Tra gli anni Cinquanta e Settanta del Novecento il quadrante occidentale di Roma si popola di opere gestite e facenti capo a Ordini religiosi, al Vicariato o direttamente al Vaticano: curie, collegi e conventi. Il cospicuo numero di edifici, sorti in un lasso temporale limitato e in una specifica porzione di territorio, induce a una riflessione sulle ragioni e sui caratteri di un fenomeno significativo sia a livello urbano che architettonico, che inaugura un campo di indagine progettuale specifica. Questo fenomeno si colloca nel momento in cui si pianifica la Capitale moderna e si avvia lo studio del Piano Regolatore del 1965 – e con esso dell’Asse Attrezzato voluto da Piccinato – che prevedeva una struttura lineare organizzativo del palinsesto istituzionale/direzionale e la conseguente espansione urbana verso est. È cautamente possibile ipotizzare che, attraverso la realizzazione di tali opere religiose, il Vaticano attuasse una strategia silente al fine di controbilanciare gli indirizzi urbanistici della città lineare e acquisire una più forte identità e controllo del territorio romano. La costruzione delle strutture conventuali ha una forte valenza architettonica, in quanto costituisce una occasione professionale specifica che si innesta nel dibattito del momento, in parallelo e oltre il tema prevalente della residenza. Insieme alla declinazione tipologica tali esempi di architettura costituiscono un interessante campo di sperimentazione linguistica che contribuisce alla formazione dell’immagine della città cattolica di Roma. La ricerca si concentra oltre che sugli aspetti storico-urbani sulla analisi critica delle opere e sul loro reciproco confronto. La dissertazione affronta l’argomento su scala urbana e architettonica cercando di ricostruirne le vicende attraverso l’analisi degli edifici di tre studi di architettura che emergono in questo scenario e hanno contribuito in modo originale alla progettazione di diversi impianti collegiali e curiali. I progetti dello Studio Passarelli, di Paniconi e Pediconi e di Rebecchini e Lafuente rappresentano gli esempi più significativi di tale fenomeno.
Architettura conventuale in Roma moderna. Interpretazione dell'archetipo claustrale nei progetti dello Studio Passarelli, di Paniconi e Pediconi, di Rebecchini e Lafuente
CALABRETTI, FRANCESCO
2023
Abstract
Tra gli anni Cinquanta e Settanta del Novecento il quadrante occidentale di Roma si popola di opere gestite e facenti capo a Ordini religiosi, al Vicariato o direttamente al Vaticano: curie, collegi e conventi. Il cospicuo numero di edifici, sorti in un lasso temporale limitato e in una specifica porzione di territorio, induce a una riflessione sulle ragioni e sui caratteri di un fenomeno significativo sia a livello urbano che architettonico, che inaugura un campo di indagine progettuale specifica. Questo fenomeno si colloca nel momento in cui si pianifica la Capitale moderna e si avvia lo studio del Piano Regolatore del 1965 – e con esso dell’Asse Attrezzato voluto da Piccinato – che prevedeva una struttura lineare organizzativo del palinsesto istituzionale/direzionale e la conseguente espansione urbana verso est. È cautamente possibile ipotizzare che, attraverso la realizzazione di tali opere religiose, il Vaticano attuasse una strategia silente al fine di controbilanciare gli indirizzi urbanistici della città lineare e acquisire una più forte identità e controllo del territorio romano. La costruzione delle strutture conventuali ha una forte valenza architettonica, in quanto costituisce una occasione professionale specifica che si innesta nel dibattito del momento, in parallelo e oltre il tema prevalente della residenza. Insieme alla declinazione tipologica tali esempi di architettura costituiscono un interessante campo di sperimentazione linguistica che contribuisce alla formazione dell’immagine della città cattolica di Roma. La ricerca si concentra oltre che sugli aspetti storico-urbani sulla analisi critica delle opere e sul loro reciproco confronto. La dissertazione affronta l’argomento su scala urbana e architettonica cercando di ricostruirne le vicende attraverso l’analisi degli edifici di tre studi di architettura che emergono in questo scenario e hanno contribuito in modo originale alla progettazione di diversi impianti collegiali e curiali. I progetti dello Studio Passarelli, di Paniconi e Pediconi e di Rebecchini e Lafuente rappresentano gli esempi più significativi di tale fenomeno.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/99121
URN:NBN:IT:UNIROMA1-99121