La storia dell’evoluzione della posta da una realtà locale e circoscritta, con mete raggiungibili a piedi in giornata, ad una rete strutturata, internazionale ed unificata, costituisce lo spunto per ricostruire l’evoluzione dei relativi edifici predisposti al servizio. Dai semplici alloggi intermedi di sosta dei romani, i mansiones, passando per le stazioni antiche, le positae, si passa ai piccoli uffici postali dei sette Stati preunitari ed all’articolazione, sotto il Regno, in una struttura gerarchica, che passa dalle direzioni centrali agli uffici ed alle distribuzioni. La ricerca, attraverso lo studio analitico di casi studio, rappresentativi delle diverse fasi storiche e tipologiche, tenta di ricostruire l’evoluzione organico-processuale del Palazzo delle Poste e dei Telegrafi, dalla matrice di riferimento alla maturazione del tipo. I progressi nel campo scientifico, dall’invenzione del telegrafo e del telefono alla radio, l’inserimento della fascia della sportelleria e del vano nodale per il pubblico, la separazione dei flussi e nuovi aspetti legati alla ventilazione, alla luce ed alla limitazione del rumore prodotto dalle apparecchiature, innescano un processo di evoluzione e complessificazione del tipo, con la conseguente proliferazione degli spazi necessari al complesso di funzioni integrate richieste, alla rifunzionalizzazione di percorsi in origine scarichi o di percorrenza ed all’annodamento delle corti interne. Da una prima fase transitoria, in cui gli uffici postali venivano posti nella preesistenza senza interventi di adeguamento tipologico–strutturale, considerando gli edifici come contenitori nei quali inserire le funzioni, si passa alla riconfigurazione distributiva, strutturale ed organica di edifici esistenti, palazzi signorili e conventi, acquisiti grazie all’esproprio per pubblica utilità e scelti per la loro rispondenza alle esigenze di decoro, di accessibilità e di vicinanza al centro storico e/o ai nuovi assi amministrativi. Il processo di distillazione del tipo, guidato dalle direttive dell'ufficio tecnico del Ministero, si codifica, nei primi anni del ‘900, negli edifici innalzati su aree sottratte al tessuto stratificato, grazie all’arma dell’esproprio od ai piani di risanamento del centro storico, che ripropongono la matrice del tipo edilizio del palazzo, adattata ed aggiornata al nuovo complesso di funzioni integrate richieste. Lo studio di alcuni casi emblematici, analizzati nella loro componente urbanistica, evolutiva e tipologica, permette di riepilogare le mutazioni e le varianti sincroniche e diacroniche del tipo, giungendo alla definizione di alcune varianti, in funzione del rapporto tra vani seriali, sportelleria e salone del pubblico, sintetizzati in schemi riepilogativi. Le mutazioni tipologiche, indotte dall’architettura del regime e dalle nuove correnti internazionali, portano alla creazione di impianti caratterizzati dal decentramento del pubblico verso la periferia dell’edificio, a contatto con la città, e dalla progressiva coincidenza tra atrio e salone, che assume la configurazione di una galleria, parallela alla facciata, ad espansione virtuale della piazza urbana prospiciente. Sotto l’aspetto linguistico la politica monumentale e celebrativa fascista, porta all’inserimento di motivi estranei al carattere funzionale dell’edificio, ma rispondenti all’esigenza simbolica e propagandistica del regime, che, ricorrendo all’affidamento diretto degli incarichi agli architetti degli uffici tecnici del Ministero, quali Mazzoni o Narducci, o ad artisti in linea con la politica nazionale, come Piacentini e Bazzani, costruiva volumi imponenti e squadrati, simboli dell’efficienza del governo. Contro il monopolio costruttivo dei palazzi postali, da parte dell’ufficio tecnico del Ministero delle Poste si muovevano le nuove leve, da Vaccaro, a Samonà, Libera e Ridolfi, i quali ebbero la possibilità di esprimersi solo attraverso la pratica del concorso. Se il linguaggio razionalista appare sommessamente nei quattro edifici postali del concorso di Roma degli anni Trenta, affiancando l’utilizzo della struttura a telaio cementizio alle pareti in muratura tradizionale, irrompe, invece, nel palazzo postelegrafico eretto a cavallo della seconda guerra mondiale dai BBPR all’E42 a Roma nelle facciate, attraverso la manifestazione dell’ossatura portante trilitica ed in planimetria, dove l’adozione di un metodo funzionale, comporta la disgregazione dell’organismo edilizio unitario e simmetrico e la sua scomposizione in blocchi funzionali fisicamente separati e formalmente distinti, in relazione alla destinazione seriale o nodale inserita. Dopo la seconda guerra mondiale, accanto alla permanenza delle sedi centrali, nei palazzi costruiti nei cinquant’anni precedenti, si sviluppa, seguendo la progressiva espansione della città verso le periferie, una diffusione capillare degli uffici postali di quartiere, che, come nel periodo preunitario, occupano interamente o anche parzialmente, il livello terreno di edifici già esistenti. La progressiva digitalizzazione dei servizi, l’estensione dell’area commerciale e l’inclusione del settore bancario e finanziario, hanno innescato dei processi ancora in atto di evoluzione funzionale e tipologica del palazzo postale, che potrebbero, potenzialmente, portare alla scomparsa od alla riduzione della sportelleria, in favore di spazi di consulenza individuali col cliente, trasformando il palazzo in un vano nodale policentrico.
Il palazzo delle Poste e Telegrafi. Considerazioni sul processo tipologico di un edificio speciale contemporaneo
TACI, YLLI
2018
Abstract
La storia dell’evoluzione della posta da una realtà locale e circoscritta, con mete raggiungibili a piedi in giornata, ad una rete strutturata, internazionale ed unificata, costituisce lo spunto per ricostruire l’evoluzione dei relativi edifici predisposti al servizio. Dai semplici alloggi intermedi di sosta dei romani, i mansiones, passando per le stazioni antiche, le positae, si passa ai piccoli uffici postali dei sette Stati preunitari ed all’articolazione, sotto il Regno, in una struttura gerarchica, che passa dalle direzioni centrali agli uffici ed alle distribuzioni. La ricerca, attraverso lo studio analitico di casi studio, rappresentativi delle diverse fasi storiche e tipologiche, tenta di ricostruire l’evoluzione organico-processuale del Palazzo delle Poste e dei Telegrafi, dalla matrice di riferimento alla maturazione del tipo. I progressi nel campo scientifico, dall’invenzione del telegrafo e del telefono alla radio, l’inserimento della fascia della sportelleria e del vano nodale per il pubblico, la separazione dei flussi e nuovi aspetti legati alla ventilazione, alla luce ed alla limitazione del rumore prodotto dalle apparecchiature, innescano un processo di evoluzione e complessificazione del tipo, con la conseguente proliferazione degli spazi necessari al complesso di funzioni integrate richieste, alla rifunzionalizzazione di percorsi in origine scarichi o di percorrenza ed all’annodamento delle corti interne. Da una prima fase transitoria, in cui gli uffici postali venivano posti nella preesistenza senza interventi di adeguamento tipologico–strutturale, considerando gli edifici come contenitori nei quali inserire le funzioni, si passa alla riconfigurazione distributiva, strutturale ed organica di edifici esistenti, palazzi signorili e conventi, acquisiti grazie all’esproprio per pubblica utilità e scelti per la loro rispondenza alle esigenze di decoro, di accessibilità e di vicinanza al centro storico e/o ai nuovi assi amministrativi. Il processo di distillazione del tipo, guidato dalle direttive dell'ufficio tecnico del Ministero, si codifica, nei primi anni del ‘900, negli edifici innalzati su aree sottratte al tessuto stratificato, grazie all’arma dell’esproprio od ai piani di risanamento del centro storico, che ripropongono la matrice del tipo edilizio del palazzo, adattata ed aggiornata al nuovo complesso di funzioni integrate richieste. Lo studio di alcuni casi emblematici, analizzati nella loro componente urbanistica, evolutiva e tipologica, permette di riepilogare le mutazioni e le varianti sincroniche e diacroniche del tipo, giungendo alla definizione di alcune varianti, in funzione del rapporto tra vani seriali, sportelleria e salone del pubblico, sintetizzati in schemi riepilogativi. Le mutazioni tipologiche, indotte dall’architettura del regime e dalle nuove correnti internazionali, portano alla creazione di impianti caratterizzati dal decentramento del pubblico verso la periferia dell’edificio, a contatto con la città, e dalla progressiva coincidenza tra atrio e salone, che assume la configurazione di una galleria, parallela alla facciata, ad espansione virtuale della piazza urbana prospiciente. Sotto l’aspetto linguistico la politica monumentale e celebrativa fascista, porta all’inserimento di motivi estranei al carattere funzionale dell’edificio, ma rispondenti all’esigenza simbolica e propagandistica del regime, che, ricorrendo all’affidamento diretto degli incarichi agli architetti degli uffici tecnici del Ministero, quali Mazzoni o Narducci, o ad artisti in linea con la politica nazionale, come Piacentini e Bazzani, costruiva volumi imponenti e squadrati, simboli dell’efficienza del governo. Contro il monopolio costruttivo dei palazzi postali, da parte dell’ufficio tecnico del Ministero delle Poste si muovevano le nuove leve, da Vaccaro, a Samonà, Libera e Ridolfi, i quali ebbero la possibilità di esprimersi solo attraverso la pratica del concorso. Se il linguaggio razionalista appare sommessamente nei quattro edifici postali del concorso di Roma degli anni Trenta, affiancando l’utilizzo della struttura a telaio cementizio alle pareti in muratura tradizionale, irrompe, invece, nel palazzo postelegrafico eretto a cavallo della seconda guerra mondiale dai BBPR all’E42 a Roma nelle facciate, attraverso la manifestazione dell’ossatura portante trilitica ed in planimetria, dove l’adozione di un metodo funzionale, comporta la disgregazione dell’organismo edilizio unitario e simmetrico e la sua scomposizione in blocchi funzionali fisicamente separati e formalmente distinti, in relazione alla destinazione seriale o nodale inserita. Dopo la seconda guerra mondiale, accanto alla permanenza delle sedi centrali, nei palazzi costruiti nei cinquant’anni precedenti, si sviluppa, seguendo la progressiva espansione della città verso le periferie, una diffusione capillare degli uffici postali di quartiere, che, come nel periodo preunitario, occupano interamente o anche parzialmente, il livello terreno di edifici già esistenti. La progressiva digitalizzazione dei servizi, l’estensione dell’area commerciale e l’inclusione del settore bancario e finanziario, hanno innescato dei processi ancora in atto di evoluzione funzionale e tipologica del palazzo postale, che potrebbero, potenzialmente, portare alla scomparsa od alla riduzione della sportelleria, in favore di spazi di consulenza individuali col cliente, trasformando il palazzo in un vano nodale policentrico.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
Tesi_dottorato_Taci.pdf
accesso aperto
Dimensione
106.34 MB
Formato
Adobe PDF
|
106.34 MB | Adobe PDF | Visualizza/Apri |
I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.
https://hdl.handle.net/20.500.14242/99129
URN:NBN:IT:UNIROMA1-99129