L’obesità e il diabete mellito tipo 2 (T2DM) sono due patologie strettamente correlate tra loro e, insieme, rappresentano una delle maggiori emergenze sanitarie a livello mondiale. I meccanismi fisiopatologici che legano le due patologie, non sono ancora stati completamente spiegati. Infatti, mentre sono abbastanza note le alterazioni che portano dall’aumento del peso corporeo alla comparsa di T2DM, meno noti sono i motivi per cui non tutti i pazienti obesi sviluppano la patologia diabetica. Per spiegare tale paradosso, alcuni studi si sono concentrati sulla possibile diversa capacità di espansione del tessuto adiposo (TA). Come tutti i tessuti, anche il TA, per poter espandersi, necessita di un’adeguata consensuale vascolarizzazione. E’ stato ipotizzato che un’alterata angiogenesi durante l’espansione del TA in alcuni soggetti, e la presenza di un danno a livello del microcircolo dello stesso TA, possano influire negativamente sul peggioramento del profilo glicemico. In alcuni modelli di animali, affetti da diabete e obesità, si sono evidenziate alterazioni a carico del microcircolo del TA e a carico del potenziale adipogenico. Consensualmente, alcuni studi sul TA dell’uomo, hanno suggerito che l’obesità porta ad una alterazione dell’angiogenesi a livello del TA con contemporanea comparsa di uno stato ipossico a sua volta responsabile della risposta infiammatoria e profibrotica. Infiammazione e fibrosi, hanno un ruolo fondamentale nello sviluppo dell’insulino-resistenza e quindi del T2DM. Inoltre, è noto che il tessuto adiposo viscerale (VAT) rappresenta il deposito di TA con maggior grado di infiammazione, mentre il tessuto adiposo sottocutaneo (SAT) è considerato un tessuto meno infiammato e in grado di avere un ruolo protettivo nei confronti dello sviluppo delle patologie metaboliche. Nonostante ciò, è possibile ipotizzare che con l’aumento progressivo del peso corporeo anche il SAT acquisisca caratteristiche disfunzionali come il VAT. Sulla base di questi presupposti, abbiamo deciso di analizzare le possibili variazioni in termini di morfologia, di densità capillare, di quantità di precursori adipogenici, di potenziale adipogenetico sia nel SAT che nel VAT di pazienti obesi e di pazienti normopeso normoglicemici. Inoltre, tra i pazienti obesi, sulla base delle caratteristiche cliniche e biochimiche, abbiamo selezionato coloro che erano normoglicemici (ob N), pre-diabetici (ob pre-T2DM) e diabetici (ob T2DM). Sono, quindi, stati raccolti campioni di SAT e/o il VAT da 249 pazienti divisi nei 4 gruppi sopra descritti: 18 pazienti normopeso e normoglicemici (18.5 < BMI < 24,9 kg/m2), 68 ob N, 65 ob pre-T2DM e 57 ob T2DM. Abbiamo, inoltre, avuto l’opportunità di analizzare il SAT di 41 pazienti obesi dopo significativo calo ponderale (ob WL). I campioni di TA sono stati studiati (1) mediante analisi immunocitochimica, al fine di valutare la morfologia degli adipociti e la densità capillare, (2) mediante analisi citofluorimetrica della frazione vasculo stromale (FVS) per quantificare la presenza di precursori adipocitari (CD45-CD34+CD31-) e di precursori endoteliali (CD45-CD34+CD31+), (3) attraverso la coltura dei preadipociti estratti dalla FVS, per valutare il potenziale adipogenetico; (4) mediante espressione genica di leptina, PPRγ, VEGFA, VEGF2 e HIF1-α. L’analisi dei nostri dati ci ha permesso di confermare che il tessuto adiposo dei soggetti obesi è significativamente meno vascolarizzato, sia nel SAT che, dato ad oggi non noto, nel VAT, rispetto al tessuto adiposo dei soggetti magri. Diversamente da quanto ipotizzato, la presenza di un alterato profilo glicemico, come quello presente nel pre-diabete, o la presenza di un diabete franco, non peggiorano ulteriormente la vascolarizzazione del TA, né nel SAT, né nel VAT. Ciò che si modifica in maniera significativa e precoce è l’architettura del TA. Infatti, già nei pazienti ob pre-T2DM e, anche nei pz ob T2DM, abbiamo osservato un progressivo aumento del diametro degli adipociti. Inoltre, nel TA dei pazienti con alterato profilo glicemico abbiamo osservato una significativa riduzione sia nella percentuale dei preadipociti presenti nella FVS sia nella loro capacità di differenziare in vitro. Questi dati ci permettono di ipotizzare che il TA dei pazienti con alterato profilo glicemico cresce maggiormente per ipertrofia che per iperplasia e che il ”primum movens” nello sviluppo della patologia diabetica è da ricercare nelle modificazioni a carico della cellula adiposa più che nelle modificazioni del microcircolo del tessuto adiposo sia nel VAT ma, anche nel SAT. Inoltre, considerando il progressivo incremento nell’utilizzo della chirurgia bariatrica per trattare sia l’aumento di peso ma anche le complicanze metaboliche a esso correlate, è stato eseguito uno studio sugli effetti della sleeve gastrectomy per via laparoscopica (LSG) a distanza di un anno dall’intervento. Mentre gli effetti positivi di questa procedura chirurgica sono ormai noti, meno noti sono gli effetti collaterali; in particolare, l’ipoglicemia post prandiale è stata ben descritta dopo intervento di by pass gastrico ma resta ancor poco indagata dopo intervento di LSG. Abbiamo, pertanto, reclutato 197 pazienti obesi non diabetici sottoposti a LSG e li abbiamo studiati prima e a distanza di un anno dall’intervento bariatrico. In tutti i pazienti è stata raccolta la storia clinica, è stato eseguito esame obiettivo e sono stati eseguiti gli esami bioumorali comprensivi di screening endocrino-metabolico completo, incluso OGTT prolungato a 180 minuti, e dosaggio delle citochine infiammatorie. Un anno dopo l’intervento, tutti i pazienti hanno avuto una significativa riduzione del peso corporeo e del BMI, un significativo miglioramento dei parametri metabolici, compreso il profilo glicemico e insulinemico, e una significativa riduzione delle citochine infiammatorie. Il 32,8% dei pazienti ha sviluppato un’ipoglicemia severa dopo test provocativo (OGTT). I pazienti con ipoglicemie hanno mostrato un peso e un BMI significativamente minore rispetto ai pazienti che non hanno sviluppato ipoglicemia e una percentuale di perdita di BMI significativamente maggiore. L’ipoglicemia si è dimostrata essere più frequente in quei pazienti che, prima dell’intervento, erano più giovani, con un peso e un BMI inferiore e con livelli di trigliceridemia superiori ai pazienti che non avevano sviluppato ipoglicemie dopo LSG.
Adipose tissue and insulin secretion in the pathophysiology of obesity and its complications
BELLIGOLI, ANNA
2016
Abstract
L’obesità e il diabete mellito tipo 2 (T2DM) sono due patologie strettamente correlate tra loro e, insieme, rappresentano una delle maggiori emergenze sanitarie a livello mondiale. I meccanismi fisiopatologici che legano le due patologie, non sono ancora stati completamente spiegati. Infatti, mentre sono abbastanza note le alterazioni che portano dall’aumento del peso corporeo alla comparsa di T2DM, meno noti sono i motivi per cui non tutti i pazienti obesi sviluppano la patologia diabetica. Per spiegare tale paradosso, alcuni studi si sono concentrati sulla possibile diversa capacità di espansione del tessuto adiposo (TA). Come tutti i tessuti, anche il TA, per poter espandersi, necessita di un’adeguata consensuale vascolarizzazione. E’ stato ipotizzato che un’alterata angiogenesi durante l’espansione del TA in alcuni soggetti, e la presenza di un danno a livello del microcircolo dello stesso TA, possano influire negativamente sul peggioramento del profilo glicemico. In alcuni modelli di animali, affetti da diabete e obesità, si sono evidenziate alterazioni a carico del microcircolo del TA e a carico del potenziale adipogenico. Consensualmente, alcuni studi sul TA dell’uomo, hanno suggerito che l’obesità porta ad una alterazione dell’angiogenesi a livello del TA con contemporanea comparsa di uno stato ipossico a sua volta responsabile della risposta infiammatoria e profibrotica. Infiammazione e fibrosi, hanno un ruolo fondamentale nello sviluppo dell’insulino-resistenza e quindi del T2DM. Inoltre, è noto che il tessuto adiposo viscerale (VAT) rappresenta il deposito di TA con maggior grado di infiammazione, mentre il tessuto adiposo sottocutaneo (SAT) è considerato un tessuto meno infiammato e in grado di avere un ruolo protettivo nei confronti dello sviluppo delle patologie metaboliche. Nonostante ciò, è possibile ipotizzare che con l’aumento progressivo del peso corporeo anche il SAT acquisisca caratteristiche disfunzionali come il VAT. Sulla base di questi presupposti, abbiamo deciso di analizzare le possibili variazioni in termini di morfologia, di densità capillare, di quantità di precursori adipogenici, di potenziale adipogenetico sia nel SAT che nel VAT di pazienti obesi e di pazienti normopeso normoglicemici. Inoltre, tra i pazienti obesi, sulla base delle caratteristiche cliniche e biochimiche, abbiamo selezionato coloro che erano normoglicemici (ob N), pre-diabetici (ob pre-T2DM) e diabetici (ob T2DM). Sono, quindi, stati raccolti campioni di SAT e/o il VAT da 249 pazienti divisi nei 4 gruppi sopra descritti: 18 pazienti normopeso e normoglicemici (18.5 < BMI < 24,9 kg/m2), 68 ob N, 65 ob pre-T2DM e 57 ob T2DM. Abbiamo, inoltre, avuto l’opportunità di analizzare il SAT di 41 pazienti obesi dopo significativo calo ponderale (ob WL). I campioni di TA sono stati studiati (1) mediante analisi immunocitochimica, al fine di valutare la morfologia degli adipociti e la densità capillare, (2) mediante analisi citofluorimetrica della frazione vasculo stromale (FVS) per quantificare la presenza di precursori adipocitari (CD45-CD34+CD31-) e di precursori endoteliali (CD45-CD34+CD31+), (3) attraverso la coltura dei preadipociti estratti dalla FVS, per valutare il potenziale adipogenetico; (4) mediante espressione genica di leptina, PPRγ, VEGFA, VEGF2 e HIF1-α. L’analisi dei nostri dati ci ha permesso di confermare che il tessuto adiposo dei soggetti obesi è significativamente meno vascolarizzato, sia nel SAT che, dato ad oggi non noto, nel VAT, rispetto al tessuto adiposo dei soggetti magri. Diversamente da quanto ipotizzato, la presenza di un alterato profilo glicemico, come quello presente nel pre-diabete, o la presenza di un diabete franco, non peggiorano ulteriormente la vascolarizzazione del TA, né nel SAT, né nel VAT. Ciò che si modifica in maniera significativa e precoce è l’architettura del TA. Infatti, già nei pazienti ob pre-T2DM e, anche nei pz ob T2DM, abbiamo osservato un progressivo aumento del diametro degli adipociti. Inoltre, nel TA dei pazienti con alterato profilo glicemico abbiamo osservato una significativa riduzione sia nella percentuale dei preadipociti presenti nella FVS sia nella loro capacità di differenziare in vitro. Questi dati ci permettono di ipotizzare che il TA dei pazienti con alterato profilo glicemico cresce maggiormente per ipertrofia che per iperplasia e che il ”primum movens” nello sviluppo della patologia diabetica è da ricercare nelle modificazioni a carico della cellula adiposa più che nelle modificazioni del microcircolo del tessuto adiposo sia nel VAT ma, anche nel SAT. Inoltre, considerando il progressivo incremento nell’utilizzo della chirurgia bariatrica per trattare sia l’aumento di peso ma anche le complicanze metaboliche a esso correlate, è stato eseguito uno studio sugli effetti della sleeve gastrectomy per via laparoscopica (LSG) a distanza di un anno dall’intervento. Mentre gli effetti positivi di questa procedura chirurgica sono ormai noti, meno noti sono gli effetti collaterali; in particolare, l’ipoglicemia post prandiale è stata ben descritta dopo intervento di by pass gastrico ma resta ancor poco indagata dopo intervento di LSG. Abbiamo, pertanto, reclutato 197 pazienti obesi non diabetici sottoposti a LSG e li abbiamo studiati prima e a distanza di un anno dall’intervento bariatrico. In tutti i pazienti è stata raccolta la storia clinica, è stato eseguito esame obiettivo e sono stati eseguiti gli esami bioumorali comprensivi di screening endocrino-metabolico completo, incluso OGTT prolungato a 180 minuti, e dosaggio delle citochine infiammatorie. Un anno dopo l’intervento, tutti i pazienti hanno avuto una significativa riduzione del peso corporeo e del BMI, un significativo miglioramento dei parametri metabolici, compreso il profilo glicemico e insulinemico, e una significativa riduzione delle citochine infiammatorie. Il 32,8% dei pazienti ha sviluppato un’ipoglicemia severa dopo test provocativo (OGTT). I pazienti con ipoglicemie hanno mostrato un peso e un BMI significativamente minore rispetto ai pazienti che non hanno sviluppato ipoglicemia e una percentuale di perdita di BMI significativamente maggiore. L’ipoglicemia si è dimostrata essere più frequente in quei pazienti che, prima dell’intervento, erano più giovani, con un peso e un BMI inferiore e con livelli di trigliceridemia superiori ai pazienti che non avevano sviluppato ipoglicemie dopo LSG.File | Dimensione | Formato | |
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