Questa tesi vuole indagare il ruolo che i metodi partecipativi ricoprono nel caratterizzare dal punto di vista politico, etico e sociale le pratiche architettoniche contemporanee. L’uso di questi metodi viene definito “manierista” non come moto polemico nei confronti di una pratica progettuale diffusa e variegata ma piuttosto per tentare di definirne l’attuale condizione nel progetto di architettura, evidenziandone da un lato la sostanziale addomesticazione nell’ambito del sistema liberale, in parziale contrasto con il carattere rivoluzionario ed emancipatorio che ne ha caratterizzato le prime manifestazioni, dall’altro mettendo in luce il modo in cui il distacco dalle grandi teorizzazioni abbia portato a una grande varietà di applicazioni e sperimentazioni pratiche. Il tema è affrontato a partire da un inquadramento teorico che descrive alcune tra le più recenti teorie sul rapporto tra architettura e politica: attraverso l’analisi del lavoro di studiosi contemporanei come Albena Yaneva, Douglas Spencer, Dejan Sudjic, molti dei quali debitori degli studi di Manfredo Tafuri, viene tracciato un quadro del rapporto contemporaneo tra architettura e politica in cui la prima, superata la fase del disincanto postmoderno, non mira ad agire in conformità a specifici apparati ideologici quanto piuttosto a ricercare una efficacia fattuale della proprio azione. Per comprendere come questa azione progettuale e politica viene orientata, viene descritta la tendenza in atto tra gli architetti contemporanei ad impegnarsi in progetti in cui le soluzioni spaziali sono legate a strategie di natura più ampia e talvolta esterna alla disciplina architettonica, affrontando problematiche legate alla promozione della vita comunitaria, alla sostenibilità ecologica, economica e sociale delle trasformazioni, alla soluzione di conflitti. Questa tendenza viene inquadrata nell’ambito delle teorie di Zygmunt Bauman e Hans Jonas, che pongono nella coscienza e responsabilità personale la guida etica dell’individuo. Tutte queste considerazioni verranno poi rilette alla luce del concetto di “nuovo realismo” enunciato da Maurizio Ferraris: il filosofo infatti si propone di ricostituire la legittimità delle posizioni etiche e politiche, contestata dal relativismo postmoderno, attraverso una riconciliazione tra l’intuizione realista, basata sull’ontologia (quello che c’è), e l’intuizione costruzionista, basata sull’epistemologia (quello che sappiamo). Nel progetto di architettura, l’approccio del “nuovo realismo” dà quindi una nuova legittimità al discorso sulle sue capacità trasformative ed emancipatorie, nella consapevolezza che l’elaborazione teorica più che a descrivere la realtà serve ad indicarne una direzione di trasformazione. Per questo i casi che vengono descritti nei capitoli successivi intendono mostrare i modi in cui alcuni architetti interpretano le capacità trasformative della loro azione progettuale non tanto basandosi su teorie precostituite quanto su una constatazione pragmatica e legata all’esperienza degli effetti che l’architettura nella sua materialità può avere sulla società. I casi analizzati sono: - Lacol Cooperativa d’arquitectes Cooperativa d’habitatge La Borda, Barcellona, Spagna - Asociación Semillas para el Desarrollo Sostenible Scuole nella Selva Peruviana, Satipo, Perù - Roma Capitale – Dipartimento Sviluppo Infrastrutture e Manutenzione Urbana, architetto Valentina Cocco La riqualificazione di Piazza Testaccio e dei giardini di Piazza Vittorio Emanuele II a Roma - ZUS Luchtsingel bridge, Rotterdam, Paesi Bassi - HEIDE & VON BECKERATH Due edifici residenziali realizzati tramite baugruppen a Berlino Ciascun caso è inquadrato nel suo contesto sociale, politico ed economico. Vengono inoltre descritti i processi che hanno portato alla realizzazione degli edifici analizzati, i processi partecipativi che li hanno interessati e gli esiti architettonici. Queste informazioni sono utilizzate per valutare che tipo di impatto spaziale, politico e sociale questi progetti abbiano avuto sul loro contesto e sul modo in cui questi innovano la professione dell’architetto. Le descrizioni di questi progetti, oltre che sulle pubblicazioni di settore, sono basate su visite in loco e interviste con i progettisti effettuate dall’autore. L’immagine della partecipazione nel progetto di architettura che si è tentato di delineare in questo lavoro è quella di una pratica attraverso la quale l’architettura cerca di responsabilizzarsi nei confronti del tessuto sociale su cui va ad intervenire. Il confronto con la società si traduce nella negoziazione di un potere decisionale che viene redistribuito tra i vari attori coinvolti nel processo di trasformazione attraverso un atto deliberatamente politico. Sono stati presi in considerazione casi molto differenti tra loro che hanno fatto emergere diverse questioni: - Esiste una grande varietà di metodi partecipativi che comportano diversi gradi di coinvolgimento delle comunità nelle decisioni progettuali: ciò ne evidenzia la natura strumentale, volta cioè a favorire una maggiore efficacia del progetto attraverso un suo adattamento alle specificità del singolo contesto. - La partecipazione può mediare le istanze politiche implicite in un progetto di trasformazione dando voce a chi ne è coinvolto, arrivando talvolta a introdurre modelli alternativi di sviluppo urbano. Dai casi analizzati emerge però come i processi partecipativi non producono una contestazione radicale del sistema ma si limitano a proporne una correzione. - Emerge una evoluzione del modo in cui viene interpretata la professione di architetto, in cui la coscienza etica del progettista si media con l’esigenza di sostenibilità economica della sua attività: l’architettura socialmente e politicamente responsabile, oltre che un approccio etico alla professione, diventa una opportunità di lavoro in più per gli studi. - Le architetture frutto di processi partecipativi danno naturalmente un grande peso agli spazi comunitari. In questi edifici infatti il rapporto tra la dimensione privata e quella pubblica, influenzato dal clima di condivisione che contraddistingue tutte le fasi del progetto, offre spunti e innovazioni interessanti. - In maniera simile viene data grande importanza alle questioni ecologiche: il coinvolgimento delle comunità attiva dei meccanismi in cui l’ecologia è intesa non solo come un generico rispetto dell’ambiente ma anche come circuito virtuoso in cui il contributo dei partecipanti aiuta nel generare trasformazioni più sostenibili. Questi temi evidenziano una volta di più la grande complessità del fenomeno della partecipazione in architettura: il “manierismo” di queste pratiche emerge proprio dalla grande varietà di possibili metodi e contesti di applicazione, in cui l’innovazione non è più basata sulla radicalità ma piuttosto sulla reinterpretazione, autonoma e adattata al contesto, di uno strumentario ormai consolidato. Proprio l’ampio spettro di casistiche analizzate, insieme all’inquadramento teorico generale che ne è stato fornito, lascia aperte questioni più specifiche: il ruolo dell’housing cooperativo nello sviluppo equo della città contemporanea, l’impatto di un’architettura copianificata e di qualità nelle politiche di sviluppo nelle aree povere del mondo, le potenzialità di una progettazione degli spazi della città gestita in maniera aperta dal pubblico, le strategie dello spazio pubblico urbano promosse dal basso, le possibilità offerte da metodi di finanziamento innovativi nel campo dell’housing economico sono tutte questioni che se analizzate singolarmente possono aprire prospettive di grande interesse. Rimangono aperte anche questioni che toccano più tangenzialmente il campo dell’architettura. Ad esempio i processi partecipativi relativi alle trasformazioni degli ambienti di vita della comunità hanno un ruolo importante nella negoziazione del potere e nell’evoluzione della democrazia ma si prestano allo stesso tempo ad essere strumentalizzati per coprire interessi di parte: in questa tesi sono state sottolineate alcune ambiguità dei processi partecipativi analizzati ma comprendere quale sia il confine tra una partecipazione come vero strumento di allargamento della democrazia e quella usata per addomesticare il consenso apre ad approfondimenti che si posizionano all’intersezione tra teoria architettonica e scienza politica. Altro campo di indagine che non è stato esplorato in questo lavoro è quello che riguarda i metodi di partecipazione in architettura come tecnica progettuale: uno studio che analizzi i modi in cui i processi di ascolto si traducono in architettura aiuterebbe nella diffusione della partecipazione come approccio al progetto e nell’affinamento dei suoi strumenti.
Manierismo partecipativo. Architettura e consenso in epoca post-ideologica
CAMILLI, FRANCESCO
2020
Abstract
Questa tesi vuole indagare il ruolo che i metodi partecipativi ricoprono nel caratterizzare dal punto di vista politico, etico e sociale le pratiche architettoniche contemporanee. L’uso di questi metodi viene definito “manierista” non come moto polemico nei confronti di una pratica progettuale diffusa e variegata ma piuttosto per tentare di definirne l’attuale condizione nel progetto di architettura, evidenziandone da un lato la sostanziale addomesticazione nell’ambito del sistema liberale, in parziale contrasto con il carattere rivoluzionario ed emancipatorio che ne ha caratterizzato le prime manifestazioni, dall’altro mettendo in luce il modo in cui il distacco dalle grandi teorizzazioni abbia portato a una grande varietà di applicazioni e sperimentazioni pratiche. Il tema è affrontato a partire da un inquadramento teorico che descrive alcune tra le più recenti teorie sul rapporto tra architettura e politica: attraverso l’analisi del lavoro di studiosi contemporanei come Albena Yaneva, Douglas Spencer, Dejan Sudjic, molti dei quali debitori degli studi di Manfredo Tafuri, viene tracciato un quadro del rapporto contemporaneo tra architettura e politica in cui la prima, superata la fase del disincanto postmoderno, non mira ad agire in conformità a specifici apparati ideologici quanto piuttosto a ricercare una efficacia fattuale della proprio azione. Per comprendere come questa azione progettuale e politica viene orientata, viene descritta la tendenza in atto tra gli architetti contemporanei ad impegnarsi in progetti in cui le soluzioni spaziali sono legate a strategie di natura più ampia e talvolta esterna alla disciplina architettonica, affrontando problematiche legate alla promozione della vita comunitaria, alla sostenibilità ecologica, economica e sociale delle trasformazioni, alla soluzione di conflitti. Questa tendenza viene inquadrata nell’ambito delle teorie di Zygmunt Bauman e Hans Jonas, che pongono nella coscienza e responsabilità personale la guida etica dell’individuo. Tutte queste considerazioni verranno poi rilette alla luce del concetto di “nuovo realismo” enunciato da Maurizio Ferraris: il filosofo infatti si propone di ricostituire la legittimità delle posizioni etiche e politiche, contestata dal relativismo postmoderno, attraverso una riconciliazione tra l’intuizione realista, basata sull’ontologia (quello che c’è), e l’intuizione costruzionista, basata sull’epistemologia (quello che sappiamo). Nel progetto di architettura, l’approccio del “nuovo realismo” dà quindi una nuova legittimità al discorso sulle sue capacità trasformative ed emancipatorie, nella consapevolezza che l’elaborazione teorica più che a descrivere la realtà serve ad indicarne una direzione di trasformazione. Per questo i casi che vengono descritti nei capitoli successivi intendono mostrare i modi in cui alcuni architetti interpretano le capacità trasformative della loro azione progettuale non tanto basandosi su teorie precostituite quanto su una constatazione pragmatica e legata all’esperienza degli effetti che l’architettura nella sua materialità può avere sulla società. I casi analizzati sono: - Lacol Cooperativa d’arquitectes Cooperativa d’habitatge La Borda, Barcellona, Spagna - Asociación Semillas para el Desarrollo Sostenible Scuole nella Selva Peruviana, Satipo, Perù - Roma Capitale – Dipartimento Sviluppo Infrastrutture e Manutenzione Urbana, architetto Valentina Cocco La riqualificazione di Piazza Testaccio e dei giardini di Piazza Vittorio Emanuele II a Roma - ZUS Luchtsingel bridge, Rotterdam, Paesi Bassi - HEIDE & VON BECKERATH Due edifici residenziali realizzati tramite baugruppen a Berlino Ciascun caso è inquadrato nel suo contesto sociale, politico ed economico. Vengono inoltre descritti i processi che hanno portato alla realizzazione degli edifici analizzati, i processi partecipativi che li hanno interessati e gli esiti architettonici. Queste informazioni sono utilizzate per valutare che tipo di impatto spaziale, politico e sociale questi progetti abbiano avuto sul loro contesto e sul modo in cui questi innovano la professione dell’architetto. Le descrizioni di questi progetti, oltre che sulle pubblicazioni di settore, sono basate su visite in loco e interviste con i progettisti effettuate dall’autore. L’immagine della partecipazione nel progetto di architettura che si è tentato di delineare in questo lavoro è quella di una pratica attraverso la quale l’architettura cerca di responsabilizzarsi nei confronti del tessuto sociale su cui va ad intervenire. Il confronto con la società si traduce nella negoziazione di un potere decisionale che viene redistribuito tra i vari attori coinvolti nel processo di trasformazione attraverso un atto deliberatamente politico. Sono stati presi in considerazione casi molto differenti tra loro che hanno fatto emergere diverse questioni: - Esiste una grande varietà di metodi partecipativi che comportano diversi gradi di coinvolgimento delle comunità nelle decisioni progettuali: ciò ne evidenzia la natura strumentale, volta cioè a favorire una maggiore efficacia del progetto attraverso un suo adattamento alle specificità del singolo contesto. - La partecipazione può mediare le istanze politiche implicite in un progetto di trasformazione dando voce a chi ne è coinvolto, arrivando talvolta a introdurre modelli alternativi di sviluppo urbano. Dai casi analizzati emerge però come i processi partecipativi non producono una contestazione radicale del sistema ma si limitano a proporne una correzione. - Emerge una evoluzione del modo in cui viene interpretata la professione di architetto, in cui la coscienza etica del progettista si media con l’esigenza di sostenibilità economica della sua attività: l’architettura socialmente e politicamente responsabile, oltre che un approccio etico alla professione, diventa una opportunità di lavoro in più per gli studi. - Le architetture frutto di processi partecipativi danno naturalmente un grande peso agli spazi comunitari. In questi edifici infatti il rapporto tra la dimensione privata e quella pubblica, influenzato dal clima di condivisione che contraddistingue tutte le fasi del progetto, offre spunti e innovazioni interessanti. - In maniera simile viene data grande importanza alle questioni ecologiche: il coinvolgimento delle comunità attiva dei meccanismi in cui l’ecologia è intesa non solo come un generico rispetto dell’ambiente ma anche come circuito virtuoso in cui il contributo dei partecipanti aiuta nel generare trasformazioni più sostenibili. Questi temi evidenziano una volta di più la grande complessità del fenomeno della partecipazione in architettura: il “manierismo” di queste pratiche emerge proprio dalla grande varietà di possibili metodi e contesti di applicazione, in cui l’innovazione non è più basata sulla radicalità ma piuttosto sulla reinterpretazione, autonoma e adattata al contesto, di uno strumentario ormai consolidato. Proprio l’ampio spettro di casistiche analizzate, insieme all’inquadramento teorico generale che ne è stato fornito, lascia aperte questioni più specifiche: il ruolo dell’housing cooperativo nello sviluppo equo della città contemporanea, l’impatto di un’architettura copianificata e di qualità nelle politiche di sviluppo nelle aree povere del mondo, le potenzialità di una progettazione degli spazi della città gestita in maniera aperta dal pubblico, le strategie dello spazio pubblico urbano promosse dal basso, le possibilità offerte da metodi di finanziamento innovativi nel campo dell’housing economico sono tutte questioni che se analizzate singolarmente possono aprire prospettive di grande interesse. Rimangono aperte anche questioni che toccano più tangenzialmente il campo dell’architettura. Ad esempio i processi partecipativi relativi alle trasformazioni degli ambienti di vita della comunità hanno un ruolo importante nella negoziazione del potere e nell’evoluzione della democrazia ma si prestano allo stesso tempo ad essere strumentalizzati per coprire interessi di parte: in questa tesi sono state sottolineate alcune ambiguità dei processi partecipativi analizzati ma comprendere quale sia il confine tra una partecipazione come vero strumento di allargamento della democrazia e quella usata per addomesticare il consenso apre ad approfondimenti che si posizionano all’intersezione tra teoria architettonica e scienza politica. Altro campo di indagine che non è stato esplorato in questo lavoro è quello che riguarda i metodi di partecipazione in architettura come tecnica progettuale: uno studio che analizzi i modi in cui i processi di ascolto si traducono in architettura aiuterebbe nella diffusione della partecipazione come approccio al progetto e nell’affinamento dei suoi strumenti.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/99352
URN:NBN:IT:UNIROMA1-99352