The aim of this dissertation is to investigate the faculty of reason in its distinction from the faculty of understanding, as analysed by Kant in the Transcendental Dialectic of the First Critique. Recently, a “constructive” view of the Dialectic gained favor in literature, contrasting the traditional depreciation of the Dialectic as mere pars destruens of the First Critique. The background of my analysis is the lively debate that has allowed this re-evaluation to emerge. More specifically, my dissertation highlights how, in the Dialectic, traditional metaphysics is not overcome. Rather, it is reformed by Kant through the regulative use of reason. The way in which Kant describes the regulative use of reason, however, is far from straightforward. I will therefore deal with one of the most controversial points of the Dialectic, concerning the ambiguous attribution of the regulative use either to the logical use of reason or to its real (also called “pure”) use. According to the first hypothesis, the only legitimate use attributed to reason would consist in its logical capacity to form syllogisms. In this sense, reason would differ from the faculty of the understanding, which is responsible for the production of judgements, only in a quantitative way, since syllogisms are mere compositions of several judgements. According to the second hypothesis, the recognition of a legitimacy to the real use of reason, which broadens its power from simply assembling logical syllogisms to the production of ideas (first and foremost the idea of the unconditioned), allows a qualitative distinction to be established between understanding and reason, as a faculty of the autonomous production of its own concepts and, consequently, endowed with a specific role in the constitution of experience. Supporting this latter interpretative hypothesis, my dissertation aims to show how the qualitative distinction between understanding and reason constitutes one of the cornerstones of the critical turn. Such a distinction, absent in the pre-critical writings, enables indeed the determination of the boundaries within which knowledge is possible in the Critique of Pure Reason, as required by Criticism. In particular, it is the attribution of a real use to the faculty of reason – which is specifics of reason, and is not shared with the understanding – that makes knowledge of boundaries possible, despite the fact that the same use is responsible for dogmatic metaphysics. From this point of view, the possibility of real, regulative use highlights the relationship between criticism and metaphysics, in which the former does not abolish but reforms the latter.

L’obiettivo della presente ricerca è lo studio della facoltà della ragione, analizzata da Kant nella Dialettica trascendentale della Critica della ragion pura, nella sua distinzione rispetto alla facoltà dell’intelletto. Tale analisi si inserisce all’interno di una corrente interpretativa particolarmente viva negli ultimi anni, che ha sviluppato un’interpretazione “costruttiva” della Dialettica, superandone la tradizionale svalutazione a mera pars destruens della prima Critica. In particolare, il presente lavoro si propone di mettere in luce come nella Dialettica la metafisica tradizionale non venga superata ma piuttosto riformata da Kant attraverso l’uso regolativo della ragione, che egli determina, tuttavia, in modo piuttosto ambiguo. Verrà affrontato, nello specifico, uno dei punti più controversi della Dialettica, relativo all’ambigua attribuzione dell’uso regolativo o all’uso logico della ragione o al suo uso reale (detto anche puro). Seguendo la prima ipotesi, l’unico uso legittimo riconosciuto alla ragione consisterebbe nella sua capacità logica di formazione di sillogismi: in questo senso, la ragione si differenzierebbe dalla facoltà dell’intelletto, preposta alla produzione di giudizi, soltanto in modo quantitativo, nella misura in cui un sillogismo non è altro che la composizione di più giudizi. Seguendo la seconda ipotesi, al contrario, il riconoscimento di una legittimità all’uso reale della ragione, in base a cui essa non si limita a formare sillogismi logici ma produce essa stessa idee, in primis l’idea di incondizionato, permetterebbe di fondare una distinzione qualitativa tra intelletto e ragione, in quanto facoltà di produzione autonoma dei propri concetti e dotata, conseguentemente, di un ruolo peculiare nella costituzione dell’esperienza. Appoggiando quest’ultima ipotesi interpretativa, la ricerca ha l’obiettivo di mostrare come la distinzione qualitativa tra intelletto e ragione costituisca uno dei cardini della svolta critica: tale distinzione è, infatti, assente negli scritti precritici e permette nella Critica della ragion pura la determinazione dei confini entro cui la conoscenza è legittima, com’è richiesto dal criticismo. In particolare, è l’attribuzione alla facoltà della ragione di un uso reale, che non spetta, al contrario, all’intelletto, a rendere possibile la conoscenza dei confini, nonostante lo stesso uso sia responsabile della metafisica dogmatica. Da questo punto di vista, la possibilità di un uso reale e regolativo mette in luce il rapporto tra criticismo e metafisica, nei termini di una riforma attuata dal primo nei confronti della seconda.

L'uso reale della ragione. La distinzione critica tra intelletto e ragione attraverso la Dialettica trascendentale

VARASCHIN, ANNAPAOLA
2023

Abstract

The aim of this dissertation is to investigate the faculty of reason in its distinction from the faculty of understanding, as analysed by Kant in the Transcendental Dialectic of the First Critique. Recently, a “constructive” view of the Dialectic gained favor in literature, contrasting the traditional depreciation of the Dialectic as mere pars destruens of the First Critique. The background of my analysis is the lively debate that has allowed this re-evaluation to emerge. More specifically, my dissertation highlights how, in the Dialectic, traditional metaphysics is not overcome. Rather, it is reformed by Kant through the regulative use of reason. The way in which Kant describes the regulative use of reason, however, is far from straightforward. I will therefore deal with one of the most controversial points of the Dialectic, concerning the ambiguous attribution of the regulative use either to the logical use of reason or to its real (also called “pure”) use. According to the first hypothesis, the only legitimate use attributed to reason would consist in its logical capacity to form syllogisms. In this sense, reason would differ from the faculty of the understanding, which is responsible for the production of judgements, only in a quantitative way, since syllogisms are mere compositions of several judgements. According to the second hypothesis, the recognition of a legitimacy to the real use of reason, which broadens its power from simply assembling logical syllogisms to the production of ideas (first and foremost the idea of the unconditioned), allows a qualitative distinction to be established between understanding and reason, as a faculty of the autonomous production of its own concepts and, consequently, endowed with a specific role in the constitution of experience. Supporting this latter interpretative hypothesis, my dissertation aims to show how the qualitative distinction between understanding and reason constitutes one of the cornerstones of the critical turn. Such a distinction, absent in the pre-critical writings, enables indeed the determination of the boundaries within which knowledge is possible in the Critique of Pure Reason, as required by Criticism. In particular, it is the attribution of a real use to the faculty of reason – which is specifics of reason, and is not shared with the understanding – that makes knowledge of boundaries possible, despite the fact that the same use is responsible for dogmatic metaphysics. From this point of view, the possibility of real, regulative use highlights the relationship between criticism and metaphysics, in which the former does not abolish but reforms the latter.
27-set-2023
Italiano
L’obiettivo della presente ricerca è lo studio della facoltà della ragione, analizzata da Kant nella Dialettica trascendentale della Critica della ragion pura, nella sua distinzione rispetto alla facoltà dell’intelletto. Tale analisi si inserisce all’interno di una corrente interpretativa particolarmente viva negli ultimi anni, che ha sviluppato un’interpretazione “costruttiva” della Dialettica, superandone la tradizionale svalutazione a mera pars destruens della prima Critica. In particolare, il presente lavoro si propone di mettere in luce come nella Dialettica la metafisica tradizionale non venga superata ma piuttosto riformata da Kant attraverso l’uso regolativo della ragione, che egli determina, tuttavia, in modo piuttosto ambiguo. Verrà affrontato, nello specifico, uno dei punti più controversi della Dialettica, relativo all’ambigua attribuzione dell’uso regolativo o all’uso logico della ragione o al suo uso reale (detto anche puro). Seguendo la prima ipotesi, l’unico uso legittimo riconosciuto alla ragione consisterebbe nella sua capacità logica di formazione di sillogismi: in questo senso, la ragione si differenzierebbe dalla facoltà dell’intelletto, preposta alla produzione di giudizi, soltanto in modo quantitativo, nella misura in cui un sillogismo non è altro che la composizione di più giudizi. Seguendo la seconda ipotesi, al contrario, il riconoscimento di una legittimità all’uso reale della ragione, in base a cui essa non si limita a formare sillogismi logici ma produce essa stessa idee, in primis l’idea di incondizionato, permetterebbe di fondare una distinzione qualitativa tra intelletto e ragione, in quanto facoltà di produzione autonoma dei propri concetti e dotata, conseguentemente, di un ruolo peculiare nella costituzione dell’esperienza. Appoggiando quest’ultima ipotesi interpretativa, la ricerca ha l’obiettivo di mostrare come la distinzione qualitativa tra intelletto e ragione costituisca uno dei cardini della svolta critica: tale distinzione è, infatti, assente negli scritti precritici e permette nella Critica della ragion pura la determinazione dei confini entro cui la conoscenza è legittima, com’è richiesto dal criticismo. In particolare, è l’attribuzione alla facoltà della ragione di un uso reale, che non spetta, al contrario, all’intelletto, a rendere possibile la conoscenza dei confini, nonostante lo stesso uso sia responsabile della metafisica dogmatica. Da questo punto di vista, la possibilità di un uso reale e regolativo mette in luce il rapporto tra criticismo e metafisica, nei termini di una riforma attuata dal primo nei confronti della seconda.
TOMASI, GABRIELE
Università degli studi di Padova
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/96130
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPD-96130