L’ipertensione arteriosa è il più importante fattore di rischio per le malattie cardiovascolari, l’infarto del miocardio, lo scompenso cardiaco, l’insufficienza renale e le vasculopatie periferiche. Lo stress ossidativo, dovuto all’aumentata produzione delle specie reattive all’ossigeno (ROS), svolge un importante ruolo fisiopatologico nello sviluppo dell’ipertensione arteriosa e delle sue complicanze a lungo termine, quali il rimodellamento cardiovascolare e l’aterosclerosi (Touyz RM et al, 2004). Vari fattori di rischio (fumo, diabete, aumento di LDL, oltre che ipertensione) portano ad un aumento dello stato redox, determinando disfunzione endoteliale, aumento dell’espressione di geni pro-infiammatori redox sensibili ed attivazione delle cellule muscolari lisce (Luft FC, 2001). In pazienti ipertesi, il sistema Renina-Angiotensina (RAAS) è attivato, causando un aumento di produzione dell’Angiotensina (Ang II) (Ruster C et al, 2006). L’Ang II, potente vasocostrittore (in grado di aumentare le resistenze periferiche totali e quindi la pressione arteriosa) è un potente induttore di stress ossidativo. L’Ang II media le sue azioni attraverso due recettori distinti: AT1R e AT2R (Dihn DT et al, 2001; Mehta PK et al, 2007; Calò LA et al, 2010). La stimolazione del recettore AT1R, per il quale l’Ang II presenta maggiore affinità, determina sia vasocostrizione attraverso un signalling cellulare a breve termine ma anche rimodellamento vascolare e aterosclerosi attraverso un signalling a lungo termine che coinvolge l’attivazione dell’NADPH ossidasi, produttore di anione superossido (O2-) (Griendling KK et al, 2000). Il legame al recettore AT2R da parte dell’Ang II controbilancia gli effetti mediati dall’attivazione di AT1R, inducendo vasodilatazione, antiproliferazione, differenziazione cellulare, segnali antiapoptotici; esso ha quindi un ruolo omeostatico nel controbilanciare un eccesso di stimolazione di AT1R (Volpe et al, 2003; Zhuo et al, 2008; Yamamoto et al, 2008). Lo stress ossidativo, è considerato uno dei meccanismi patogenetici fondamentali della disfunzione endoteliale. Per disfunzione endoteliale si intende un quadro molecolare e biochimico complesso che comprende infiammazione, proliferazione, anormalità strutturali e funzionali dei vasi. Le cellule progenitrici endoteliali (EPC) circolanti di derivazione midollare, svolgono un importante ruolo di protezione da queste alterazioni (Hill JM et al, 2003) in quanto sono in grado di riparare l’endotelio danneggiato attraverso un continuo processo di re-endotelializzazione e/o neovascolarizzazione (Heiss C et al, 2005). Nell’ipertensione il numero di EPC circolanti è ridotto e la loro funzione è alterata; tale situazione rappresenta un ulteriore fattore di rischio nello sviluppo di eventi cardiovascolari. E’ stato dimostrato, infatti, che l’Ang II, che causa un aumento dello stress ossidativo, svolge un ruolo centrale nell’insorgenza dell’invecchiamento e nella inibizione della capacità proliferativa delle EPC circolanti (Imanishi T et al, 2005). Il calcitonin gene-related peptide (CGRP), invece, è un potente vasodilatatore, che previene l’invecchiamento delle EPC circolanti, indotto anche da Ang II (Zhou Z et al, 2010). L’importante ruolo che gioca lo stress ossidativo nei processi di remodelling cardiovascolare ed aterogenesi che si osservano nell’ipertensione arteriosa, ha indotto i ricercatori a porre sempre maggior attenzione e ad investigare i potenziali effetti pleiotropici dei farmaci antiipertensivi sullo stress ossidativo. I farmaci maggiormente studiati sono gli ACE inibitori (ACEIs) e i bloccanti il recettore AT1R dell'Angiotensina (ARBs), le due più importanti classi di farmaci che agiscono limitando l'attività del sistema renina-angiotensina-aldosterone (RAAS). L’Olmesartan Medoxomil, bloccante il recettore AT1R dell’Ang II, ampiamente usato nel trattamento dell’ipertensione, blocca tutte le attività dell’Ang II mediate dal recettore AT1R, indipendentemente dall’origine e dalla via di sintesi dell’Ang II; l’ormone, perciò, si rende disponibile per il legame con il suo recettore AT2R, la cui stimolazione determina vasodilatazione, effetti antifibrotici e antinfiammatori e determina una riduzione, a lungo termine, dose-dipendente, della pressione arteriosa. Inoltre, è stato dimostrato che l’Olmesartan possiede attività antiossidante in quanto riduce i livelli plasmatici del marker di stress ossidativo 8-isoprostano (Fliser D et al, 2005), e attiva il sistema del monossido d’azoto (NO) attraverso un aumento della fosforilazione della eNOS (Oyama N et al, 2010; Kanematsu Y et al, 2006). Con il nostro studio abbiamo valutato un possibile effetto antiossidante e vasoprotettivo dell’Olmesartan Medoxomil in pazienti ipertesi essenziali, utilizzando un approccio biologico molecolare. Lo studio è stato effettuato in tempi differenti utilizzando due coorti di pazienti con caratteristiche cliniche simili trattati per 6 mesi con Olmesartan Medoximil. Sulla prima coorte sono stati analizzati markers di stress ossidativo e della pathway del rimodellamento cardiovascolare, oltre che i livelli di LDL ossidate; sulla seconda coorte di pazienti sono stati valutati oltre che l’espressione proteica di HO-1, i livelli palsmatici di CGRP e il numero e la sopravvivenza delle EPC circolanti. In particolare, nella prima fase sono state valutate p22phox subunità della NADPH ossidasi essenziale per la produzione di anione superossido, ed Heme Oxigenase-1 (HO-1), isoforma inducibile di HO, in grado di proteggere dallo stress ossidativo. Abbiamo, inoltre, valutato lo stato di fosforilazione delle ERK, proteine effettrici dello stress ossidativo nel rimodellamento cardiovascolare, e lo stato di marker plasmatici di stress ossidativo come le lipoproteine ossidate a bassa densità (LDL ossidate), cruciali nello sviluppo della reazione infiammatoria cronica a livello della tonaca intima delle arterie. Nella seconda fase dello studio abbiamo preso in considerazione gli effetti vasoprotettivi dell’Olmesartan valutando parametri quali: HO-1, proteina che oltre ad avere una potente attività anti-ossidante ed anti-infiammatoria, è contraddistinta da un potente effetto favorente la re-endotelializzazione, giustificato dalla sua capacità di aumentare il numero e di ridurre l’invecchiamento di cellule progenitrici endoteliali (EPC) circolanti ed il CGRP, peptide stimolato dall’HO-1 che protegge l’endotelio e previene l’invecchiamento delle EPC circolanti mediato da Ang II. Inoltre, sono stati valutati il numero e la sopravvivenza delle EPC circolanti. I risultati della prima fase hanno dimostrato come il farmaco Olmesartan, oltre a normalizzare la pressione arteriosa in pazienti ipertesi essenziali già a 3 mesi di terapia, ha ridotto significativamente i livelli di espressione proteica di p22phox già a 3 mesi di terapia rispetto al basale (rispettivamente 0.71±0.26 vs 0.93±0.24 unità densitometriche (u.d.), p<0.001), riduzione che è risultata significativa anche a 6 mesi rispetto sia al basale (0.45±0.12 vs 0.93±0.24 u.d., p<0.001) che a 3 mesi (0.45±0.12 vs 0.71±0.26 u.d., p<0.02). Il trattamento con Olmesartan ha ridotto significativamente anche i livelli di fosforilazione delle ERK 1/2 sia dopo 3 mesi rispetto al baseline (rispettivamente 0.39±0.14 vs 0.56±0.11 u.d., p=0.001) che a 6 mesi di terapia, rispetto al basale (0.19±0.08 vs 0.56±0.11, u.d., p=0.001) e rispetto a 3 mesi (0.19±0.08 vs 0.39±0.14 u.d., p=0.001). I livelli di LDL ossidate sono risultati significativamente ridotti dopo 6 mesi di terapia, sia rispetto al basale (171.92±61.83 vs 300.84±109.13 ng/ml, p=0.001), che rispetto a 3 mesi (171.92±61.83 vs 270.06±100.34 ng/ml, p=0.002) mentre a 3 mesi rispetto al basale la riduzione non era significativa (270.06±100.34 vs 300.84±109.13 ng/ml, p=ns). Il trattamento con Olmesartan ha, invece, determinato un significativo aumento dei livelli di espressione proteica di HO-1 rispetto al basale sia a 3 mesi di terapia (1.10±0.19 vs 0.77±0.071 u.d., p=0.001) che a 6 mesi (1.11±0.19 vs 0.77±0.071 u.d., p=0.001), mentre la variazione non è risultata significativa tra 3 e 6 mesi di trattamento (1.10±0.19 vs 1.11±0.19 u.d., p=ns). Nella seconda parte dello studio, confermando quanto riscontrato precedentemente, il trattamento con Olmesartan ha incrementato significativamente i livelli di espressione proteica di HO-1 rispetto al basale sia a 3 mesi (0.95±0.21 vs 0.81±0.21 u.d., p=0.031) che a 6 mesi (1.1±0.26 vs 0.81±0.21 u.d., p=0.001) con un aumento significativo anche nel confronto tra 3 e 6 mesi (0.95±0.21 vs 1.1±0.26 u.d., p=0.01). L’Olmesartan ha, inoltre, indotto un significativo aumento dei livelli plasmatici di CGRP dopo 6 mesi di terapia sia rispetto al basale (263.91±43.08 vs 198.81±51.98 pg/ml, p=0.001), che rispetto a 3 mesi (263.91±43.08 vs 218.97±41.13 pg/ml, p=0.03). Un aumento nel numero di EPC circolanti, espresse come CD34+KDR+, CD133+KDR+ e CD34+CD133+KDR+, è risultato significativo a 6 mesi di trattamento con Olmesartan sia rispetto al basale (rispettivamente 112.89±53.44 vs 35.11±25.98, p=0.005 per CD34+KDR+; 107.60±37.09 vs 20.90±14.58, p=0.0001 per CD133+KDR+; 38.11±19.64 vs 3.67±3.61, p=0.0007 per CD34+ CD133+KDR+) che a 3 mesi (112.89±53.44 vs 59.11±35.30, p=0.002 per CD34+KDR+; 107.60±37.09 vs 49.50±45.20, p=0.003 per CD133+KDR+; 38.11±19.64 vs 15.78±18.59, p=0.0028 per CD34+ CD133+KDR+). L’apoptosi delle cellule EPC, valutata mediante analisi citofluorimetrica del legame tra annessina V e fosfatidilserina espressa sulle cellule CD133+KDR+, è risultata significativamente ridotta già a 3 mesi di trattamento con Olmesartan (27.24± 9.64% vs 44.28 ± 12.38%, p<0.01) e si è ulteriormente ridotta in modo significativo a 6 mesi sia rispetto al basale (16.83±15.68% vs 44.28 ±12.38%, p<0.001) che rispetto a 3 mesi (16.83±15.68 vs 27.24±9.64% %, p< 0.004) (Calò LA et al, 2014). In conclusione, questo studio dimostra un effetto inibitorio dell’Olmesartan sullo stress ossidativo e sulle proteine correlate coinvolte nel signalling intracellulare dello stress ossidativo in pazienti con ipertensione essenziale. Inoltre, dimostra che l’Olmesartan possiede un effetto vasoprotettivo mediato dalla riduzione dello stress ossidativo indotto dall’Ang II e dall’aumento degli effetti benefici del CGRP sulla disfunzione endoteliale, dovuti anche all’aumento del numero delle EPC circolanti e della loro sopravvivenza/funzionalità. I nostri dati, inoltre, forniscono un razionale meccanicistico dell’azione anti-ossidante, anti-infiammatoria e vasoprotettiva, forniscono il razionale meccanicistico agli effetti anti-aterosclerotici, antiinfiammatori e di anti-remodeling di Olmesartan riportati da trials clinici come MORE (Stumpe KO et al 2007), OLIVUS (Hirohata A et al, 2010), EUTOPIA (Fliser D et al, 2004) e VIOS (Smith RD et al, 2006)
Effetto del blocco del recettore AT1R dell'angiotensina II sullo stress ossidativo e sul signalling mediato dallo stress ossidativo nel danno cardiovascolare ed endoteliale del paziente iperteso. Studio ex vivo nell'uomo con approccio biologico molecolare
DAL MASO, LUCIA
2014
Abstract
L’ipertensione arteriosa è il più importante fattore di rischio per le malattie cardiovascolari, l’infarto del miocardio, lo scompenso cardiaco, l’insufficienza renale e le vasculopatie periferiche. Lo stress ossidativo, dovuto all’aumentata produzione delle specie reattive all’ossigeno (ROS), svolge un importante ruolo fisiopatologico nello sviluppo dell’ipertensione arteriosa e delle sue complicanze a lungo termine, quali il rimodellamento cardiovascolare e l’aterosclerosi (Touyz RM et al, 2004). Vari fattori di rischio (fumo, diabete, aumento di LDL, oltre che ipertensione) portano ad un aumento dello stato redox, determinando disfunzione endoteliale, aumento dell’espressione di geni pro-infiammatori redox sensibili ed attivazione delle cellule muscolari lisce (Luft FC, 2001). In pazienti ipertesi, il sistema Renina-Angiotensina (RAAS) è attivato, causando un aumento di produzione dell’Angiotensina (Ang II) (Ruster C et al, 2006). L’Ang II, potente vasocostrittore (in grado di aumentare le resistenze periferiche totali e quindi la pressione arteriosa) è un potente induttore di stress ossidativo. L’Ang II media le sue azioni attraverso due recettori distinti: AT1R e AT2R (Dihn DT et al, 2001; Mehta PK et al, 2007; Calò LA et al, 2010). La stimolazione del recettore AT1R, per il quale l’Ang II presenta maggiore affinità, determina sia vasocostrizione attraverso un signalling cellulare a breve termine ma anche rimodellamento vascolare e aterosclerosi attraverso un signalling a lungo termine che coinvolge l’attivazione dell’NADPH ossidasi, produttore di anione superossido (O2-) (Griendling KK et al, 2000). Il legame al recettore AT2R da parte dell’Ang II controbilancia gli effetti mediati dall’attivazione di AT1R, inducendo vasodilatazione, antiproliferazione, differenziazione cellulare, segnali antiapoptotici; esso ha quindi un ruolo omeostatico nel controbilanciare un eccesso di stimolazione di AT1R (Volpe et al, 2003; Zhuo et al, 2008; Yamamoto et al, 2008). Lo stress ossidativo, è considerato uno dei meccanismi patogenetici fondamentali della disfunzione endoteliale. Per disfunzione endoteliale si intende un quadro molecolare e biochimico complesso che comprende infiammazione, proliferazione, anormalità strutturali e funzionali dei vasi. Le cellule progenitrici endoteliali (EPC) circolanti di derivazione midollare, svolgono un importante ruolo di protezione da queste alterazioni (Hill JM et al, 2003) in quanto sono in grado di riparare l’endotelio danneggiato attraverso un continuo processo di re-endotelializzazione e/o neovascolarizzazione (Heiss C et al, 2005). Nell’ipertensione il numero di EPC circolanti è ridotto e la loro funzione è alterata; tale situazione rappresenta un ulteriore fattore di rischio nello sviluppo di eventi cardiovascolari. E’ stato dimostrato, infatti, che l’Ang II, che causa un aumento dello stress ossidativo, svolge un ruolo centrale nell’insorgenza dell’invecchiamento e nella inibizione della capacità proliferativa delle EPC circolanti (Imanishi T et al, 2005). Il calcitonin gene-related peptide (CGRP), invece, è un potente vasodilatatore, che previene l’invecchiamento delle EPC circolanti, indotto anche da Ang II (Zhou Z et al, 2010). L’importante ruolo che gioca lo stress ossidativo nei processi di remodelling cardiovascolare ed aterogenesi che si osservano nell’ipertensione arteriosa, ha indotto i ricercatori a porre sempre maggior attenzione e ad investigare i potenziali effetti pleiotropici dei farmaci antiipertensivi sullo stress ossidativo. I farmaci maggiormente studiati sono gli ACE inibitori (ACEIs) e i bloccanti il recettore AT1R dell'Angiotensina (ARBs), le due più importanti classi di farmaci che agiscono limitando l'attività del sistema renina-angiotensina-aldosterone (RAAS). L’Olmesartan Medoxomil, bloccante il recettore AT1R dell’Ang II, ampiamente usato nel trattamento dell’ipertensione, blocca tutte le attività dell’Ang II mediate dal recettore AT1R, indipendentemente dall’origine e dalla via di sintesi dell’Ang II; l’ormone, perciò, si rende disponibile per il legame con il suo recettore AT2R, la cui stimolazione determina vasodilatazione, effetti antifibrotici e antinfiammatori e determina una riduzione, a lungo termine, dose-dipendente, della pressione arteriosa. Inoltre, è stato dimostrato che l’Olmesartan possiede attività antiossidante in quanto riduce i livelli plasmatici del marker di stress ossidativo 8-isoprostano (Fliser D et al, 2005), e attiva il sistema del monossido d’azoto (NO) attraverso un aumento della fosforilazione della eNOS (Oyama N et al, 2010; Kanematsu Y et al, 2006). Con il nostro studio abbiamo valutato un possibile effetto antiossidante e vasoprotettivo dell’Olmesartan Medoxomil in pazienti ipertesi essenziali, utilizzando un approccio biologico molecolare. Lo studio è stato effettuato in tempi differenti utilizzando due coorti di pazienti con caratteristiche cliniche simili trattati per 6 mesi con Olmesartan Medoximil. Sulla prima coorte sono stati analizzati markers di stress ossidativo e della pathway del rimodellamento cardiovascolare, oltre che i livelli di LDL ossidate; sulla seconda coorte di pazienti sono stati valutati oltre che l’espressione proteica di HO-1, i livelli palsmatici di CGRP e il numero e la sopravvivenza delle EPC circolanti. In particolare, nella prima fase sono state valutate p22phox subunità della NADPH ossidasi essenziale per la produzione di anione superossido, ed Heme Oxigenase-1 (HO-1), isoforma inducibile di HO, in grado di proteggere dallo stress ossidativo. Abbiamo, inoltre, valutato lo stato di fosforilazione delle ERK, proteine effettrici dello stress ossidativo nel rimodellamento cardiovascolare, e lo stato di marker plasmatici di stress ossidativo come le lipoproteine ossidate a bassa densità (LDL ossidate), cruciali nello sviluppo della reazione infiammatoria cronica a livello della tonaca intima delle arterie. Nella seconda fase dello studio abbiamo preso in considerazione gli effetti vasoprotettivi dell’Olmesartan valutando parametri quali: HO-1, proteina che oltre ad avere una potente attività anti-ossidante ed anti-infiammatoria, è contraddistinta da un potente effetto favorente la re-endotelializzazione, giustificato dalla sua capacità di aumentare il numero e di ridurre l’invecchiamento di cellule progenitrici endoteliali (EPC) circolanti ed il CGRP, peptide stimolato dall’HO-1 che protegge l’endotelio e previene l’invecchiamento delle EPC circolanti mediato da Ang II. Inoltre, sono stati valutati il numero e la sopravvivenza delle EPC circolanti. I risultati della prima fase hanno dimostrato come il farmaco Olmesartan, oltre a normalizzare la pressione arteriosa in pazienti ipertesi essenziali già a 3 mesi di terapia, ha ridotto significativamente i livelli di espressione proteica di p22phox già a 3 mesi di terapia rispetto al basale (rispettivamente 0.71±0.26 vs 0.93±0.24 unità densitometriche (u.d.), p<0.001), riduzione che è risultata significativa anche a 6 mesi rispetto sia al basale (0.45±0.12 vs 0.93±0.24 u.d., p<0.001) che a 3 mesi (0.45±0.12 vs 0.71±0.26 u.d., p<0.02). Il trattamento con Olmesartan ha ridotto significativamente anche i livelli di fosforilazione delle ERK 1/2 sia dopo 3 mesi rispetto al baseline (rispettivamente 0.39±0.14 vs 0.56±0.11 u.d., p=0.001) che a 6 mesi di terapia, rispetto al basale (0.19±0.08 vs 0.56±0.11, u.d., p=0.001) e rispetto a 3 mesi (0.19±0.08 vs 0.39±0.14 u.d., p=0.001). I livelli di LDL ossidate sono risultati significativamente ridotti dopo 6 mesi di terapia, sia rispetto al basale (171.92±61.83 vs 300.84±109.13 ng/ml, p=0.001), che rispetto a 3 mesi (171.92±61.83 vs 270.06±100.34 ng/ml, p=0.002) mentre a 3 mesi rispetto al basale la riduzione non era significativa (270.06±100.34 vs 300.84±109.13 ng/ml, p=ns). Il trattamento con Olmesartan ha, invece, determinato un significativo aumento dei livelli di espressione proteica di HO-1 rispetto al basale sia a 3 mesi di terapia (1.10±0.19 vs 0.77±0.071 u.d., p=0.001) che a 6 mesi (1.11±0.19 vs 0.77±0.071 u.d., p=0.001), mentre la variazione non è risultata significativa tra 3 e 6 mesi di trattamento (1.10±0.19 vs 1.11±0.19 u.d., p=ns). Nella seconda parte dello studio, confermando quanto riscontrato precedentemente, il trattamento con Olmesartan ha incrementato significativamente i livelli di espressione proteica di HO-1 rispetto al basale sia a 3 mesi (0.95±0.21 vs 0.81±0.21 u.d., p=0.031) che a 6 mesi (1.1±0.26 vs 0.81±0.21 u.d., p=0.001) con un aumento significativo anche nel confronto tra 3 e 6 mesi (0.95±0.21 vs 1.1±0.26 u.d., p=0.01). L’Olmesartan ha, inoltre, indotto un significativo aumento dei livelli plasmatici di CGRP dopo 6 mesi di terapia sia rispetto al basale (263.91±43.08 vs 198.81±51.98 pg/ml, p=0.001), che rispetto a 3 mesi (263.91±43.08 vs 218.97±41.13 pg/ml, p=0.03). Un aumento nel numero di EPC circolanti, espresse come CD34+KDR+, CD133+KDR+ e CD34+CD133+KDR+, è risultato significativo a 6 mesi di trattamento con Olmesartan sia rispetto al basale (rispettivamente 112.89±53.44 vs 35.11±25.98, p=0.005 per CD34+KDR+; 107.60±37.09 vs 20.90±14.58, p=0.0001 per CD133+KDR+; 38.11±19.64 vs 3.67±3.61, p=0.0007 per CD34+ CD133+KDR+) che a 3 mesi (112.89±53.44 vs 59.11±35.30, p=0.002 per CD34+KDR+; 107.60±37.09 vs 49.50±45.20, p=0.003 per CD133+KDR+; 38.11±19.64 vs 15.78±18.59, p=0.0028 per CD34+ CD133+KDR+). L’apoptosi delle cellule EPC, valutata mediante analisi citofluorimetrica del legame tra annessina V e fosfatidilserina espressa sulle cellule CD133+KDR+, è risultata significativamente ridotta già a 3 mesi di trattamento con Olmesartan (27.24± 9.64% vs 44.28 ± 12.38%, p<0.01) e si è ulteriormente ridotta in modo significativo a 6 mesi sia rispetto al basale (16.83±15.68% vs 44.28 ±12.38%, p<0.001) che rispetto a 3 mesi (16.83±15.68 vs 27.24±9.64% %, p< 0.004) (Calò LA et al, 2014). In conclusione, questo studio dimostra un effetto inibitorio dell’Olmesartan sullo stress ossidativo e sulle proteine correlate coinvolte nel signalling intracellulare dello stress ossidativo in pazienti con ipertensione essenziale. Inoltre, dimostra che l’Olmesartan possiede un effetto vasoprotettivo mediato dalla riduzione dello stress ossidativo indotto dall’Ang II e dall’aumento degli effetti benefici del CGRP sulla disfunzione endoteliale, dovuti anche all’aumento del numero delle EPC circolanti e della loro sopravvivenza/funzionalità. I nostri dati, inoltre, forniscono un razionale meccanicistico dell’azione anti-ossidante, anti-infiammatoria e vasoprotettiva, forniscono il razionale meccanicistico agli effetti anti-aterosclerotici, antiinfiammatori e di anti-remodeling di Olmesartan riportati da trials clinici come MORE (Stumpe KO et al 2007), OLIVUS (Hirohata A et al, 2010), EUTOPIA (Fliser D et al, 2004) e VIOS (Smith RD et al, 2006)File | Dimensione | Formato | |
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URN:NBN:IT:UNIPD-92607