Le malattie di mitocondriali umane, note anche come encefalomiopatie mitocondriali, vanno ad agire sulla funzionalità della fosforilazione ossidativa (OXPHOS) e sono il risultato di un gran numero di mutazioni, che possono localizzarsi sia a livello del genoma nucleare sia a livello di quello mitocondriale (mtDNA a eredità materna). Le malattie mitocondriali producono sintomi estremamente diversi, di gravità variabile, che vanno a colpire tessuti ad elevata richiesta energetica, quali cervello, muscolo, cuore, ed epiteli sensorio-neurali. Inoltre questi disturbi possono apparire precocemente, in giovane età, nei bambini o in età adulta (Wallace et al. 1999). In particolare si è utilizzato Drosophila melanogaster come un organismo modello per studiare varie malattie mitocondriali. Le principali ragioni che fanno del moscerino della frutta un ottimo organismo modello sono molteplici. Innanzitutto ha dimensioni ridotte, è facile da crescere, possiede ciclo di vita e tempo di generazione assai brevi, produce un buon numero di progenie ed è caratterizzato da un genoma piccolo completamente sequenziato, (Adams et al. 2000), con la presenza di gran numero di geni ortologhi a quelli umani. In particolare, grazie all’utilizzo di Drosophila, sono stati analizzati, a livello molecolare, tre diversi geni, le cui disfunzioni danno luogo ad encefalomiopatie, che vanno a colpire la funzionalità della catena respiratoria mitocondriale a diversi livelli. Nel complesso mutazioni in questi geni causano un fenotipo letale. Inoltre, è stato caratterizzato anche un altro gene, coinvolto nella stabilità e nel mantenimento del genoma mitocondriale (mtDNA). Alterazioni strutturali dell’ mtDNA o decremento del numero di copie dello stesso, hanno profonde conseguenze sulla funzionalità mitocondriale e determinano l’insorgenza di gravi malattie umane, per la maggioranza letali (Spinazzola e Zeviani 2005). Questi geni, e le patologie che derivano da un loro malfunzionamento, sono stati studiati in Drosophila con approcci diversi che tuttavia seguono un schema generale comune. In primo luogo, la versatilità del nostro organismo modello rende possibile il silenziamento post-trascrizionale del gene in questione, sfruttando il sistema binario di lievito UAS-GAL4 (Brand e Perrimon 1993). In tal modo è possibile ottenere l’abbattimento del gene, abbattimento che può essere modulato sia temporalmente che spazialmente. Inoltre, qualora le condizioni lo permettano, è di grande utilità la generazione di un modello knock out (KO) del gene. Il KO in drosophila è tuttora un metodo di facile generazione, che prevede un meccanismo di ricombinazione tra linee di drosophila contenenti elementi inserzionali localizzati alle estremità del gene da eliminare. In dettaglio il meccanismo descritto da (Parks et al. 2004) sfrutta la ricombinazione specifica tra siti FRT, localizzati all’interno dell’elemento trasponibile, in presenza di flippasi (FLP) che catalizza l’excisione del gene d’interesse. Una volta eseguito il silenziamento post-trascrizionale o il KO del gene d’interesse, al fine di validare i modelli ottenuti, il passo successivo è quello che prevede il recupero del fenotipo osservato. Esperimenti di “rescue” prevedono la realizzazione di un costrutto contente il gene d’interesse sotto il controllo di uno specifico promotore, in grado di attivarne l’espressione in un contesto “loss of gene”. Se l'espressione del gene sintetico risulta in grado di recuperare il fenotipo KO/KD, la caratterizzazione genica è completata. Nello specifico, in questo lavoro è stato condotto lo studio di quattro diversi geni seguendo lo stesso schema comune, mirato a descrivere la funzione molecolare di questi geni coinvolti in devastanti sindromi mitocondriali.
Drosophila melanogaster as a model to study mitochondrial diseases
DA RE', CATERINA
2011
Abstract
Le malattie di mitocondriali umane, note anche come encefalomiopatie mitocondriali, vanno ad agire sulla funzionalità della fosforilazione ossidativa (OXPHOS) e sono il risultato di un gran numero di mutazioni, che possono localizzarsi sia a livello del genoma nucleare sia a livello di quello mitocondriale (mtDNA a eredità materna). Le malattie mitocondriali producono sintomi estremamente diversi, di gravità variabile, che vanno a colpire tessuti ad elevata richiesta energetica, quali cervello, muscolo, cuore, ed epiteli sensorio-neurali. Inoltre questi disturbi possono apparire precocemente, in giovane età, nei bambini o in età adulta (Wallace et al. 1999). In particolare si è utilizzato Drosophila melanogaster come un organismo modello per studiare varie malattie mitocondriali. Le principali ragioni che fanno del moscerino della frutta un ottimo organismo modello sono molteplici. Innanzitutto ha dimensioni ridotte, è facile da crescere, possiede ciclo di vita e tempo di generazione assai brevi, produce un buon numero di progenie ed è caratterizzato da un genoma piccolo completamente sequenziato, (Adams et al. 2000), con la presenza di gran numero di geni ortologhi a quelli umani. In particolare, grazie all’utilizzo di Drosophila, sono stati analizzati, a livello molecolare, tre diversi geni, le cui disfunzioni danno luogo ad encefalomiopatie, che vanno a colpire la funzionalità della catena respiratoria mitocondriale a diversi livelli. Nel complesso mutazioni in questi geni causano un fenotipo letale. Inoltre, è stato caratterizzato anche un altro gene, coinvolto nella stabilità e nel mantenimento del genoma mitocondriale (mtDNA). Alterazioni strutturali dell’ mtDNA o decremento del numero di copie dello stesso, hanno profonde conseguenze sulla funzionalità mitocondriale e determinano l’insorgenza di gravi malattie umane, per la maggioranza letali (Spinazzola e Zeviani 2005). Questi geni, e le patologie che derivano da un loro malfunzionamento, sono stati studiati in Drosophila con approcci diversi che tuttavia seguono un schema generale comune. In primo luogo, la versatilità del nostro organismo modello rende possibile il silenziamento post-trascrizionale del gene in questione, sfruttando il sistema binario di lievito UAS-GAL4 (Brand e Perrimon 1993). In tal modo è possibile ottenere l’abbattimento del gene, abbattimento che può essere modulato sia temporalmente che spazialmente. Inoltre, qualora le condizioni lo permettano, è di grande utilità la generazione di un modello knock out (KO) del gene. Il KO in drosophila è tuttora un metodo di facile generazione, che prevede un meccanismo di ricombinazione tra linee di drosophila contenenti elementi inserzionali localizzati alle estremità del gene da eliminare. In dettaglio il meccanismo descritto da (Parks et al. 2004) sfrutta la ricombinazione specifica tra siti FRT, localizzati all’interno dell’elemento trasponibile, in presenza di flippasi (FLP) che catalizza l’excisione del gene d’interesse. Una volta eseguito il silenziamento post-trascrizionale o il KO del gene d’interesse, al fine di validare i modelli ottenuti, il passo successivo è quello che prevede il recupero del fenotipo osservato. Esperimenti di “rescue” prevedono la realizzazione di un costrutto contente il gene d’interesse sotto il controllo di uno specifico promotore, in grado di attivarne l’espressione in un contesto “loss of gene”. Se l'espressione del gene sintetico risulta in grado di recuperare il fenotipo KO/KD, la caratterizzazione genica è completata. Nello specifico, in questo lavoro è stato condotto lo studio di quattro diversi geni seguendo lo stesso schema comune, mirato a descrivere la funzione molecolare di questi geni coinvolti in devastanti sindromi mitocondriali.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/175022
URN:NBN:IT:UNIPD-175022