La consapevolezza e l'interesse verso l'impatto ambientale delle attività antropiche ha imposto la necessità di valutare in termini di emissione di gas ad effetto serra, oltre ai processi di produzione, anche i processi di gestione e smaltimento dei reflui prodotti. Per il trattamento delle acque reflue la fitodepurazione, una tecnologia a ridotto impatto ambientale con scarsi o nulli input energetici, si sta sempre più diffondendo come sistema di trattamento naturale applicabile in vari contesti urbani e/o produttivi. Essa si basa sulla riproduzione dei processi fisici, chimici e biologici di autodepurazione del sistema suolo-piante-microrganismi che caratterizzano gli habitat acquatici e le zone umide naturali. I processi depurativi, in larga parte operati dai microrganismi che si sviluppano nella rizosfera e che in questi sistemi contribuiscono alla riduzione del carico organico e azotato delle acque reflue, determinano il rilasciano in atmosfera di diversi composti gassosi alcuni dei quali ad effetto serra, in particolare anidride carbonica (CO2), metano (CH4) e protossido di azoto (N2O). La valutazione delle emissioni in atmosfera determinate da questi impianti, influenzate dalla tipologia impiantistica, dalla natura/tipologia dell'acqua reflua trattata e dalla presenza e specie vegetale impiegata, è studiata in Europa da circa 15 anni in impianti perlopiù siti nei Paesi del centro-nord, mentre poche sperimentazioni, e per lo più a scala di laboratorio, sono state condotte nell’area del Bacino del Mediterraneo; e con nessuno studio presso impianti di fitodepurazione Italiani. In considerazione di quanto sopra, scopo principale del lavoro di tesi è stato quello di valutare il ruolo delle diverse componenti dei sistemi di fitodepurazione maggiormente diffusi in Italia (in scala reale o pilota) nelle emissioni di gas serra. A tale scopo sono stati scelti due siti situati in due differenti contesti bioclimatici italiani, Sicilia e Veneto, che trattano rispettivamente acque reflue urbane e frazione fluida di digestato. Particolare attenzione è stata rivolta al ruolo della componente vegetale del sistema sulle emissioni studiando differenti specie adatte alla fitodepurazione (Arundo donax L., Phragmites australis (Cav.) Trin. ex Steud., Cyperus papyrus L., Chrysopogon zizanioides (L.) Roberty e Mischantus x giganteus Greef et Deu.). Relativamente alle specie vegetali indagate, i risultati ottenuti nel contesto siciliano, hanno mostrato emissioni di CO2 e CH4 specie-specifiche con flussi di CO2 significativamente maggiori (mediana 16.5 g m-2 d-1) in presenza di A. donax, M. giganteus e P. australis, rispetto a C. papyrus e C. zizanioides e allo stesso letto non vegetato (mediana 5.2 g m-2 d-1). L’impiego di M. giganteus e l’assenza di vegetazione hanno determinato emissioni significativamente maggiori di CH4 rispetto a quelle monitorate con C. papyrus. Alla fine dei due anni di sperimentazione tutti i letti vegetati hanno mostrato un bilancio positivo della CO2(eq) con i valori più positivi calcolati per A. donax (21.4 kg CO2(eq) m-2) mentre il sistema non vegetato ha mostrato una emissione netta in atmosfera di 5.5 kg CO2(eq) m-2. In Veneto, nell’impianto di fitodepurazione per il trattamento della frazione fluida del digestato proveniente da un impianto di digestione anaerobica di reflui zootecnici e colture dedicate, sebbene la P. australis e l’A. donax non hanno mostrato differenze significative nelle prestazioni depurative, quest’ultimo dopo lo sfalcio non ha ricacciato nel secondo anno di attività, determinando un incremento significativo nelle emissioni di CH4 rispetto ai vaori monitorati impiegando P. australis. La frazione fluida di digestato, caratterizzata da un buon contenuto di sostanza organica e di azoto, può essere considerata anche come una risorsa da valorizzare mediante una sua gestione agronomica in un contesto dove la disponibilità di suolo non è un fattore limitante e tenuto conto dei limiti di sversamento imposti dalla Direttiva 91/676/CEE del 12 dicembre 1991. Infatti l’intensiva fertilizzazione minerale e le profonde lavorazione dei suoli agrari, caratteristiche dell’agricoltura italiana della seconda metà del secolo scorso, hanno determinato alcune criticità agli agro-ecosistemi, fra cui la perdita di carbonio organico. L’apporto di sostanza organica al suolo e l’impiego di tecniche agronomiche volte a ridurre le emissioni di CO2, sia direttamente che indirettamente, possono rappresentare una valida risposta alla perdita di carbonio organico con un effetto positivo anche sull’ambiente. Tenuto conto di ciò, un ulteriore settore di indagine delle attività di ricerca del dottorato è stato quello di valutare l’effetto esercitato dall’applicazione della frazione fluida di digestato sulle emissioni di CO2 da suolo agrario in relazione ai seguenti fattori: 1) dalla tessitura del suolo (franco sabbiosa vs franco argillosa) e dalle lavorazioni preparatorie del terreno adottate (aratura vs rippatura) a seguito dello spandimento superficiale; 2) dalla profondità di interramento (10, 25 e 35 cm) a seguito dell’apporto al suolo del digestato tramite iniezione al suolo. I risultati ottenuti hanno mostrato, con entrambe le metodologie di applicazione, un picco di emissione di CO2 dopo un’ora dalla distribuzione ed emissioni che ritornano ai valori del suolo non ammendato dopo 3 giorni. Considerando la distribuzione in superficie, nelle due settimane successive allo spandimento, la tessitura franco sabbiosa ha determinato maggiori emissioni di CO2 rispetto alla tessitura franco argillosa mentre nessun effetto significativo ha mostrato il tipo di lavorazione preparatoria del terreno. L’iniezione al suolo del digestato ha determinato nella prima ora post-distribuzione flussi di CO2 in atmosfera con un andamento inverso alla profondità di interramento con minori emissioni al crescere della profondità.

Greenhouse gas emissions from constructed wetlands and agronomic management of urban wastewater and digestate

MAUCIERI, CARMELO
2015

Abstract

La consapevolezza e l'interesse verso l'impatto ambientale delle attività antropiche ha imposto la necessità di valutare in termini di emissione di gas ad effetto serra, oltre ai processi di produzione, anche i processi di gestione e smaltimento dei reflui prodotti. Per il trattamento delle acque reflue la fitodepurazione, una tecnologia a ridotto impatto ambientale con scarsi o nulli input energetici, si sta sempre più diffondendo come sistema di trattamento naturale applicabile in vari contesti urbani e/o produttivi. Essa si basa sulla riproduzione dei processi fisici, chimici e biologici di autodepurazione del sistema suolo-piante-microrganismi che caratterizzano gli habitat acquatici e le zone umide naturali. I processi depurativi, in larga parte operati dai microrganismi che si sviluppano nella rizosfera e che in questi sistemi contribuiscono alla riduzione del carico organico e azotato delle acque reflue, determinano il rilasciano in atmosfera di diversi composti gassosi alcuni dei quali ad effetto serra, in particolare anidride carbonica (CO2), metano (CH4) e protossido di azoto (N2O). La valutazione delle emissioni in atmosfera determinate da questi impianti, influenzate dalla tipologia impiantistica, dalla natura/tipologia dell'acqua reflua trattata e dalla presenza e specie vegetale impiegata, è studiata in Europa da circa 15 anni in impianti perlopiù siti nei Paesi del centro-nord, mentre poche sperimentazioni, e per lo più a scala di laboratorio, sono state condotte nell’area del Bacino del Mediterraneo; e con nessuno studio presso impianti di fitodepurazione Italiani. In considerazione di quanto sopra, scopo principale del lavoro di tesi è stato quello di valutare il ruolo delle diverse componenti dei sistemi di fitodepurazione maggiormente diffusi in Italia (in scala reale o pilota) nelle emissioni di gas serra. A tale scopo sono stati scelti due siti situati in due differenti contesti bioclimatici italiani, Sicilia e Veneto, che trattano rispettivamente acque reflue urbane e frazione fluida di digestato. Particolare attenzione è stata rivolta al ruolo della componente vegetale del sistema sulle emissioni studiando differenti specie adatte alla fitodepurazione (Arundo donax L., Phragmites australis (Cav.) Trin. ex Steud., Cyperus papyrus L., Chrysopogon zizanioides (L.) Roberty e Mischantus x giganteus Greef et Deu.). Relativamente alle specie vegetali indagate, i risultati ottenuti nel contesto siciliano, hanno mostrato emissioni di CO2 e CH4 specie-specifiche con flussi di CO2 significativamente maggiori (mediana 16.5 g m-2 d-1) in presenza di A. donax, M. giganteus e P. australis, rispetto a C. papyrus e C. zizanioides e allo stesso letto non vegetato (mediana 5.2 g m-2 d-1). L’impiego di M. giganteus e l’assenza di vegetazione hanno determinato emissioni significativamente maggiori di CH4 rispetto a quelle monitorate con C. papyrus. Alla fine dei due anni di sperimentazione tutti i letti vegetati hanno mostrato un bilancio positivo della CO2(eq) con i valori più positivi calcolati per A. donax (21.4 kg CO2(eq) m-2) mentre il sistema non vegetato ha mostrato una emissione netta in atmosfera di 5.5 kg CO2(eq) m-2. In Veneto, nell’impianto di fitodepurazione per il trattamento della frazione fluida del digestato proveniente da un impianto di digestione anaerobica di reflui zootecnici e colture dedicate, sebbene la P. australis e l’A. donax non hanno mostrato differenze significative nelle prestazioni depurative, quest’ultimo dopo lo sfalcio non ha ricacciato nel secondo anno di attività, determinando un incremento significativo nelle emissioni di CH4 rispetto ai vaori monitorati impiegando P. australis. La frazione fluida di digestato, caratterizzata da un buon contenuto di sostanza organica e di azoto, può essere considerata anche come una risorsa da valorizzare mediante una sua gestione agronomica in un contesto dove la disponibilità di suolo non è un fattore limitante e tenuto conto dei limiti di sversamento imposti dalla Direttiva 91/676/CEE del 12 dicembre 1991. Infatti l’intensiva fertilizzazione minerale e le profonde lavorazione dei suoli agrari, caratteristiche dell’agricoltura italiana della seconda metà del secolo scorso, hanno determinato alcune criticità agli agro-ecosistemi, fra cui la perdita di carbonio organico. L’apporto di sostanza organica al suolo e l’impiego di tecniche agronomiche volte a ridurre le emissioni di CO2, sia direttamente che indirettamente, possono rappresentare una valida risposta alla perdita di carbonio organico con un effetto positivo anche sull’ambiente. Tenuto conto di ciò, un ulteriore settore di indagine delle attività di ricerca del dottorato è stato quello di valutare l’effetto esercitato dall’applicazione della frazione fluida di digestato sulle emissioni di CO2 da suolo agrario in relazione ai seguenti fattori: 1) dalla tessitura del suolo (franco sabbiosa vs franco argillosa) e dalle lavorazioni preparatorie del terreno adottate (aratura vs rippatura) a seguito dello spandimento superficiale; 2) dalla profondità di interramento (10, 25 e 35 cm) a seguito dell’apporto al suolo del digestato tramite iniezione al suolo. I risultati ottenuti hanno mostrato, con entrambe le metodologie di applicazione, un picco di emissione di CO2 dopo un’ora dalla distribuzione ed emissioni che ritornano ai valori del suolo non ammendato dopo 3 giorni. Considerando la distribuzione in superficie, nelle due settimane successive allo spandimento, la tessitura franco sabbiosa ha determinato maggiori emissioni di CO2 rispetto alla tessitura franco argillosa mentre nessun effetto significativo ha mostrato il tipo di lavorazione preparatoria del terreno. L’iniezione al suolo del digestato ha determinato nella prima ora post-distribuzione flussi di CO2 in atmosfera con un andamento inverso alla profondità di interramento con minori emissioni al crescere della profondità.
29-gen-2015
Inglese
(emissioni di gas serra / greenhouse gas emissions) (constructed wetlands / impianti di fitodepurazione) (digestate / digestato) (soil CO2 emissions / emissioni di CO2 da suolo)
BORIN, MAURIZIO
BERTI, ANTONIO
Università degli studi di Padova
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Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPD-94075