La cirrosi epatica avanzata è caratterizzata da alterazioni emostatiche importanti che possono portare a complicanze emorragiche o trombotiche. Nonostante siano presenti alterazioni pro-emorragiche come trombocitopenia e ridotti livelli dei fattori della coagulazione, sono presenti anche anormalità pro-trombotiche come la diminuzione di proteine anti-coagulanti, quali antitrombina, Proteina C ed S, ed incremento del Fattore VIII e Fattore von Willebrand . Il sito più frequente di trombosi in pazienti cirrotici è la vena porta, risultato di vari fattori quali le alterazioni emostatiche sistemiche così come la stasi venosa locale. Tuttavia, l’endotelio, il terzo componente del triade trombotica, probabilmente gioca un ruolo importante nella genesi della trombosi in situ della vena porta. Nel presente studio, è stato analizzato l’endotelio della vena porta e comparato a quello della vena cava in pazienti cirrotici e non, per determinare il possibile ruolo delle alterazioni locali nello sviluppo della trombosi. Come principale proteina endoteliale anticoagulante, è stata studiata la trombomodulina tramite immunofluorescenza, rivelandone una ridotta presenza nell’endotelio della vena porta rispetto a quello della vena cava nei pazienti cirrotici. D’altro canto, l’analisi immunoistochimica del Fattore VIII, con proprietà pro-coagulanti, ha rivelato che questa proteina endoteliale è presente in maniera continua e costante lungo il lumen della vena porta e della vena cava sia nei pazienti cirrotici che non. La diminuzione della trombomodulina può dannegiare le proprietà anticoagulanti dell’endotelio che, in presenza del Fattore VIII preservato, può portare allo sviluppo della trombosi. La trombosi della vena porta rappresenta una complicanza rilevante nella storia naturale dei pazienti cirrotici, causando frequentemente un aumento della morbilità prima e della mortalità dopo il trapianto epatico. L’ottenimento della ricanalizzazione tramite terapia anticoagulante è perciò importante, e nel presente studio è stata fatta un’analisi dei fattori che possono avere un impatto sull’efficacia della terapia con eparina a basso peso molecolare in pazienti cirrotici con questa complicanza. Si è dimostrato che l’anticoagulazione con eparina a basso peso molecolare è una strategia valida per la ricanalizzazione della vena porta, con un tasso di risposta del 65.2%, includendo ripermeazione completa in 24 dei 46 pazienti trattati, dopo una media di 4.5 mesi (±3.1 mesi) di anticoagulazione. Nonostante lo status emostatico dei pazienti non correlava con la risposta all’anticoagulazione, l’intervallo tra lo sviluppo del trombo e l’inizio della terapia è stato l’unico fattore predittivo dell’efficacia terapeutica. Specificamente, l’età del trombo alla diagnosi (1.9 ± 1.2 mesi vs 6.3 ± 4.5 mesi, rispettivamente, p<.001) e l’intervallo tra lo sviluppo del trombo e l’inizio della terapia anticoagulante (3.2 ± 1.7 mesi vs 7.78 ± 4.5 mesi nel gruppo che ha ottenuto ricanalizzazione e nel gruppo che non ha ottenuto ricanalizzazione, rispettivamente, p<.002) sono stati i principali determinanti dell’efficacia terapeutica. Questo sottolinea l’importanza di una diagnosi precoce e di un opportuno inizio della terapia, per incrementare la probabilità di successo del trattamento anticoagulante. Benché i livelli bassi di antitrombina, necessaria per l’azione dell’eparina, verificatesi in cirrosi possano teoricamente diminuire l’effetto anticoagulante, in questo studio si è dimostrata l’efficacia clinica dell’anticoagulazione con eparina a basso peso molecolare. L’effetto anticoagulante dell’eparina a basso peso molecolare è stato esplorato in vitro utilizzando il test della trombino generazione, e concentrazioni di eparina dentro il range terapeutico sono state in grado di ridurre la generazione della trombina, nonostante la spiccata riduzione nei livelli plasmatici di antitrombina e i bassi livelli di anti-Xa determinati in vitro. In particolare, i pazienti in classe C di Child Pugh si sono caratterizzati da livelli di antitrombina bassi quanto quelli presenti in pazienti con la condizione protrombotica di deficit genetico di questa proteina (42±14% vs 52±4%, rispettivamente, p=.06). Alla concentrazione in vitro di 0.35 UI/mL di eparina a basso peso molecolare, l’attività anti-Xa è stata significativamente più bassa in pazienti in classi di Child Pugh B e C rispetto ai controlli (p<.001), così come in pazienti con difetto genetico dell’antitrombina rispetto ai controlli (p<.001). Nonostante i ridotti livelli di attività anti-Xa, i pazienti cirrotici hanno dimostrato un maggiore effetto anticoagulante dell’eparina a basso peso molecolare, con una riduzione del potenziale endogeno di trombina di 72.6±11% (p=0.02 vs i controlli). Data l’incrementata suscettibilità dei pazienti cirrotici in stadi avanzati della malattia epatica, potrebbe essere necessaria la riduzione della dose di anticoagulazione.
Site-specific risk factors for portal vein thrombosis and evaluation of anticoagulation efficacy in patients with cirrhosis
RODRIGUEZ CASTRO, KRYSSIA ISABEL
2013
Abstract
La cirrosi epatica avanzata è caratterizzata da alterazioni emostatiche importanti che possono portare a complicanze emorragiche o trombotiche. Nonostante siano presenti alterazioni pro-emorragiche come trombocitopenia e ridotti livelli dei fattori della coagulazione, sono presenti anche anormalità pro-trombotiche come la diminuzione di proteine anti-coagulanti, quali antitrombina, Proteina C ed S, ed incremento del Fattore VIII e Fattore von Willebrand . Il sito più frequente di trombosi in pazienti cirrotici è la vena porta, risultato di vari fattori quali le alterazioni emostatiche sistemiche così come la stasi venosa locale. Tuttavia, l’endotelio, il terzo componente del triade trombotica, probabilmente gioca un ruolo importante nella genesi della trombosi in situ della vena porta. Nel presente studio, è stato analizzato l’endotelio della vena porta e comparato a quello della vena cava in pazienti cirrotici e non, per determinare il possibile ruolo delle alterazioni locali nello sviluppo della trombosi. Come principale proteina endoteliale anticoagulante, è stata studiata la trombomodulina tramite immunofluorescenza, rivelandone una ridotta presenza nell’endotelio della vena porta rispetto a quello della vena cava nei pazienti cirrotici. D’altro canto, l’analisi immunoistochimica del Fattore VIII, con proprietà pro-coagulanti, ha rivelato che questa proteina endoteliale è presente in maniera continua e costante lungo il lumen della vena porta e della vena cava sia nei pazienti cirrotici che non. La diminuzione della trombomodulina può dannegiare le proprietà anticoagulanti dell’endotelio che, in presenza del Fattore VIII preservato, può portare allo sviluppo della trombosi. La trombosi della vena porta rappresenta una complicanza rilevante nella storia naturale dei pazienti cirrotici, causando frequentemente un aumento della morbilità prima e della mortalità dopo il trapianto epatico. L’ottenimento della ricanalizzazione tramite terapia anticoagulante è perciò importante, e nel presente studio è stata fatta un’analisi dei fattori che possono avere un impatto sull’efficacia della terapia con eparina a basso peso molecolare in pazienti cirrotici con questa complicanza. Si è dimostrato che l’anticoagulazione con eparina a basso peso molecolare è una strategia valida per la ricanalizzazione della vena porta, con un tasso di risposta del 65.2%, includendo ripermeazione completa in 24 dei 46 pazienti trattati, dopo una media di 4.5 mesi (±3.1 mesi) di anticoagulazione. Nonostante lo status emostatico dei pazienti non correlava con la risposta all’anticoagulazione, l’intervallo tra lo sviluppo del trombo e l’inizio della terapia è stato l’unico fattore predittivo dell’efficacia terapeutica. Specificamente, l’età del trombo alla diagnosi (1.9 ± 1.2 mesi vs 6.3 ± 4.5 mesi, rispettivamente, p<.001) e l’intervallo tra lo sviluppo del trombo e l’inizio della terapia anticoagulante (3.2 ± 1.7 mesi vs 7.78 ± 4.5 mesi nel gruppo che ha ottenuto ricanalizzazione e nel gruppo che non ha ottenuto ricanalizzazione, rispettivamente, p<.002) sono stati i principali determinanti dell’efficacia terapeutica. Questo sottolinea l’importanza di una diagnosi precoce e di un opportuno inizio della terapia, per incrementare la probabilità di successo del trattamento anticoagulante. Benché i livelli bassi di antitrombina, necessaria per l’azione dell’eparina, verificatesi in cirrosi possano teoricamente diminuire l’effetto anticoagulante, in questo studio si è dimostrata l’efficacia clinica dell’anticoagulazione con eparina a basso peso molecolare. L’effetto anticoagulante dell’eparina a basso peso molecolare è stato esplorato in vitro utilizzando il test della trombino generazione, e concentrazioni di eparina dentro il range terapeutico sono state in grado di ridurre la generazione della trombina, nonostante la spiccata riduzione nei livelli plasmatici di antitrombina e i bassi livelli di anti-Xa determinati in vitro. In particolare, i pazienti in classe C di Child Pugh si sono caratterizzati da livelli di antitrombina bassi quanto quelli presenti in pazienti con la condizione protrombotica di deficit genetico di questa proteina (42±14% vs 52±4%, rispettivamente, p=.06). Alla concentrazione in vitro di 0.35 UI/mL di eparina a basso peso molecolare, l’attività anti-Xa è stata significativamente più bassa in pazienti in classi di Child Pugh B e C rispetto ai controlli (p<.001), così come in pazienti con difetto genetico dell’antitrombina rispetto ai controlli (p<.001). Nonostante i ridotti livelli di attività anti-Xa, i pazienti cirrotici hanno dimostrato un maggiore effetto anticoagulante dell’eparina a basso peso molecolare, con una riduzione del potenziale endogeno di trombina di 72.6±11% (p=0.02 vs i controlli). Data l’incrementata suscettibilità dei pazienti cirrotici in stadi avanzati della malattia epatica, potrebbe essere necessaria la riduzione della dose di anticoagulazione.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/92871
URN:NBN:IT:UNIPD-92871