Background. Nelle società sviluppate le principali cause di morte sono rappresentate da malattie degenerative e, sempre più spesso, pazienti ricoverati nelle terapie intensive rimangono in coma o in fase terminale per tempi anche molto lunghi. In questo contesto, le decisioni cliniche da assumere alla fine della vita divengono sempre più complesse, coinvolgendo aspetti medici, psicologici ed etici. La riflessione multidisciplinare su tali problemi ha incrementato l’interesse verso il fine vita in ambito nazionale e internazionale, evidenziando importanti cambiamenti nel pensiero comune e alcune differenze di approccio a tali argomenti da parte dei medici italiani rispetto ai colleghi europei e/o americani. Temi quali le decisioni di fine vita, le cure e i trattamenti da amministrare in fase terminale, il rispetto delle direttive anticipate sono sempre più presenti in letteratura. Restano tuttavia esigui i lavori in ambito geriatrico, in particolar modo in Italia. Scopi. Lo studio E.L.D.Y. (End of Life Decision studY) si propone di: indagare la tipologia e la frequenza delle decisioni assunte nella pratica clinica durante la fase finale della vita dei pazienti, da parte di Medici e Infermieri, impegnati prevalentemente in ambito geriatrico, in Veneto, Trentino-Alto Adige e Marche; identificare le opinioni riguardanti la fine vita dei professionisti impegnati nell’assistenza al paziente anziano; identificare la presenza di eventuali associazioni tra le differenti opinioni in tema di decisioni di fine vita e alcune caratteristiche professionali e personali dei rispondenti; confrontare i risultati ottenuti dal nostro studio con analoghi studi precedentemente condotti sia nel contesto europeo che in quello italiano. Materiali e Metodi. Attraverso un articolato lavoro multidisciplinare è stato elaborato un nuovo questionario che ha tenuto in considerazione le critiche rivolte a precedenti studi nazionali ed internazionali. Lo strumento è stato inviato a circa 6000 tra Medici, Infermieri, Operatori Socio-Sanitari, Psicologi e altro personale delle unità operative di assistenza al paziente anziano in Veneto, Trentino Alto-Adige e Marche. Il questionario era costituito da tre parti: la prima, compilabile solo da Medici e Infermieri, riguardante le decisioni assunte in riferimento all’ultimo decesso cui il professionista ha assistito; la seconda parte, destinata a tutto il personale socio-sanitario, volta ad indagare le opinioni sul fine vita; nella terza parte venivano rilevate alcune caratteristiche generali del professionista. Risultati. Hanno risposto al questionario 1545 professionisti socio-sanitari: 301 Medici (MD), 788 Infermieri (IP), 231 Operatori Socio-Sanitari, 108 Psicologi e 117 che svolgevano altre professioni. I questionari che rispondevano ai criteri di selezione per l’analisi statistica erano 680 per le decisioni assunte e 1425 per le opinioni dichiarate. Nel complesso sono emerse 161 decisioni di porre fine alla vita (il 24% dei decessi avvenuti in modo non improvviso ai quali medici e infermieri hanno assistito), suddivise in 141 decisioni di non trattamento e 20 casi di morte medicalmente assistita. Di questi, 2 sono configurabili come eutanasia (MD: 1 e IP: 1) e 16 come casi di soppressione della vita senza esplicita richiesta del paziente (MD: 3 e IP: 13). In totale, l’1.4% dei medici afferma di essere intervenuto in maniera diretta ed intenzionale per anticipare la fine della vita. Il 50% dei medici ha affermato di aver iniziato o non interrotto un trattamento, tenendo in considerazione la possibilità che questo atto potesse prolungare la vita del paziente; il 31%, invece, ha dichiarato di non aver iniziato o di aver interrotto un trattamento tenendo in considerazione la possibilità che questo atto potesse anticipare la morte del paziente già in fase terminale. Per quanto riguarda invece le opinioni, solo una minoranza (il 26%) di medici e infermieri concorda con principio dell’indisponibilità della vita, mentre la maggioranza (76%) è favorevole al “diritto del paziente di decidere” sulla possibilità di anticipare la fine della vita. Circa la metà (52%) ritiene che sia accettabile l’uso di farmaci in dosi letali su esplicita richiesta di un paziente terminale con sofferenza intollerabile. Il 60% ritiene che le direttive anticipate vadano sempre rispettate, anche se questo dovesse anticipare la fine della vita. Infine, il fatto di aver diviso gli item relativi a nutrizione e idratazione artificiale ha permesso di osservare che la seconda viene somministrata con maggiore frequenza rispetto alla prima, facendo presumere che la sola idratazione artificiale venga considerata un trattamento ordinario di base. Relativamente alla comunicazione, i risultati indicano una maggiore propensione dei medici a discutere di diverse tematiche assistenziali con i parenti piuttosto che con i pazienti, diversamente da quanto avviene in ambito europeo. Passando alle differenze tra operatori, le principali riguardano le risposte degli psicologi. Gli psicologi del nostro studio, quasi tutti provenienti dal Triveneto, in modo coerente con il loro ruolo lavorativo attribuiscono particolare importanza a temi quali la comunicazione con il paziente, il rispetto delle sue indicazioni e il valore dell’ascolto nella relazione con i parenti. Le principali differenze legate alla provenienza geografica dei professionisti riguardano invece la somministrazione di trattamenti quali nutrizione artificiale, dialisi e ventilazione, che viene considerata più irrinunciabile nelle Marche che nel Triveneto Conclusioni. Il lavoro condotto presenta alcuni limiti: i dati riguardano tre Regioni italiane, due del Nord Italia e una del Centro, e pertanto in futuro sarà utile estendere l’indagine ad altre Regioni italiane ed eventualmente ad altre nazioni; molte delle nostre variabili riguardano le opinioni dei rispondenti e non solo gli effettivi comportamenti attuati. Nonostante questi limiti, il presente lavoro è sicuramente utile per fornire indicazioni circa fondamentali problematiche cliniche, assistenziali, psicologiche ed etiche che il fine vita propone ai professionisti sanitari. Inoltre, viste le elevate percentuali di coloro che hanno dichiarato interesse nella compilazione delle risposte e l’assenza di critiche significative raccolte, si può concludere che sia stato raggiunto l’obiettivo di creare uno nuovo strumento che indaghi efficacemente le pratiche e le opinioni relative al fine vita in ambito italiano.

Professionisti sanitari e cura del fine vita: lo studio E.L.D.Y. (End of Life Decisions studY)

VALENTINI, ELISABETTA
2014

Abstract

Background. Nelle società sviluppate le principali cause di morte sono rappresentate da malattie degenerative e, sempre più spesso, pazienti ricoverati nelle terapie intensive rimangono in coma o in fase terminale per tempi anche molto lunghi. In questo contesto, le decisioni cliniche da assumere alla fine della vita divengono sempre più complesse, coinvolgendo aspetti medici, psicologici ed etici. La riflessione multidisciplinare su tali problemi ha incrementato l’interesse verso il fine vita in ambito nazionale e internazionale, evidenziando importanti cambiamenti nel pensiero comune e alcune differenze di approccio a tali argomenti da parte dei medici italiani rispetto ai colleghi europei e/o americani. Temi quali le decisioni di fine vita, le cure e i trattamenti da amministrare in fase terminale, il rispetto delle direttive anticipate sono sempre più presenti in letteratura. Restano tuttavia esigui i lavori in ambito geriatrico, in particolar modo in Italia. Scopi. Lo studio E.L.D.Y. (End of Life Decision studY) si propone di: indagare la tipologia e la frequenza delle decisioni assunte nella pratica clinica durante la fase finale della vita dei pazienti, da parte di Medici e Infermieri, impegnati prevalentemente in ambito geriatrico, in Veneto, Trentino-Alto Adige e Marche; identificare le opinioni riguardanti la fine vita dei professionisti impegnati nell’assistenza al paziente anziano; identificare la presenza di eventuali associazioni tra le differenti opinioni in tema di decisioni di fine vita e alcune caratteristiche professionali e personali dei rispondenti; confrontare i risultati ottenuti dal nostro studio con analoghi studi precedentemente condotti sia nel contesto europeo che in quello italiano. Materiali e Metodi. Attraverso un articolato lavoro multidisciplinare è stato elaborato un nuovo questionario che ha tenuto in considerazione le critiche rivolte a precedenti studi nazionali ed internazionali. Lo strumento è stato inviato a circa 6000 tra Medici, Infermieri, Operatori Socio-Sanitari, Psicologi e altro personale delle unità operative di assistenza al paziente anziano in Veneto, Trentino Alto-Adige e Marche. Il questionario era costituito da tre parti: la prima, compilabile solo da Medici e Infermieri, riguardante le decisioni assunte in riferimento all’ultimo decesso cui il professionista ha assistito; la seconda parte, destinata a tutto il personale socio-sanitario, volta ad indagare le opinioni sul fine vita; nella terza parte venivano rilevate alcune caratteristiche generali del professionista. Risultati. Hanno risposto al questionario 1545 professionisti socio-sanitari: 301 Medici (MD), 788 Infermieri (IP), 231 Operatori Socio-Sanitari, 108 Psicologi e 117 che svolgevano altre professioni. I questionari che rispondevano ai criteri di selezione per l’analisi statistica erano 680 per le decisioni assunte e 1425 per le opinioni dichiarate. Nel complesso sono emerse 161 decisioni di porre fine alla vita (il 24% dei decessi avvenuti in modo non improvviso ai quali medici e infermieri hanno assistito), suddivise in 141 decisioni di non trattamento e 20 casi di morte medicalmente assistita. Di questi, 2 sono configurabili come eutanasia (MD: 1 e IP: 1) e 16 come casi di soppressione della vita senza esplicita richiesta del paziente (MD: 3 e IP: 13). In totale, l’1.4% dei medici afferma di essere intervenuto in maniera diretta ed intenzionale per anticipare la fine della vita. Il 50% dei medici ha affermato di aver iniziato o non interrotto un trattamento, tenendo in considerazione la possibilità che questo atto potesse prolungare la vita del paziente; il 31%, invece, ha dichiarato di non aver iniziato o di aver interrotto un trattamento tenendo in considerazione la possibilità che questo atto potesse anticipare la morte del paziente già in fase terminale. Per quanto riguarda invece le opinioni, solo una minoranza (il 26%) di medici e infermieri concorda con principio dell’indisponibilità della vita, mentre la maggioranza (76%) è favorevole al “diritto del paziente di decidere” sulla possibilità di anticipare la fine della vita. Circa la metà (52%) ritiene che sia accettabile l’uso di farmaci in dosi letali su esplicita richiesta di un paziente terminale con sofferenza intollerabile. Il 60% ritiene che le direttive anticipate vadano sempre rispettate, anche se questo dovesse anticipare la fine della vita. Infine, il fatto di aver diviso gli item relativi a nutrizione e idratazione artificiale ha permesso di osservare che la seconda viene somministrata con maggiore frequenza rispetto alla prima, facendo presumere che la sola idratazione artificiale venga considerata un trattamento ordinario di base. Relativamente alla comunicazione, i risultati indicano una maggiore propensione dei medici a discutere di diverse tematiche assistenziali con i parenti piuttosto che con i pazienti, diversamente da quanto avviene in ambito europeo. Passando alle differenze tra operatori, le principali riguardano le risposte degli psicologi. Gli psicologi del nostro studio, quasi tutti provenienti dal Triveneto, in modo coerente con il loro ruolo lavorativo attribuiscono particolare importanza a temi quali la comunicazione con il paziente, il rispetto delle sue indicazioni e il valore dell’ascolto nella relazione con i parenti. Le principali differenze legate alla provenienza geografica dei professionisti riguardano invece la somministrazione di trattamenti quali nutrizione artificiale, dialisi e ventilazione, che viene considerata più irrinunciabile nelle Marche che nel Triveneto Conclusioni. Il lavoro condotto presenta alcuni limiti: i dati riguardano tre Regioni italiane, due del Nord Italia e una del Centro, e pertanto in futuro sarà utile estendere l’indagine ad altre Regioni italiane ed eventualmente ad altre nazioni; molte delle nostre variabili riguardano le opinioni dei rispondenti e non solo gli effettivi comportamenti attuati. Nonostante questi limiti, il presente lavoro è sicuramente utile per fornire indicazioni circa fondamentali problematiche cliniche, assistenziali, psicologiche ed etiche che il fine vita propone ai professionisti sanitari. Inoltre, viste le elevate percentuali di coloro che hanno dichiarato interesse nella compilazione delle risposte e l’assenza di critiche significative raccolte, si può concludere che sia stato raggiunto l’obiettivo di creare uno nuovo strumento che indaghi efficacemente le pratiche e le opinioni relative al fine vita in ambito italiano.
2014
Inglese
fine vita; professionisti sanitari; opinioni; decisioni di fine vita
MANZATO, ENZO
BARITUSSIO, ALDO
Università degli studi di Padova
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/95317
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPD-95317