Il presente lavoro illustra i concetti fondamentali dell’integrazione tra la psicoterapia e le neuroscienze ed i risultati di quattro studi empirici inerenti la ricerca in psicoterapia. Nella prima parte è descritta l’evoluzione della ricerca in psicoterapia, la spinta alla proliferazione dei modelli di psicoterapia, la necessità di integrazione tra i diversi modelli di terapia e tra loro e le neuroscienze, ed una riflessione epistemologica sui modelli di integrazione tra differenti ambiti di ricerca. Successivamente è descritta la tecnica impiegata nel IV studio, ossia la risonanza magnetica funzionale (fMRI), alcune sue criticità, ed una breve rassegna delle prime evidenze ottenute attraverso la fMRI sui correlati neurali della psicopatologia e degli effetti della psicoterapia. Nella seconda parte sono descritte le due teorie a cui fanno riferimento gli studi: la Teoria dei Codici Multipli (MCT) e la Teoria delle Menti Risonanti (RMT). Sono inoltre illustrate le diverse concettualizzazioni della psicopatologia e della psicoterapia postulate dalle due teorie, ed i contributi introdotti dalle presenti ricerche. Lo studio I mostra l’importanza di indagare insieme sia la dimensione intrapsichica sia quella interpersonale del processo psicoterapeutico, ed individua una correlazione tra gli interventi positivi del terapeuta e la misura dell’attività referenziale (RA) che coglie la dimensione emotiva-sensoriale del linguaggio, espressione dei processi simbolici non verbali (sottoscala CONIM). Clinicamente, questo dato suggerisce una connessione tra il clima relazionale instaurato tra paziente e terapeuta e l’accesso a ricordi ed emozioni. Lo studio II è la prima applicazione della RA ad una psicoterapia psicodinamica breve (condotta secondo il modello di intervento di Fosha e Davanloo), caratterizzata da una fitta interazione verbale tra paziente e terapeuta. La valutazione multi strumentale della terapia ha mostrato che gli indici della RA sono convergenti con gli indici di altri strumenti di valutazione dell’esito e del processo. Lo studio II inoltre affronta il problema presente in letteratura inerente la difficoltà con cui la RA discrimina tra la prima e l’ultima fase del ciclo referenziale, ossia la fase di attivazione e quella di riflessione/riorganizzazione, in quanto entrambe sono caratterizzate da bassi livelli di RA rispetto alla fase centrale, detta di simbolizzazione. I risultati hanno evidenziato che la fase di attivazione si associa a valori relativamente elevati di CONIM, mentre la fase di riflessione si associa a valori relativamente elevati di CLASP (che coglie la dimensione logica e formale del linguaggio, espressione dei processi simbolici verbali), suggerendo che il valore assoluto e l’ampiezza della dissociazione tra i due indici CONIM e CLASP, oltre al basso valore di RA, possono fornire indicazioni sulla fase del ciclo referenziale che il paziente sta attraversando. Clinicamente, questi dati suggeriscono che gli psicoterapeuti implicitamente o esplicitamente sviluppano una sensibilità a cogliere le dimensioni più emotive (CONIM) e più cognitive (CLASP) del linguaggio, e utilizzino questa informazione sia per valutare in quale fase del ciclo referenziale si trovi il paziente, sia il livello di dissociazione tra le componenti simboliche e subsimboliche degli schemi emotivi. Lo studio III è una estensione ad un campione di diciotto sedute dello studio I ed individua una forte correlazione tra gli interventi positivi, neutri e negativi del terapeuta e la scala della RA che coglie la dimensione delle immagini mentali (detta Immaginazione), suggerendo una connessione tra la qualità della relazione tra terapeuta e paziente e l’accesso sia alle componenti simboliche non verbali degli schemi emotivi sia alle immagini prototipiche che organizzano l’esperienza di se in relazione agli altri. Clinicamente questo dato suggerisce che il processo referenziale, che consente la connessione tra le componenti simboliche e non simboliche degli schemi dell’emozione, agisce attraverso il recupero (correlato alla relazione) di immagini mentali e prototipiche dalle proprie memorie, e la loro successiva selezione e rielaborazione. Questo risultato in particolare ha suscitato la curiosità di considerare non solo i concetti psicologici indagati nelle trascrizioni (ad esempio, le fluttuazioni della scala Immaginazione) ma anche gli ipotetici processi neurali sottostanti (ad esempio, i meccanismi neurali coinvolti nel recupero, nella selezione e nella riorganizzazione delle immagini mentali e prototipiche). Lo studio IV, ispirato da tale curiosità, indaga mediante la fMRI i correlati neurali delle quattro fasi del Modello del Ciclo Terapeutico (TCM), derivato dalla RMT per validarne empiricamente gli assunti attraverso l’analisi delle due dimensioni “Tono Emotivo” (ET) ed “Astrazione” (AB) nei trascritti delle terapie. Le quattro fasi del TCM sono relaxing (basso ET, bassa AB ), experiencing (alto ET, bassa AB), reflecting (basso ET, alta AB) e connecting (alto ET, alta AB); la presenza di quest’ultima fase è nota in letteratura per essere associata all’esito positivo del trattamento in numerosi modelli di psicoterapia. Il IV studio individua le aree cerebrali modulate positivamente dalle due dimensioni ET ed AB e dalla loro interazione, ed evidenzia che l’interazione, rappresentativa della fase connecting, è correlata ad una maggior attivazione delle aree associate al meccanismo che seleziona tra memorie recuperate ed in competizione tra loro. Clinicamente, un possibile correlato potrebbe essere che interventi del terapeuta che stimolano contemporaneamente aspetti emotivi ed astratti possono facilitare il recupero e la selezione di memorie che successivamente possono essere rielaborate e ricodificate. Inoltre, lo studio ha inaspettatamente evidenziato che le differenze individuali nell’uso di vocaboli emotivi, rilevate durante la narrazione di storie da parte dei soggetti, sono fortemente correlate alla modulazione delle deattivazioni nelle aree preposte al controllo delle emozioni durante l’esposizione dei soggetti a narrative con contenuto emotivo. Questo dato suggerisce che le persone che usano meno il linguaggio emotivo sono anche quelle che non deattivano le aree del controllo emotivo quando sono esposte a narrative con contenuto emotivo. Un possibile e sorprendente risvolto clinico di questo risultato potrebbe essere che sono stati individuati i possibili correlati neurali di alcuni processi di estremo interesse clinico, variamenti nominati nella tradizione cognitiva (processi di regolazione emotiva, quali la soppressione o l’evitamento) e nella tradizione psicodinamica (meccanismi di difesa, quali l’isolamento o la repressione). In conclusione, l’approccio alla ricerca in psicoterapia che considera contemporaneamente i processi psicologici descritti da diversi modelli di psicoterapia ed i relativi processi neurali sembra favorire una maggiore comprensione delle interazioni cliniche anche in termini di dinamiche neurali, stimolando una riconcettualizzazione dei concetti indagati che favorisce l’integrazione tra modelli. Definiamo questo approccio psiconeurodinamica.
Psicoterapia e neuroscienze: correlati neurali del Modello del Ciclo Terapeutico
BENELLI, ENRICO
2010
Abstract
Il presente lavoro illustra i concetti fondamentali dell’integrazione tra la psicoterapia e le neuroscienze ed i risultati di quattro studi empirici inerenti la ricerca in psicoterapia. Nella prima parte è descritta l’evoluzione della ricerca in psicoterapia, la spinta alla proliferazione dei modelli di psicoterapia, la necessità di integrazione tra i diversi modelli di terapia e tra loro e le neuroscienze, ed una riflessione epistemologica sui modelli di integrazione tra differenti ambiti di ricerca. Successivamente è descritta la tecnica impiegata nel IV studio, ossia la risonanza magnetica funzionale (fMRI), alcune sue criticità, ed una breve rassegna delle prime evidenze ottenute attraverso la fMRI sui correlati neurali della psicopatologia e degli effetti della psicoterapia. Nella seconda parte sono descritte le due teorie a cui fanno riferimento gli studi: la Teoria dei Codici Multipli (MCT) e la Teoria delle Menti Risonanti (RMT). Sono inoltre illustrate le diverse concettualizzazioni della psicopatologia e della psicoterapia postulate dalle due teorie, ed i contributi introdotti dalle presenti ricerche. Lo studio I mostra l’importanza di indagare insieme sia la dimensione intrapsichica sia quella interpersonale del processo psicoterapeutico, ed individua una correlazione tra gli interventi positivi del terapeuta e la misura dell’attività referenziale (RA) che coglie la dimensione emotiva-sensoriale del linguaggio, espressione dei processi simbolici non verbali (sottoscala CONIM). Clinicamente, questo dato suggerisce una connessione tra il clima relazionale instaurato tra paziente e terapeuta e l’accesso a ricordi ed emozioni. Lo studio II è la prima applicazione della RA ad una psicoterapia psicodinamica breve (condotta secondo il modello di intervento di Fosha e Davanloo), caratterizzata da una fitta interazione verbale tra paziente e terapeuta. La valutazione multi strumentale della terapia ha mostrato che gli indici della RA sono convergenti con gli indici di altri strumenti di valutazione dell’esito e del processo. Lo studio II inoltre affronta il problema presente in letteratura inerente la difficoltà con cui la RA discrimina tra la prima e l’ultima fase del ciclo referenziale, ossia la fase di attivazione e quella di riflessione/riorganizzazione, in quanto entrambe sono caratterizzate da bassi livelli di RA rispetto alla fase centrale, detta di simbolizzazione. I risultati hanno evidenziato che la fase di attivazione si associa a valori relativamente elevati di CONIM, mentre la fase di riflessione si associa a valori relativamente elevati di CLASP (che coglie la dimensione logica e formale del linguaggio, espressione dei processi simbolici verbali), suggerendo che il valore assoluto e l’ampiezza della dissociazione tra i due indici CONIM e CLASP, oltre al basso valore di RA, possono fornire indicazioni sulla fase del ciclo referenziale che il paziente sta attraversando. Clinicamente, questi dati suggeriscono che gli psicoterapeuti implicitamente o esplicitamente sviluppano una sensibilità a cogliere le dimensioni più emotive (CONIM) e più cognitive (CLASP) del linguaggio, e utilizzino questa informazione sia per valutare in quale fase del ciclo referenziale si trovi il paziente, sia il livello di dissociazione tra le componenti simboliche e subsimboliche degli schemi emotivi. Lo studio III è una estensione ad un campione di diciotto sedute dello studio I ed individua una forte correlazione tra gli interventi positivi, neutri e negativi del terapeuta e la scala della RA che coglie la dimensione delle immagini mentali (detta Immaginazione), suggerendo una connessione tra la qualità della relazione tra terapeuta e paziente e l’accesso sia alle componenti simboliche non verbali degli schemi emotivi sia alle immagini prototipiche che organizzano l’esperienza di se in relazione agli altri. Clinicamente questo dato suggerisce che il processo referenziale, che consente la connessione tra le componenti simboliche e non simboliche degli schemi dell’emozione, agisce attraverso il recupero (correlato alla relazione) di immagini mentali e prototipiche dalle proprie memorie, e la loro successiva selezione e rielaborazione. Questo risultato in particolare ha suscitato la curiosità di considerare non solo i concetti psicologici indagati nelle trascrizioni (ad esempio, le fluttuazioni della scala Immaginazione) ma anche gli ipotetici processi neurali sottostanti (ad esempio, i meccanismi neurali coinvolti nel recupero, nella selezione e nella riorganizzazione delle immagini mentali e prototipiche). Lo studio IV, ispirato da tale curiosità, indaga mediante la fMRI i correlati neurali delle quattro fasi del Modello del Ciclo Terapeutico (TCM), derivato dalla RMT per validarne empiricamente gli assunti attraverso l’analisi delle due dimensioni “Tono Emotivo” (ET) ed “Astrazione” (AB) nei trascritti delle terapie. Le quattro fasi del TCM sono relaxing (basso ET, bassa AB ), experiencing (alto ET, bassa AB), reflecting (basso ET, alta AB) e connecting (alto ET, alta AB); la presenza di quest’ultima fase è nota in letteratura per essere associata all’esito positivo del trattamento in numerosi modelli di psicoterapia. Il IV studio individua le aree cerebrali modulate positivamente dalle due dimensioni ET ed AB e dalla loro interazione, ed evidenzia che l’interazione, rappresentativa della fase connecting, è correlata ad una maggior attivazione delle aree associate al meccanismo che seleziona tra memorie recuperate ed in competizione tra loro. Clinicamente, un possibile correlato potrebbe essere che interventi del terapeuta che stimolano contemporaneamente aspetti emotivi ed astratti possono facilitare il recupero e la selezione di memorie che successivamente possono essere rielaborate e ricodificate. Inoltre, lo studio ha inaspettatamente evidenziato che le differenze individuali nell’uso di vocaboli emotivi, rilevate durante la narrazione di storie da parte dei soggetti, sono fortemente correlate alla modulazione delle deattivazioni nelle aree preposte al controllo delle emozioni durante l’esposizione dei soggetti a narrative con contenuto emotivo. Questo dato suggerisce che le persone che usano meno il linguaggio emotivo sono anche quelle che non deattivano le aree del controllo emotivo quando sono esposte a narrative con contenuto emotivo. Un possibile e sorprendente risvolto clinico di questo risultato potrebbe essere che sono stati individuati i possibili correlati neurali di alcuni processi di estremo interesse clinico, variamenti nominati nella tradizione cognitiva (processi di regolazione emotiva, quali la soppressione o l’evitamento) e nella tradizione psicodinamica (meccanismi di difesa, quali l’isolamento o la repressione). In conclusione, l’approccio alla ricerca in psicoterapia che considera contemporaneamente i processi psicologici descritti da diversi modelli di psicoterapia ed i relativi processi neurali sembra favorire una maggiore comprensione delle interazioni cliniche anche in termini di dinamiche neurali, stimolando una riconcettualizzazione dei concetti indagati che favorisce l’integrazione tra modelli. Definiamo questo approccio psiconeurodinamica.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/110505
URN:NBN:IT:UNIPD-110505