La distrofia muscolare di Duchenne (DMD) è caratterizzata da mutazioni nel gene della distrofina, che portano all’assenza di una proteina funzionale, con conseguente degenerazione e necrosi delle fibre muscolari. Nei muscoli distrofici, il potenziale rigenerativo delle cellule satelliti endogene, (la popolazione staminale del muscolo) è esaurito a causa dei continui cicli di degenerazione-rigenerazione che il muscolo distrofico subisce, per cui il tessuto muscolare viene con il tempo rimpiazzato da grasso e da tessuto fibrotico. Al momento, nonostante l’ assidua ricerca di una terapia di tipo genico o cellulare, non esiste una terapia efficace per i pazienti DMD. Lo scopo di una terapia cellulare è quello di rilasciare cellule che esprimono distrofina all’interno di un muscolo distrofico, al fine di rigenerare nuove fibre muscolari, non difettive per ‘espressione della proteina, e, più importante, al fine di reintegrare il pool di cellule satelliti endogene. In questo modo, durante la rigenerazione, le cellule rilasciate che esprimono distrofina, andrebbero a formare nuove fibre muscolari non difettive per l’espressione della proteina che con il tempo, andrebbero idealmente a sostituire, almeno in parte, quelle difettive. Infine, un’importante caratteristica di una terapia di tipo cellulare è che, una volta messo a punto un protocollo per una terapia efficace in pazienti DMD, questa potrebbe essere subito applicata ad altre distrofie di tipo monogenico. Al momento una terapia di tipo cellulare presenta diversi problemi che possono essere raggruppati in due punti principali: l’identificazione del miglior precursore miogenico da rilasciare e il modo con cui esso è rilasciato all’interno del muscolo malato al fine di un efficiente risultato. Diversi lavori hanno già dimostrato che l’utilizzo di biomateriali in questo campo può migliorare l’efficienza di rilascio in vivo. In particolare il mio gruppo ha già dimostrato queste potenzialità, utilizzando cellule miogeniche rilasciate nel muscolo rigenerante attraverso diversi tipi di biomateriali. La realizzazione di biomateriali per il rilascio di cellule implica diverse difficoltà, perché un biomateriale dovrebbe idealmente mimare il tessuto nel quale dovrà effettuare rilascio di cellule, e ricreare una nicchia per le cellule rilasciate, in grado cioè di preservarne le potenzialità proliferative e differenziative. In questo lavoro si sono trattati due diversi tipi di biomateriali, con modalità differenti, ma con lo scopo comune di effettuare un efficiente rilascio di cellule (e quindi di distrofina) nel topo mdx (modello murino per i pazienti DMD). Questo lavoro è stato condotto in stretta collaborazione con il laboratorio BioERA. (Biological Engineering Research and Application) presso il Dipartimento di Ingegneria Chimica dell’università degli studi di Padova. Inizialmente si è utilizzata una spugna tri-dimensionale in collagene, altamente elastica e la cui struttura è adatta a contenere un elevato numero di cellule mononucleate al suo interno, da essere rilasciate nel lungo termine all’interno del muscolo distrofico. In questa serie di esperimenti, scaffolds di collagene sono stati utilizzati per rilasciare in vivo un elevato numero di precursori miogenici precedentemente espansi in coltura. Le proprietà e le caratteristiche dello scaffold sono state analizzate prima in vitro e successivamente in vivo, sia in modelli sani wt che distrofici mdx, per valutarne le potenzialità come mediatore di rilascio cellulare. I nostri dati mostrano che lo scaffold di collagene ha effettivamente agito come un serbatoio cellulare, rilasciando le cellule che conteneva, mentre veniva degradato in vivo. Tuttavia però, il grado di efficienza generale di questa combinazione di cellule e biomateriale, quantificata come numero di fibre distrofina positive formatosi nei muscolo impiantati, era troppo bassa per avere una rilevanza clinica. Per questo motivo è stata proposta una alternativa che utilizza cellule satelliti isolate a fresco al posto di mioblasti espansi in vitro, e come biomateriale un hydrogel derivato dell’acido ialuronico al posto delle spugne in collagene. Quest’ultimo in particolare è un biomateriale iniettabile, di nuova realizzazione che viene reticolato in situ;l’acido ialuronico inoltre può essere prodotto per mezzo di processi fermentativi, caratteristica per la quale questo hydrogel può essere facilmente preparato per applicazioni di tipo clinico. Le proprietà meccaniche ed elastiche dell’hydrogel, così come le condizioni migliori per l’incapsulamento di cellule all’interno sono state caratterizzate sia in colture in vitro che per le applicazioni in vivo. Quindi, cellule satelliti isolate a fresco sono state incapsulate dentro l’hydrogel e rilasciate in vivo in muscoli tibiali anteriori di topi sia wt che distrofici mdx, al fine di valutare l’efficienza di rilascio di cellule da parte dell’hydrogel in vivo. Le cellule sospese in hydrogel hanno indotto una ampia rigenerazione in topi wt dove si sono osservate molte fibre derivanti dalle cellule donatrici rilasciate. L’efficienza di questi risultati tuttavia, non si è ripetuta quando lo stesso approccio è stato usato per ottenere rilascio di distrofina nel modello mdx. Questi dati pongono i presupposti per sviluppare una combinazione di hydrogel e staminali ad hoc per le diverse condizioni fisiologiche tra ambiente wt e distrofico (caratterizzato da infiammazione cronica). Il primo capitolo presenterà una panoramica dei principali problemi riguardanti il rilascio di cellule miogeniche in vivo. Introdurrà quindi le cellule satellite e lo stato patologico della distrofia muscolare di Duchenne; in seguito vengono descritti gli approcci terapeutici per questo tipo di distrofina, con particolare attenzione a una terapia di tipo cellulare e al modo in cui le cellule vengono rilasciate in vivo. A questo proposito l’utilizzo di biomateriali si pone come possibile alternativa per la risoluzione del problema del rilascio in vivo. Successivamente viene descritto lo scopo della tesi. Il secondo capitolo descriverà l’utilizzo di uno scaffold tri-dimensionale di collagene come mediatore per rilascio di cellule in vivo. Il capitolo 3 invece descriverà l’utilizzo di un hydrogel derivato dall’acido ialuronico per lo stesso fine. Nella parte finale infine, sono riportate le conclusioni di tutto il lavoro.
Cell therapy for muscular dystrophies: in vivo delivery of myogenic precursor cells via biocompatible scaffolds
CARNIO, SILVIA
2009
Abstract
La distrofia muscolare di Duchenne (DMD) è caratterizzata da mutazioni nel gene della distrofina, che portano all’assenza di una proteina funzionale, con conseguente degenerazione e necrosi delle fibre muscolari. Nei muscoli distrofici, il potenziale rigenerativo delle cellule satelliti endogene, (la popolazione staminale del muscolo) è esaurito a causa dei continui cicli di degenerazione-rigenerazione che il muscolo distrofico subisce, per cui il tessuto muscolare viene con il tempo rimpiazzato da grasso e da tessuto fibrotico. Al momento, nonostante l’ assidua ricerca di una terapia di tipo genico o cellulare, non esiste una terapia efficace per i pazienti DMD. Lo scopo di una terapia cellulare è quello di rilasciare cellule che esprimono distrofina all’interno di un muscolo distrofico, al fine di rigenerare nuove fibre muscolari, non difettive per ‘espressione della proteina, e, più importante, al fine di reintegrare il pool di cellule satelliti endogene. In questo modo, durante la rigenerazione, le cellule rilasciate che esprimono distrofina, andrebbero a formare nuove fibre muscolari non difettive per l’espressione della proteina che con il tempo, andrebbero idealmente a sostituire, almeno in parte, quelle difettive. Infine, un’importante caratteristica di una terapia di tipo cellulare è che, una volta messo a punto un protocollo per una terapia efficace in pazienti DMD, questa potrebbe essere subito applicata ad altre distrofie di tipo monogenico. Al momento una terapia di tipo cellulare presenta diversi problemi che possono essere raggruppati in due punti principali: l’identificazione del miglior precursore miogenico da rilasciare e il modo con cui esso è rilasciato all’interno del muscolo malato al fine di un efficiente risultato. Diversi lavori hanno già dimostrato che l’utilizzo di biomateriali in questo campo può migliorare l’efficienza di rilascio in vivo. In particolare il mio gruppo ha già dimostrato queste potenzialità, utilizzando cellule miogeniche rilasciate nel muscolo rigenerante attraverso diversi tipi di biomateriali. La realizzazione di biomateriali per il rilascio di cellule implica diverse difficoltà, perché un biomateriale dovrebbe idealmente mimare il tessuto nel quale dovrà effettuare rilascio di cellule, e ricreare una nicchia per le cellule rilasciate, in grado cioè di preservarne le potenzialità proliferative e differenziative. In questo lavoro si sono trattati due diversi tipi di biomateriali, con modalità differenti, ma con lo scopo comune di effettuare un efficiente rilascio di cellule (e quindi di distrofina) nel topo mdx (modello murino per i pazienti DMD). Questo lavoro è stato condotto in stretta collaborazione con il laboratorio BioERA. (Biological Engineering Research and Application) presso il Dipartimento di Ingegneria Chimica dell’università degli studi di Padova. Inizialmente si è utilizzata una spugna tri-dimensionale in collagene, altamente elastica e la cui struttura è adatta a contenere un elevato numero di cellule mononucleate al suo interno, da essere rilasciate nel lungo termine all’interno del muscolo distrofico. In questa serie di esperimenti, scaffolds di collagene sono stati utilizzati per rilasciare in vivo un elevato numero di precursori miogenici precedentemente espansi in coltura. Le proprietà e le caratteristiche dello scaffold sono state analizzate prima in vitro e successivamente in vivo, sia in modelli sani wt che distrofici mdx, per valutarne le potenzialità come mediatore di rilascio cellulare. I nostri dati mostrano che lo scaffold di collagene ha effettivamente agito come un serbatoio cellulare, rilasciando le cellule che conteneva, mentre veniva degradato in vivo. Tuttavia però, il grado di efficienza generale di questa combinazione di cellule e biomateriale, quantificata come numero di fibre distrofina positive formatosi nei muscolo impiantati, era troppo bassa per avere una rilevanza clinica. Per questo motivo è stata proposta una alternativa che utilizza cellule satelliti isolate a fresco al posto di mioblasti espansi in vitro, e come biomateriale un hydrogel derivato dell’acido ialuronico al posto delle spugne in collagene. Quest’ultimo in particolare è un biomateriale iniettabile, di nuova realizzazione che viene reticolato in situ;l’acido ialuronico inoltre può essere prodotto per mezzo di processi fermentativi, caratteristica per la quale questo hydrogel può essere facilmente preparato per applicazioni di tipo clinico. Le proprietà meccaniche ed elastiche dell’hydrogel, così come le condizioni migliori per l’incapsulamento di cellule all’interno sono state caratterizzate sia in colture in vitro che per le applicazioni in vivo. Quindi, cellule satelliti isolate a fresco sono state incapsulate dentro l’hydrogel e rilasciate in vivo in muscoli tibiali anteriori di topi sia wt che distrofici mdx, al fine di valutare l’efficienza di rilascio di cellule da parte dell’hydrogel in vivo. Le cellule sospese in hydrogel hanno indotto una ampia rigenerazione in topi wt dove si sono osservate molte fibre derivanti dalle cellule donatrici rilasciate. L’efficienza di questi risultati tuttavia, non si è ripetuta quando lo stesso approccio è stato usato per ottenere rilascio di distrofina nel modello mdx. Questi dati pongono i presupposti per sviluppare una combinazione di hydrogel e staminali ad hoc per le diverse condizioni fisiologiche tra ambiente wt e distrofico (caratterizzato da infiammazione cronica). Il primo capitolo presenterà una panoramica dei principali problemi riguardanti il rilascio di cellule miogeniche in vivo. Introdurrà quindi le cellule satellite e lo stato patologico della distrofia muscolare di Duchenne; in seguito vengono descritti gli approcci terapeutici per questo tipo di distrofina, con particolare attenzione a una terapia di tipo cellulare e al modo in cui le cellule vengono rilasciate in vivo. A questo proposito l’utilizzo di biomateriali si pone come possibile alternativa per la risoluzione del problema del rilascio in vivo. Successivamente viene descritto lo scopo della tesi. Il secondo capitolo descriverà l’utilizzo di uno scaffold tri-dimensionale di collagene come mediatore per rilascio di cellule in vivo. Il capitolo 3 invece descriverà l’utilizzo di un hydrogel derivato dall’acido ialuronico per lo stesso fine. Nella parte finale infine, sono riportate le conclusioni di tutto il lavoro.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/110120
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