Il diabete di tipo I, noto anche come diabete mellito o diabete giovanile, è una malattia metabolica caratterizzata dalla distruzione selettiva delle cellule β che risiedono nelle isole del Langherans del pancreas. Tale perdita, causata da un attacco autoimmune da parte di linfociti T e macrofagi che infiltrano il tessuto endocrino del pancreas, ha come immediata conseguenza lo sviluppo delle condizioni di ipoinsulinemia e relativa iperglicemia. Ad oggi, il diabete mellito ha raggiunto proporzioni epidemiche ed il numero di persone affette è in rapida espansione. Le attuali terapie per il trattamento del diabete mellito si limitano alla somministrazione d’ insulina esogena e, in alcuni casi, al trapianto di insule pancreatiche da donatore. Entrambe tuttavia presentano alcuni aspetti negativi tra cui la difficoltà nel mantenere sotto stretto controllo costante il livello di glucosio nel sangue, nel caso della terapia insulinica, ed il numero ridotto di donatori disponibili, nonché i rischi legati alle terapie immunosoppressive, per quanto riguarda il trapianto. Negli anni più recenti, la ricerca nel campo della medicina rigenerativa si è concentrata sulla possibilità di utilizzare le cellule staminali come fonte alternativa per la rigenerazione in vivo o in vitro di cellule che producano insulina e possano rimpiazzarne la perdita negli individui affetti. Sia le cellule staminali embrionali che mesenchimali sono state già analizzate e studiate come fonte alternativa di cellule da cui derivare in vitro beta cellule impiantabili o per un loro utilizzo diretto in trattamenti basati sulla terapia cellulare. Diversi studi hanno già riportato l'applicazione di terapie basate sull'uso di staminali mesenchimali per il trattamento di malattie autoimmuni quali il diabete mellito, dimostrando come la protezione e la riparazione del tessuto si ottengano principalmente mediante funzioni paracrine immunomodulatorie. Il liquido amniotico rappresenta una fonte nuova e alternativa di cellule staminali pluripotenti in quanto contenente una popolazione eterogenea di cellule che derivano dal feto in via di sviluppo, incluse le cellule positive per il fattore c-kit, le quali rappresentano circa lo 0.8-1 % dell'intera popolazione. Le cellule staminali da liquido amniotico (AFSC), positive per c-kit, possiedono caratteristiche delle cellule staminali embrionali e mesenchimali. L'uso delle AFSC presenta alcuni vantaggi tra cui la facilità di isolamento da campioni di liquido amniotico senza danno per il feto, il che permette di aggirare i problemi etici legati all'uso delle staminali embrionali. Inoltre, le AFSC possono essere espanse in vitro per numerosi passaggi ed è stato dimostrato, mediante la loro applicazione in vivo, che le AFSC non hanno proprietà tumorigeniche. Il potenziale terapeutico delle AFSC nel campo della medicina rigenerativa è già stato dimostrato con successo in modelli murini di danno, acuto e cronico, in rene e polmone. Lo scopo del progetto è la valutazione del potenziale terapeutico delle AFSC per il trattamento di un modello murino acuto di diabete mellito. L'ipotesi è che le AFSC, iniettate per via intracardiaca in topi diabetici, abbiano il potenziale di proteggere il tessuto pancreatico dal danno e favorire la rigenerazione. Il nostro approccio si è basato essenzialmente sull'applicazione in vivo di AFSC umane mediante iniezione intracardiaca in topi immunodeficienti NOD/SCID. Il diabete è stato indotto mediante trattamento chimico selettivo con streptozotocina ed i topi sono stati successivamente divisi in due gruppi al fine di valutare l'effetto di una singola iniezione di AFSC o di una doppia iniezione. I topi trattati con AFSC sono stati confrontati con topi diabetici e topi wild type. Gli animali sono stati monitorati ad intervalli di tempo regolari per quanto riguarda il parametro fisiologico del glucosio sanguigno e, al termine dell'esperimento, sacrificati. Solo alcuni dei topi trattati hanno risposto al trattamento con le staminali da liquido amniotico, mantenendo valori normoglicemici pressoché per tutta la durata dell'esperimento. Saggi immunoistochimici hanno permesso di evidenziare che i livelli di insulina di topi trattati con streptozotocina e iniettati con AFSC sono risultati significativamente superiori a quelli dei topi diabetici di controllo. Inoltre, le isole pancreatiche dei topi trattati con AFSC mostrano una morfologia molto simile a quella dei topi wild type. La percentuale di integrazione delle AFSC nel tessuto dell'ospite è risultata piuttosto scarsa, come già emerso in precedenti studi, supportando l'ipotesi secondo cui le AFSC abbiano la capacità di ripristinare la funzionalità pancreatica principalmente mediante protezione delle cellule beta endogene ed eventualmente stimolando la rigenerazione a partire da precursori endogeni piuttosto che per differenziamento diretto. Con l'approccio in vivo è stato possibile ottenere risultati preliminari promettenti per una futura applicazione di terapia cellulare possibilmente in ambito clinico. Tuttavia, il responso al trattamento non è uguale per tutti gli animali. Ipotizziamo che differenze nella risposta alla terapia cellulare possano dipendere dal tipo di danno acuto indotto, creando variazioni tra i topi nella prima fase di sviluppo della malattia.
Evaluation of the therapeutic potential of amniotic fluid stem cells for the treatment of a model of type I diabetes
VILLANI, VALENTINA
2012
Abstract
Il diabete di tipo I, noto anche come diabete mellito o diabete giovanile, è una malattia metabolica caratterizzata dalla distruzione selettiva delle cellule β che risiedono nelle isole del Langherans del pancreas. Tale perdita, causata da un attacco autoimmune da parte di linfociti T e macrofagi che infiltrano il tessuto endocrino del pancreas, ha come immediata conseguenza lo sviluppo delle condizioni di ipoinsulinemia e relativa iperglicemia. Ad oggi, il diabete mellito ha raggiunto proporzioni epidemiche ed il numero di persone affette è in rapida espansione. Le attuali terapie per il trattamento del diabete mellito si limitano alla somministrazione d’ insulina esogena e, in alcuni casi, al trapianto di insule pancreatiche da donatore. Entrambe tuttavia presentano alcuni aspetti negativi tra cui la difficoltà nel mantenere sotto stretto controllo costante il livello di glucosio nel sangue, nel caso della terapia insulinica, ed il numero ridotto di donatori disponibili, nonché i rischi legati alle terapie immunosoppressive, per quanto riguarda il trapianto. Negli anni più recenti, la ricerca nel campo della medicina rigenerativa si è concentrata sulla possibilità di utilizzare le cellule staminali come fonte alternativa per la rigenerazione in vivo o in vitro di cellule che producano insulina e possano rimpiazzarne la perdita negli individui affetti. Sia le cellule staminali embrionali che mesenchimali sono state già analizzate e studiate come fonte alternativa di cellule da cui derivare in vitro beta cellule impiantabili o per un loro utilizzo diretto in trattamenti basati sulla terapia cellulare. Diversi studi hanno già riportato l'applicazione di terapie basate sull'uso di staminali mesenchimali per il trattamento di malattie autoimmuni quali il diabete mellito, dimostrando come la protezione e la riparazione del tessuto si ottengano principalmente mediante funzioni paracrine immunomodulatorie. Il liquido amniotico rappresenta una fonte nuova e alternativa di cellule staminali pluripotenti in quanto contenente una popolazione eterogenea di cellule che derivano dal feto in via di sviluppo, incluse le cellule positive per il fattore c-kit, le quali rappresentano circa lo 0.8-1 % dell'intera popolazione. Le cellule staminali da liquido amniotico (AFSC), positive per c-kit, possiedono caratteristiche delle cellule staminali embrionali e mesenchimali. L'uso delle AFSC presenta alcuni vantaggi tra cui la facilità di isolamento da campioni di liquido amniotico senza danno per il feto, il che permette di aggirare i problemi etici legati all'uso delle staminali embrionali. Inoltre, le AFSC possono essere espanse in vitro per numerosi passaggi ed è stato dimostrato, mediante la loro applicazione in vivo, che le AFSC non hanno proprietà tumorigeniche. Il potenziale terapeutico delle AFSC nel campo della medicina rigenerativa è già stato dimostrato con successo in modelli murini di danno, acuto e cronico, in rene e polmone. Lo scopo del progetto è la valutazione del potenziale terapeutico delle AFSC per il trattamento di un modello murino acuto di diabete mellito. L'ipotesi è che le AFSC, iniettate per via intracardiaca in topi diabetici, abbiano il potenziale di proteggere il tessuto pancreatico dal danno e favorire la rigenerazione. Il nostro approccio si è basato essenzialmente sull'applicazione in vivo di AFSC umane mediante iniezione intracardiaca in topi immunodeficienti NOD/SCID. Il diabete è stato indotto mediante trattamento chimico selettivo con streptozotocina ed i topi sono stati successivamente divisi in due gruppi al fine di valutare l'effetto di una singola iniezione di AFSC o di una doppia iniezione. I topi trattati con AFSC sono stati confrontati con topi diabetici e topi wild type. Gli animali sono stati monitorati ad intervalli di tempo regolari per quanto riguarda il parametro fisiologico del glucosio sanguigno e, al termine dell'esperimento, sacrificati. Solo alcuni dei topi trattati hanno risposto al trattamento con le staminali da liquido amniotico, mantenendo valori normoglicemici pressoché per tutta la durata dell'esperimento. Saggi immunoistochimici hanno permesso di evidenziare che i livelli di insulina di topi trattati con streptozotocina e iniettati con AFSC sono risultati significativamente superiori a quelli dei topi diabetici di controllo. Inoltre, le isole pancreatiche dei topi trattati con AFSC mostrano una morfologia molto simile a quella dei topi wild type. La percentuale di integrazione delle AFSC nel tessuto dell'ospite è risultata piuttosto scarsa, come già emerso in precedenti studi, supportando l'ipotesi secondo cui le AFSC abbiano la capacità di ripristinare la funzionalità pancreatica principalmente mediante protezione delle cellule beta endogene ed eventualmente stimolando la rigenerazione a partire da precursori endogeni piuttosto che per differenziamento diretto. Con l'approccio in vivo è stato possibile ottenere risultati preliminari promettenti per una futura applicazione di terapia cellulare possibilmente in ambito clinico. Tuttavia, il responso al trattamento non è uguale per tutti gli animali. Ipotizziamo che differenze nella risposta alla terapia cellulare possano dipendere dal tipo di danno acuto indotto, creando variazioni tra i topi nella prima fase di sviluppo della malattia.File | Dimensione | Formato | |
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URN:NBN:IT:UNIPD-92608