La Teoria dei Mezzi Porosi è stata applicata in questa tesi a due differenti applicazioni nell’ambito della biomeccanica. In primis è stato sviluppato un modello computazionale per il piede diabetico, sfruttando geometrie patient specific e carichi dipendenti dal tempo misurati sperimentalmente. Contrariamente al comportamento iperelastico usualmente utilizzato in letteratura, il tessuto plantare è stato modellato come mezzo poroso poroiperelastico completamente saturo. In tale maniera è stato possibile considerare la variabile tempo come una reale variabile fisica, permettendoci di tenere in considerazione le peculiarità del ciclo del passo del soggetto. Inoltre, grazie alla presenza delle due fasi che costituiscono il mezzo (fase solida e fase fluida), è stato possibile suddividere il contributo di stress totali in tensioni efficaci e pressione del fluido interstiziale. Di conseguenza la posizione dei picchi e la loro intensità risulta differente, a seconda che si consideri la componente totale o la controparte effettiva dello stress, e l’effetto dell’interazione fluido struttura determina un andamento crescente dei picchi con il numero dei cicli del passo compiuti. Tenendo conto dei risultati così ottenuti, si è ipotizzato che lo sviluppo del processo di ulcerazione nel piede diabetico sia guidato dal superamento di un valore limite di pressione effettiva media. A causa dell’assenza in letteratura di valori tensionali di soglia per l’innesco dell’ulcera, i valori massimi di pressione media efficace riscontrati nel modello del piede sano sono stati impiegati come valori limite per il piede diabetico. I risultati numerici così ottenuti hanno mostrato posizioni di innesco e sviluppo dell’ulcera nel tessuto plantare che sono in buon accordo con quelle riscontrate nella realtà dai clinici. La seconda applicazione considerata è stato lo scaffold per spinal fusion: partendo dai risultati sperimentali, si è sviluppato un modello computazionale di differenziazione tissutale guidato da stimoli meccanici applicati. Il modello così ottenuto ha permesso di predire la formazione tissutale nella fase post operatoria, riducendo la velocità di trasformazione dei tessuti in funzione di specifici valori tensionali trovati in letteratura. In tale maniera è stato possibile offrire ai medici uno strumento con cui si possa definire un dimensionamento patient specific dello scaffold e si possano sviluppare delle linee guida di carico per la fase post operatoria. L’ultima applicazione in ambito biomeccanico analizzata è lo scaffold composito tristrato per la riparazione di difetti articolari. A causa della complessità del fenomeno si è considerato uno scaffold con tessuti target sviluppati e si è studiato il suo comportamento soggetto a differenti carichi applicati. Ipotizzando di porre lo scaffold in una articolazione del ginocchio, abbiamo utilizzato i carichi sperimentali ottenuti per il piede diabetico. Abbiamo così caricato lo scaffold con i carichi verticali e taglianti, studiando l’andamento della pressione del fluido e le tensioni efficaci nel tempo all’interno dei tre strati che lo compongono. I risultati numerici ottenuti ci hanno permesso di ipotizzare un miglioramento del layout dello scaffold composito, finalizzato a ridurre picchi tensionali che hanno origine nello strato osseo di quest’ultimo. Grazie all’applicazione della Teoria dei Mezzi Porosi è stato dunque possibile compiere alcuni passi in avanti rispetto allo stato dell’arte in differenti campi della biomeccanica computazionale, permettendoci di fornire ai clinici utili strumenti che possono essere utilizzati a supporto dei risultati sperimentali.
Modelling biomechanical problems in the framework of porous media mechanics: diabetic foot and biologically inspired scaffolds
PIZZOCARO, MATTIA
2016
Abstract
La Teoria dei Mezzi Porosi è stata applicata in questa tesi a due differenti applicazioni nell’ambito della biomeccanica. In primis è stato sviluppato un modello computazionale per il piede diabetico, sfruttando geometrie patient specific e carichi dipendenti dal tempo misurati sperimentalmente. Contrariamente al comportamento iperelastico usualmente utilizzato in letteratura, il tessuto plantare è stato modellato come mezzo poroso poroiperelastico completamente saturo. In tale maniera è stato possibile considerare la variabile tempo come una reale variabile fisica, permettendoci di tenere in considerazione le peculiarità del ciclo del passo del soggetto. Inoltre, grazie alla presenza delle due fasi che costituiscono il mezzo (fase solida e fase fluida), è stato possibile suddividere il contributo di stress totali in tensioni efficaci e pressione del fluido interstiziale. Di conseguenza la posizione dei picchi e la loro intensità risulta differente, a seconda che si consideri la componente totale o la controparte effettiva dello stress, e l’effetto dell’interazione fluido struttura determina un andamento crescente dei picchi con il numero dei cicli del passo compiuti. Tenendo conto dei risultati così ottenuti, si è ipotizzato che lo sviluppo del processo di ulcerazione nel piede diabetico sia guidato dal superamento di un valore limite di pressione effettiva media. A causa dell’assenza in letteratura di valori tensionali di soglia per l’innesco dell’ulcera, i valori massimi di pressione media efficace riscontrati nel modello del piede sano sono stati impiegati come valori limite per il piede diabetico. I risultati numerici così ottenuti hanno mostrato posizioni di innesco e sviluppo dell’ulcera nel tessuto plantare che sono in buon accordo con quelle riscontrate nella realtà dai clinici. La seconda applicazione considerata è stato lo scaffold per spinal fusion: partendo dai risultati sperimentali, si è sviluppato un modello computazionale di differenziazione tissutale guidato da stimoli meccanici applicati. Il modello così ottenuto ha permesso di predire la formazione tissutale nella fase post operatoria, riducendo la velocità di trasformazione dei tessuti in funzione di specifici valori tensionali trovati in letteratura. In tale maniera è stato possibile offrire ai medici uno strumento con cui si possa definire un dimensionamento patient specific dello scaffold e si possano sviluppare delle linee guida di carico per la fase post operatoria. L’ultima applicazione in ambito biomeccanico analizzata è lo scaffold composito tristrato per la riparazione di difetti articolari. A causa della complessità del fenomeno si è considerato uno scaffold con tessuti target sviluppati e si è studiato il suo comportamento soggetto a differenti carichi applicati. Ipotizzando di porre lo scaffold in una articolazione del ginocchio, abbiamo utilizzato i carichi sperimentali ottenuti per il piede diabetico. Abbiamo così caricato lo scaffold con i carichi verticali e taglianti, studiando l’andamento della pressione del fluido e le tensioni efficaci nel tempo all’interno dei tre strati che lo compongono. I risultati numerici ottenuti ci hanno permesso di ipotizzare un miglioramento del layout dello scaffold composito, finalizzato a ridurre picchi tensionali che hanno origine nello strato osseo di quest’ultimo. Grazie all’applicazione della Teoria dei Mezzi Porosi è stato dunque possibile compiere alcuni passi in avanti rispetto allo stato dell’arte in differenti campi della biomeccanica computazionale, permettendoci di fornire ai clinici utili strumenti che possono essere utilizzati a supporto dei risultati sperimentali.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/97501
URN:NBN:IT:UNIPD-97501