La sifilide è una malattia infiammatoria cronica trasmessa dalla spirocheta Treponema pallidum. Il batterio è spesso trasmesso attraverso contatto diretto, generalmente sessuale; la malattia è diffusa a livello mondiale e rappresenta ancora oggi un importante problema sanitario globale. La sifilide è, infatti, la principale malattia a trasmissione sessuale, specialmente nei paesi in via di sviluppo, un crescente numero di nuovi casi è comunque stato riscontrato anche in USA e in Europa. La sifilide è una malattia progressiva e multistadio con manifestazioni cliniche diverse e ad ampio raggio. La sifilide è una malattia in continua evoluzione ed è caratterizzata da tre stadi principali. Nel primo stadio, una papula rossastra appare nel sito d’ infezione, generalmente i genitali. Entro i primi giorni, la papula tende ad ulcerare, dando origine alla chancre tipica della sifilide primaria, una lesione indolore contenente un alto numero di treponemi. La chancre è inoltre accompagnata da linfoadenopatia regionale. Se la malattia non è trattata, i batteri possono proliferare all’interno della chancre e, attraverso la via linfatica, raggiungere il flusso sanguigno dal quale disseminano in tutto l’organismo dando così origine alla sifilide secondaria: questa rappresenta il secondo stadio della malattia ed ha carattere sistemico. Nei pazienti non trattati, i sintomi possono rimanere assenti per un periodo variabile di tempo denominato sifilide latente. Successivamente, un terzo dei pazienti non sottoposti a trattamento può sviluppare i sintomi dell’ultimo stadio della sifilide; la sifilide terziaria. La sifilide terziaria può essere a sua volta suddivisa in gomma sifilitica, neurosifilide e sifilide cardiovascolare. Questa malattia può essere curata attraverso una semplice terapia antibiotica ma, se non adeguatamente trattata, può portare alla morte del paziente. Ad oggi non sono ancora disponibili vaccini volti a prevenire la sifilide, in particolare la difficoltà di coltivare T. palliudm in vitro rende complicato lo studio di questo patogeno e, quindi, l’identificazione dei suoi fattori di virulenza. Il meccanismo attraverso cui il batterio provoca le tipiche manifestazioni cliniche che accompagnano i differenti stadi della malattia risulta, ancora, perlopiù sconosciuto, ad ogni modo è stato dimostrato che T. pallidum è in grado di invadere e sopravvivere in un’ampia varietà di tessuti e organi e che promuove la formazione di nuovi vasi sanguigni. L’angiogenesi potrebbe avere un ruolo cruciale nella patogenesi della sifilide almeno per due ragioni: i) il batterio ha limitate capacità metaboliche, dunque è probabile che esso richieda supporto dall’ospite e che derivi la maggior parte delle macromolecole essenziali dal sangue. ii) l’aumento della permeabilità vascolare è una delle prime fasi dell’angiogenesi e l’organismo potrebbe trarne vantaggio per accedere e uscire dal circolo sanguigno, portando ad una diffusione sistemica della malattia. Un’ulteriore caratteristica distintiva della sifilide risiede nella capacità di diventare cronica nei pazienti non trattati, una condizione che probabilmente riflette l’abilità del batterio nell’indurre una risposta T regolatoria la quale, a sua volta, può indurre l’indebolimento degli effettori della risposta immunitaria dell’ospite contro il patogeno. A tal proposito abbiamo recentemente dimostrato che la batterioferritina TpF1, uno dei principali antigeni di T. pallidum, gioca un ruolo fondamentale nel dirigere questa risposta immunitaria soppressiva, modulando il rilascio di specifiche citochine da parte dei monociti. TpF1 è una proteina omologa ad un altro antigene immunomodulante prodotto dal batterio Helicobacter pylori e chiamata HP-NAP. Entrambe queste proteine appartengono alla famiglia Dps-like, un gruppo variegato di mininferritine batteriche caratterizzate da una struttura dodecamerica approssimativamente sferica. HP-NAP, oltre ad interagire con neutrofili, monociti, cellule dendritiche e a modulare la loro attività (analogamente a TpF1), sono in grado di legare le cellule endoteliali nelle quali sono poi internalizzate per transcitosi. Considerando dunque l’omologia esistente tra HP-NAP e TpF1, e considerando che l’angiogenesi è una caratteristica peculiare della sifilide secondaria, ci siamo chiesti se TpF1 potesse interagire con le cellule endoteliali e promuovere la loro proliferazione. Abbiamo dimostrato in primo luogo come TpF1 induca la proliferazione e la migrazione di cellule endoteliali umane (HUVEC); inoltre, la proteina è in grado di attivare le cellule endoteliali promuovendo la formazione di strutture simil-capillari in vitro attraverso l’induzione di marcate modifiche nella distribuzione cellulare e nella formazione di tubuli assemblati mediante l’elongazione e la giunzione delle cellule; un simile comportamento è stato osservato anche in presenze del VEGF. Al fine di comprendere il meccanismo alla base dell’attività di TpF1, abbiamo considerato la possibilità di un effetto indiretto mediato dal VEGF o da IL-8, entrambi fattori pro-angiogenici. Abbiamo escluso qualsiasi contributo del VEGF; quest’ultimo non viene rilasciato dalle cellule endoteliali in seguito al trattamento con TpF1. Al contrario, abbiamo osservato che la stimolazione con TpF1 promuove il rilascio di IL-8, in particolare, l’inibizione di tale citochina previene fortemente l’azione angiogenica indotta dalla proteina batterica inibendo la proliferazione cellulare, la migrazione e la formazione di strutture tubulari. Abbiamo inoltre osservato che la secrezione di IL-8 risiede nella produzione di cAMP, prodotto dall’adenilato ciclasi, il quale è in grado di indurre l’espressione genica attraverso l’attivazione dei due fattori di trascrizione NF-κB e CREB (cAMP response element-binding protein). Infine abbiamo verificato che TpF1 induce la formazione di nuovi vasi sanguigni in vivo, in un modello di zebrafish. Inoltre, TpF1 promuove anche in zebrafish l’espressione genica di IL-8 suggerendo dunque, anche in vivo, un ruolo per questa chemochina nel processo angiogenico indotto da TpF1.
Angiogenesis in secondary syphilis: role of the bacterioferritin TpF1, antigen of Treponema pallidum
POZZOBON, TOMMASO
2015
Abstract
La sifilide è una malattia infiammatoria cronica trasmessa dalla spirocheta Treponema pallidum. Il batterio è spesso trasmesso attraverso contatto diretto, generalmente sessuale; la malattia è diffusa a livello mondiale e rappresenta ancora oggi un importante problema sanitario globale. La sifilide è, infatti, la principale malattia a trasmissione sessuale, specialmente nei paesi in via di sviluppo, un crescente numero di nuovi casi è comunque stato riscontrato anche in USA e in Europa. La sifilide è una malattia progressiva e multistadio con manifestazioni cliniche diverse e ad ampio raggio. La sifilide è una malattia in continua evoluzione ed è caratterizzata da tre stadi principali. Nel primo stadio, una papula rossastra appare nel sito d’ infezione, generalmente i genitali. Entro i primi giorni, la papula tende ad ulcerare, dando origine alla chancre tipica della sifilide primaria, una lesione indolore contenente un alto numero di treponemi. La chancre è inoltre accompagnata da linfoadenopatia regionale. Se la malattia non è trattata, i batteri possono proliferare all’interno della chancre e, attraverso la via linfatica, raggiungere il flusso sanguigno dal quale disseminano in tutto l’organismo dando così origine alla sifilide secondaria: questa rappresenta il secondo stadio della malattia ed ha carattere sistemico. Nei pazienti non trattati, i sintomi possono rimanere assenti per un periodo variabile di tempo denominato sifilide latente. Successivamente, un terzo dei pazienti non sottoposti a trattamento può sviluppare i sintomi dell’ultimo stadio della sifilide; la sifilide terziaria. La sifilide terziaria può essere a sua volta suddivisa in gomma sifilitica, neurosifilide e sifilide cardiovascolare. Questa malattia può essere curata attraverso una semplice terapia antibiotica ma, se non adeguatamente trattata, può portare alla morte del paziente. Ad oggi non sono ancora disponibili vaccini volti a prevenire la sifilide, in particolare la difficoltà di coltivare T. palliudm in vitro rende complicato lo studio di questo patogeno e, quindi, l’identificazione dei suoi fattori di virulenza. Il meccanismo attraverso cui il batterio provoca le tipiche manifestazioni cliniche che accompagnano i differenti stadi della malattia risulta, ancora, perlopiù sconosciuto, ad ogni modo è stato dimostrato che T. pallidum è in grado di invadere e sopravvivere in un’ampia varietà di tessuti e organi e che promuove la formazione di nuovi vasi sanguigni. L’angiogenesi potrebbe avere un ruolo cruciale nella patogenesi della sifilide almeno per due ragioni: i) il batterio ha limitate capacità metaboliche, dunque è probabile che esso richieda supporto dall’ospite e che derivi la maggior parte delle macromolecole essenziali dal sangue. ii) l’aumento della permeabilità vascolare è una delle prime fasi dell’angiogenesi e l’organismo potrebbe trarne vantaggio per accedere e uscire dal circolo sanguigno, portando ad una diffusione sistemica della malattia. Un’ulteriore caratteristica distintiva della sifilide risiede nella capacità di diventare cronica nei pazienti non trattati, una condizione che probabilmente riflette l’abilità del batterio nell’indurre una risposta T regolatoria la quale, a sua volta, può indurre l’indebolimento degli effettori della risposta immunitaria dell’ospite contro il patogeno. A tal proposito abbiamo recentemente dimostrato che la batterioferritina TpF1, uno dei principali antigeni di T. pallidum, gioca un ruolo fondamentale nel dirigere questa risposta immunitaria soppressiva, modulando il rilascio di specifiche citochine da parte dei monociti. TpF1 è una proteina omologa ad un altro antigene immunomodulante prodotto dal batterio Helicobacter pylori e chiamata HP-NAP. Entrambe queste proteine appartengono alla famiglia Dps-like, un gruppo variegato di mininferritine batteriche caratterizzate da una struttura dodecamerica approssimativamente sferica. HP-NAP, oltre ad interagire con neutrofili, monociti, cellule dendritiche e a modulare la loro attività (analogamente a TpF1), sono in grado di legare le cellule endoteliali nelle quali sono poi internalizzate per transcitosi. Considerando dunque l’omologia esistente tra HP-NAP e TpF1, e considerando che l’angiogenesi è una caratteristica peculiare della sifilide secondaria, ci siamo chiesti se TpF1 potesse interagire con le cellule endoteliali e promuovere la loro proliferazione. Abbiamo dimostrato in primo luogo come TpF1 induca la proliferazione e la migrazione di cellule endoteliali umane (HUVEC); inoltre, la proteina è in grado di attivare le cellule endoteliali promuovendo la formazione di strutture simil-capillari in vitro attraverso l’induzione di marcate modifiche nella distribuzione cellulare e nella formazione di tubuli assemblati mediante l’elongazione e la giunzione delle cellule; un simile comportamento è stato osservato anche in presenze del VEGF. Al fine di comprendere il meccanismo alla base dell’attività di TpF1, abbiamo considerato la possibilità di un effetto indiretto mediato dal VEGF o da IL-8, entrambi fattori pro-angiogenici. Abbiamo escluso qualsiasi contributo del VEGF; quest’ultimo non viene rilasciato dalle cellule endoteliali in seguito al trattamento con TpF1. Al contrario, abbiamo osservato che la stimolazione con TpF1 promuove il rilascio di IL-8, in particolare, l’inibizione di tale citochina previene fortemente l’azione angiogenica indotta dalla proteina batterica inibendo la proliferazione cellulare, la migrazione e la formazione di strutture tubulari. Abbiamo inoltre osservato che la secrezione di IL-8 risiede nella produzione di cAMP, prodotto dall’adenilato ciclasi, il quale è in grado di indurre l’espressione genica attraverso l’attivazione dei due fattori di trascrizione NF-κB e CREB (cAMP response element-binding protein). Infine abbiamo verificato che TpF1 induce la formazione di nuovi vasi sanguigni in vivo, in un modello di zebrafish. Inoltre, TpF1 promuove anche in zebrafish l’espressione genica di IL-8 suggerendo dunque, anche in vivo, un ruolo per questa chemochina nel processo angiogenico indotto da TpF1.File | Dimensione | Formato | |
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URN:NBN:IT:UNIPD-95224