Diversi interventi di dottrina e di prassi hanno recentemente portato all’attenzione degli interpreti un nuovo e particolare atteggiarsi dell’attività negoziale dei privati, definito di ‘riqualificazione causale’ di precedenti donazioni. Pur nella varietà delle strutture in cui tale attività ha trovato proiezione, in ragione delle diverse ricostruzioni proposte, può senz’altro affermarsi che esso affondi le proprie radici nell’idea di un potere dei privati di definire il significato giuridico della propria condotta; quel potere che la teorica del procedimento giuridico ha definito, sin dalle sue prime elaborazioni, come potere di configurazione. È, quindi, obiettivo dello studio concentrare l’attenzione sui presupposti e sui limiti di ammissibilità di quell’atto negoziale, oggetto di tali proposte, attraverso la cui implementazione si vuole consentire ai privati di riqualificare (per esempio, a titolo di vendita o come attribuzione interna ad un patto di famiglia) situazioni giuridiche soggettive aventi origine da un precedente negozio, già recepito dall’ordinamento nella veste di donazione, così portando alle sue più estreme applicazioni quella stessa idea di potere configurativo, in origine confinata all’interno della materia dei procedimenti di formazione del contratto. In questa prospettiva, il lavoro prende avvio ripercorrendo l’evoluzione del concetto di accordo di configurazione, svolgendo una ricognizione delle teorie che ne hanno offerto la prima elaborazione, nel contesto dello studio del procedimento nel diritto privato, nonché delle più recenti posizioni dottrinali, che ne hanno declinato l’utilizzo nei termini di negozio configurativo della causa negoziale, al fine di individuare, in particolare, quali profili di maggiore criticità richiedano l’attenzione dell’interprete. Ricostruito l’intento empirico alla base dell’ipotizzato ‘negozio di qualificazione’ come volontà di soddisfare un sopravvenuto conflitto di interessi mediante la modifica della disciplina di situazioni giuridiche preesistenti, il lavoro prosegue cercando, in primo luogo, di segnare i contorni della figura in negativo, attraverso una più precisa delimitazione dei suoi confini rispetto ad altre figure che vi sono affini o che ad essa si sovrappongono (quali in particolare il negozio novativo, la dichiarazione ricognitiva – soprattutto nella forma della c.d. expressio causae – e il negozio modificativo). Successivamente, l’indagine si focalizza sugli indici di diritto positivo (quali gli artt. 1252, 1352, 1526 e 2420-bis c.c.) che, di un simile intento empirico, possano fondare un riconoscimento normativo. Tale percorso di ricerca conduce ad affermare la legittimità di un atto negoziale che, per conseguire un determinato assetto di interessi, si limiti a modificare la disciplina di situazioni giuridiche preesistenti, sebbene entro i limiti segnati, da un lato, dalla necessità che la disciplina corrispondente all’assetto di interessi di cui si voglia dettare la qualificazione non richieda la contestuale produzione di vicende di situazioni giuridiche, e, dall’altro, che tale disciplina si presenti compatibile con quella originariamente dettata per le situazioni giuridiche oggetto di qualificazione (ravvisandosi, diversamente, un intento diretto anche alla previa rimozione della regola incompatibile). Alla luce di tali risultati, il lavoro si chiude con la verifica, in primo luogo, della possibilità, in generale, di applicare il modello individuato anche alla qualificazione di situazioni giuridiche nascenti da condotte negoziali, e, in secondo luogo, della correttezza, nello specifico, delle recenti proposte dottrinali in tema di riqualificazione delle donazioni.
La "riqualificazione" delle donazioni. Ai confini del potere configurato
LAPIS, DAVIDE
2018
Abstract
Diversi interventi di dottrina e di prassi hanno recentemente portato all’attenzione degli interpreti un nuovo e particolare atteggiarsi dell’attività negoziale dei privati, definito di ‘riqualificazione causale’ di precedenti donazioni. Pur nella varietà delle strutture in cui tale attività ha trovato proiezione, in ragione delle diverse ricostruzioni proposte, può senz’altro affermarsi che esso affondi le proprie radici nell’idea di un potere dei privati di definire il significato giuridico della propria condotta; quel potere che la teorica del procedimento giuridico ha definito, sin dalle sue prime elaborazioni, come potere di configurazione. È, quindi, obiettivo dello studio concentrare l’attenzione sui presupposti e sui limiti di ammissibilità di quell’atto negoziale, oggetto di tali proposte, attraverso la cui implementazione si vuole consentire ai privati di riqualificare (per esempio, a titolo di vendita o come attribuzione interna ad un patto di famiglia) situazioni giuridiche soggettive aventi origine da un precedente negozio, già recepito dall’ordinamento nella veste di donazione, così portando alle sue più estreme applicazioni quella stessa idea di potere configurativo, in origine confinata all’interno della materia dei procedimenti di formazione del contratto. In questa prospettiva, il lavoro prende avvio ripercorrendo l’evoluzione del concetto di accordo di configurazione, svolgendo una ricognizione delle teorie che ne hanno offerto la prima elaborazione, nel contesto dello studio del procedimento nel diritto privato, nonché delle più recenti posizioni dottrinali, che ne hanno declinato l’utilizzo nei termini di negozio configurativo della causa negoziale, al fine di individuare, in particolare, quali profili di maggiore criticità richiedano l’attenzione dell’interprete. Ricostruito l’intento empirico alla base dell’ipotizzato ‘negozio di qualificazione’ come volontà di soddisfare un sopravvenuto conflitto di interessi mediante la modifica della disciplina di situazioni giuridiche preesistenti, il lavoro prosegue cercando, in primo luogo, di segnare i contorni della figura in negativo, attraverso una più precisa delimitazione dei suoi confini rispetto ad altre figure che vi sono affini o che ad essa si sovrappongono (quali in particolare il negozio novativo, la dichiarazione ricognitiva – soprattutto nella forma della c.d. expressio causae – e il negozio modificativo). Successivamente, l’indagine si focalizza sugli indici di diritto positivo (quali gli artt. 1252, 1352, 1526 e 2420-bis c.c.) che, di un simile intento empirico, possano fondare un riconoscimento normativo. Tale percorso di ricerca conduce ad affermare la legittimità di un atto negoziale che, per conseguire un determinato assetto di interessi, si limiti a modificare la disciplina di situazioni giuridiche preesistenti, sebbene entro i limiti segnati, da un lato, dalla necessità che la disciplina corrispondente all’assetto di interessi di cui si voglia dettare la qualificazione non richieda la contestuale produzione di vicende di situazioni giuridiche, e, dall’altro, che tale disciplina si presenti compatibile con quella originariamente dettata per le situazioni giuridiche oggetto di qualificazione (ravvisandosi, diversamente, un intento diretto anche alla previa rimozione della regola incompatibile). Alla luce di tali risultati, il lavoro si chiude con la verifica, in primo luogo, della possibilità, in generale, di applicare il modello individuato anche alla qualificazione di situazioni giuridiche nascenti da condotte negoziali, e, in secondo luogo, della correttezza, nello specifico, delle recenti proposte dottrinali in tema di riqualificazione delle donazioni.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/95875
URN:NBN:IT:UNIPD-95875