Nel senso comune la pena detentiva è considerata un elemento inevitabile della società moderna, come strumento di segregazione per coloro che sono riconosciuti colpevoli di particolari reati. Tuttavia, il luogo della pena non è più identificato necessariamente con un edificio – la prigione – che assolve a tale funzione. I penitenziari sono afflitti dal sovraffollamento, che determina condizioni di vita inumane e degradanti per i detenuti, e sempre di più gli ordinamenti penali prevedono la possibilità di scontare una pena, o parte di essa, nella comunità, pur con alcune restrizioni. Il luogo della pena si sposta, dunque, fino ad invadere la sfera privata in quella che è stata definita “la prigione a casa”. L’esecuzione delle condanne penali non è esente dalla continua evoluzione delle tecnologie che caratterizza il nostro tempo. Nuove forme di controllo sono rese possibili per verificare la presenza di una persona in un luogo determinato o per controllare i suoi spostamenti sul territorio. L’utilizzo del cosiddetto ‘braccialetto elettronico’ per le attività di sorveglianza in campo penale è previsto in gran parte degli ordinamenti europei dagli anni Novanta del secolo scorso. In Italia questo strumento di controllo è stato introdotto nel 2001, con scarso successo e suscitando numerose critiche a causa degli alti costi di gestione. Questa ricerca, condotta anche attraverso un soggiorno in Francia e in Scozia dove sono stati intervistati giudici, operatori penitenziari, operatori di probation e detenuti, intende analizzare le modalità di utilizzo del braccialetto elettronico in campo penale in Europa per trarre indicazioni utili su come migliorare l’uso di tale strumento in Italia, per aumentare il ricorso alle misure e sanzioni alternative al carcere mantenendo livelli adeguati di sicurezza.
Il braccialetto elettronico nelle misure alternative al carcere: l’esperienza italiana ed europea
LEONARDI, FABRIZIO
2014
Abstract
Nel senso comune la pena detentiva è considerata un elemento inevitabile della società moderna, come strumento di segregazione per coloro che sono riconosciuti colpevoli di particolari reati. Tuttavia, il luogo della pena non è più identificato necessariamente con un edificio – la prigione – che assolve a tale funzione. I penitenziari sono afflitti dal sovraffollamento, che determina condizioni di vita inumane e degradanti per i detenuti, e sempre di più gli ordinamenti penali prevedono la possibilità di scontare una pena, o parte di essa, nella comunità, pur con alcune restrizioni. Il luogo della pena si sposta, dunque, fino ad invadere la sfera privata in quella che è stata definita “la prigione a casa”. L’esecuzione delle condanne penali non è esente dalla continua evoluzione delle tecnologie che caratterizza il nostro tempo. Nuove forme di controllo sono rese possibili per verificare la presenza di una persona in un luogo determinato o per controllare i suoi spostamenti sul territorio. L’utilizzo del cosiddetto ‘braccialetto elettronico’ per le attività di sorveglianza in campo penale è previsto in gran parte degli ordinamenti europei dagli anni Novanta del secolo scorso. In Italia questo strumento di controllo è stato introdotto nel 2001, con scarso successo e suscitando numerose critiche a causa degli alti costi di gestione. Questa ricerca, condotta anche attraverso un soggiorno in Francia e in Scozia dove sono stati intervistati giudici, operatori penitenziari, operatori di probation e detenuti, intende analizzare le modalità di utilizzo del braccialetto elettronico in campo penale in Europa per trarre indicazioni utili su come migliorare l’uso di tale strumento in Italia, per aumentare il ricorso alle misure e sanzioni alternative al carcere mantenendo livelli adeguati di sicurezza.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/94296
URN:NBN:IT:UNIROMA1-94296