di accelerare l’idrolisi di un substrato modello come il p-Nitrofenil estere della N-CBz-(D)Fenilalanina di due ordini di grandezza rispetto al background. Oltretutto, la multivalenza della superficie nanoparticellare gioca un ruolo cruciale nella modulazione dell’attività catalitica non soltanto mantenendo substrato e catalizzatore in stretto contatto, ma generando un micro-ambiente dotato di un proprio pH locale che aumenta ulteriormente l’efficienza del sistema. Data la natura supramolecolare del sistema e ricordando quanto già visto per i lavori di Prins circa la regolazione della composizione della superficie cationica di nanoparticelle con oligoanioni, il sistema creato è finemente regolabile semplicemente dosando la quantità di componenti che si auto-assemblano sulla superficie delle nanoparticelle medesime. Una volta ottenuto il sistema lead si è voluto scendere nel dettaglio per comprendere le intime peculiarità che lo caratterizzavano come importanza della natura del substrato, importanza della natura dell’emi-catalizzatore peptidico ed importanza della natura della superficie cationica. La sequenza dell’emi-catalizzatore peptidico gioca un ruolo fondamentale nell’efficienza della catalisi con dei requisiti molto stringenti per quanto riguarda l’ordine dei singoli amminoacidi. Mutazioni a carico della sequenza H1 (Ac-HWDDD-OH) concernenti l’ordine e alla lunghezza hanno permesso di concludere che il Triptofano ha un ruolo accessorio nel binding e che la sua posizione deve essere adiacente alla coda anionica C-terminale. L’Istidina deve occupare l’estrema posizione N-terminale perché la presenza di amminoacidi in detta posizione ingombrerebbe il residuo imidazolico diminuendo l’efficienza catalitica del sistema. L’allungamento della sequenza, a parità di ordine, si traduce ancora una volta in una diminuzione dell’attività in ragione di un minore effetto del pH locale, ma con ripercussioni molto inferiori rispetto all’ingombro sterico. Analogamente ad un enzima naturale, tale sistema si è dimostrato avere dei precisi requisiti anche per quanto riguarda le caratteristiche dei substrati che ad esso si vanno a legare. Studi SAR sulla natura del substrato sono stati condotti utilizzando analoghi che presentassero modifiche alla natura e dimensioni del gruppo protettore dell’α-ammina e della catena laterale. I risultati ottenuti hanno permesso di concludere che, in generale, substrati più grandi e idrofobici hanno maggiore affinità per le nanoparticelle in ragione di un probabile nascondimento di superfici idrofobiche nel core alchilico. A parità d’idrofobicità le superfici aromatiche presentano una maggiore affinità e subiscono più facilmente idrolisi (si veda il caso di N-CBz-Leu-ONP e N-CBz-(L)Trp-ONP). Il gruppo protettore dell’α-ammina sembra rivestire un ruolo cruciale nella stabilizzazione del substrato: una riduzione delle sue dimensioni, con conseguente diminuzione dell’idrofobicità, si traduce in un’elevata tendenza all’idrolisi spontanea rendendo inutile il catalizzatore. Tentativi di migliorare la catalisi con approccio supramolecolare sono stati condotti auto-assemblando il sistema in maniera mista con il peptide H2 (Ac-HHWDDD-OH) e una libreria di peptidi (Ac-XXWDDD-OH, dove XX sono Leu, Phe, Ser e Arg nelle 42 combinazioni possibili) ritenuti essere modulatori dell’attività catalitica. I risultati ottenuti non sono stati in linea con le attese e questo probabilmente in relazione al fatto che il l’annullamento dell’effetto di pH non viene compensato dalle necessarie interazioni tra il sistema ed il substrato medesimo traducendosi in una diminuzione dell’attività. Mutazioni a carico della sequenza H1 mediante inserzione di coppie d’identici amminoacidi ai lati del residuo istidinico (Ac-XHXWDDD-OH) sono state condotte nel tentativo di ottenere un intorno chirale che permettesse una catalisi enantioselettiva. Nonostante la forte eterogeneità dei residui scelti (Leu, Phe, Ser, Tyr), il sistema non ha dato i risultati attesi. Dunque, a livello catalitico non sembra essere possibile discriminare gli enantiomeri, ma è auspicabile una discriminazione al momento del binding alla superfici cationica come ci hanno suggerito alcune evidenze sperimentali.
25-gen-2013
Italiano
Catalisi supramolecolare; auto-assemblaggio; nanoparticelle d'oro; peptidi. Supramolecular catalysis; self-assembly; gold nanoparticles; peptides.
SCRIMIN, PAOLO MARIA
POLIMENO, ANTONINO
Università degli studi di Padova
144
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/92583
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPD-92583