Numerose ricerche di psicologia sociale hanno dimostrato come il contatto intergruppi rappresenti un potente strumento in grado di ridurre il pregiudizio. L'ipotesi del contatto (Allport, 1954), secondo cui gli incontri cooperativi tra membri di gruppi diversi possono portare a rapporti intergruppi più armoniosi, è stata ampiamente testata negli ultimi 50 anni e ha ricevuto conferma in una grande varietà di gruppi, situazioni e contesti culturali (Pettigrew & Tropp, 2006). Recentemente, la ricerca sul contatto si è concentrata su alcune forme più intime di contatto, come le amicizie intergruppi (Pettigrew, 1997, 1998), e su forme alternative al contatto diretto come, ad esempio, il contatto esteso (Wright et al., 1997). Sebbene la vasta letteratura sull’argomento abbia contribuito a creare un ampio consenso sull’efficacia del contatto nel miglioramento delle relazioni intergruppi, alcuni problemi necessitano di essere ulteriormente investigati. Nel primo studio, l’obiettivo era di testare, per la prima volta, gli effetti delle amicizie intergruppi dirette ed estese sulle attribuzioni di umanità dell’outgroup. Un ulteriore obiettivo era di indagare i processi di mediazione che favoriscono l’attribuzione di caratteristiche unicamente umane all’outgroup. È stato testato un modello di doppia mediazione in cui: le amicizie dirette ed estese sono le variabili iniziali; l’inclusione dell’outgroup nel sé, (IOS;Wright et al., 1997), le norme dell’ingroup (Wright et al., 1997) e le norme dell’outgroup (Wright et al., 1997) sono i mediatori di primo livello; le emozioni di ansia, empatia e fiducia nei confronti dell’outgroup sono i mediatori di secondo livello; come variabile finale si è utilizzata l’attribuzione di tratti unicamente umani all’outgroup. Il rapporto intergruppi considerato era: Settentrionali/Meridionali. I partecipanti erano tutti Settentrionali e compilavano un questionario contenente le misure incluse nel modello. I risultati hanno mostrato processi di mediazione diversi per il contatto diretto e indiretto. Il contatto diretto migliora le percezioni d’umanità perché aumenta l’ IOS che, a sua volta, diminuisce l’ansia e aumenta l’ empatia e la fiducia nei confronti dell’outgroup, con effetti positivi sull’umanizzazione dell’outgroup. Il contatto indiretto, invece, migliora le percezioni d’umanità poiché agisce positivamente sulle norme dell’ingroup (la percezione che i membri dell’ingroup sono favorevoli all’outgroup), tale percezione, a sua volta, diminuisce l’ansia e aumenta l’empatia e la fiducia nei confronti dell’outgroup, con effetti positivi sull’umanizzazione dell’outgroup. Questo studio mette in evidenza l’efficacia delle amicizie dirette ed estese, nel promuovere l’umanizzazione dell’outgroup, e sottolinea come esse operino attraverso processi diversi. Nonostante vi sia un’ampia letteratura relativa ai moderatori del contatto diretto (Brown & Hewstone, 2005), pochi studi hanno indagato i fattori che moderano gli effetti del contatto indiretto. Per questo, dopo aver esaminato nel primo studio le variabili mediatrici del contatto esteso, nel secondo studio ci siamo proposti di estendere tali risultati e di testare quando il contatto indiretto sia maggiormente efficace. L’obiettivo del secondo studio era di testare, nell’ambito del contatto indiretto, la prototipicità del rappresentante, membro dell’ingroup e dell’outgroup. In accordo con la teoria della categorizzazione di sè (Turner, 1991), l'influenza sociale viene esercitata soprattutto dai membri percepiti come prototipici del gruppo d'appartenenza. Adottando il paradigma dei gruppi minimali (vedi Tajfel,1970), si è manipolata la prototipicità (similarità agli altri membri del gruppo) percepita dell’esemplare dell’ingroup e di quello dell’outgroup. Il disegno sperimentale comprendeva quattro condizioni tra i partecipanti: sia l’esemplare dell’ingroup sia quello dell’outgroup sono presentati come prototipici; l’esemplare dell’ingroup è presentato come prototipico quello dell’outgroup no; l’esemplare dell’ingroup non è prototipico quello dell’outgroup si; i due rappresentanti sono entrambi non prototipici. L’esperimento veniva introdotto, ai partecipanti, come uno studio sulla produttività dei gruppi in compiti di brainstorming. Sulla base di un falso feedback, veniva introdotta la manipolazione sperimentale in cui si diceva che, in base alla risposte fornite al brainstorming, era stato selezionato il membro del gruppo che aveva eseguito il compito in maniera: più simile al partecipante e agli altri membri del gruppo (prototipicità) o che aveva fornito soluzioni simili ad alcuni membri del gruppo e diverse da altri (non prototipicità). Per l’outgroup, si diceva che l’esemplare aveva dato soluzioni simili vs. diverse dagli altri membri del suo gruppo. A questo punto ai partecipanti si chiedeva di immaginare, l’incontro del loro rappresentante con quello dell’outgroup (contatto immaginato, Crisp et al., 2010). Al termine del compito d’immaginazione i partecipanti compilavano un questionario contenente le variabili dipendenti. I risultati hanno mostrato che la condizione che più di tutte migliora il rapporto intergruppi è quella in cui entrambi gli esemplari sono prototipici. Coerentemente con la precedente letteratura, questi studi dimostrano che il contatto, diretto e indiretto, ha effetti positivi per le relazioni intergruppi. Tuttavia, solo pochi studi hanno dato attenzione a quali variabili portino le persone ad impegnarsi nel contatto con i membri dell’outgroup (Butz & Plant, 2011; Plant et al., 2010). Nonostante, infatti, il contatto sia una strategia utile per migliorare i rapporti intergruppi, le persone non scelgono spontaneamente di entrare in contatto con l’outgroup. In molte società contemporanee, persone appartenenti a gruppi diversi, pur vivendo fianco a fianco, evitano le opportunità di contatto, generando forme di segregazione tra gruppi (ad esempio, Alexander & Tredoux, 2010, Castelli, De Amicis & Sherman, 2007; Dixon & Durrheim, 2003). Con la successione di tre studi, si è cercato di colmare questa lacuna, identificando fattori e processi che determinano la disponibilità delle persone ad impegnarsi nel contatto. Negli studi che seguono, è stata studiata, per la prima volta nell’ambito delle relazioni intergruppi, la self-expansion (Aron, Aron, & Norman, 2001; Aron et al., 2004; Wright, Aron, & Tropp, 2002; Lewandowski et al., 2011): una variabile motivazionale che orienta all’approccio. Secondo gli autori (Aron et al., 2001), il desiderio di espandere il sé è una motivazione centrale degli esseri umani. Un modo in cui le persone cercano una tale espansione è attraverso la formazione di stretti rapporti con gli altri: questo facilita l’inclusione nel sé di nuovi punti di vista, identità e risorse. Per tali motivi, in questi studi, la self-expansion è stata studiata come variabile precursore del contatto. L’ansia integruppi, estensivamente studiata come emozione che riduce il contatto, è stata introdotta come controllo degli effetti della self-expansion. L’obiettivo del primo studio, correlazionale, era di analizzare la capacità predittiva della self-espansion, sia nelle relazioni intragruppo sia in quelle intergruppi. I partecipanti erano studenti australiani (N = 443). Il rapporto intergruppi considerato era City/Rural. I risultati hanno mostrato che la self-expansion è associata a variabili intergruppi (quali ad esempio, il numero di amicizie) e ad un numero maggiore di relazioni intime e positive entro l’ingroup. Nel secondo studio, sperimentale, l’ipotesi era che, di fronte ad una scelta forzata tra la possibilità di stabilire nuove relazioni con l’ingroup o con l’outgroup, la self-expansion porti a preferire nuove relazioni con l’outgroup. Il rapporto intergruppi considerato era quello tra Bianchi vs. altre Etnie nel contesto universitario australiano. I partecipanti (N = 63 bianchi and N = 41 di altre etnie) erano studenti universitari. I partecipanti sono stati assegnati in maniera randomizzata ad una delle condizioni del disegno sperimentale 2 (Self-expansion: alta vs. bassa) × 2 (Ansia: alta vs. bassa); i due fattori sono tra i partecipanti. I risultati hanno mostrato un’interazione significativa tra l’etnia dei partecipanti e la manipolazione di self-expansion sulla variabile: preferenza del gruppo etnico. Questa interazione riflette il fatto che i partecipanti bianchi hanno espresso più interesse ad entrare in contatto con i membri dell’outgroup, quando posti nella condizione di alta self-expansion; i partecipanti di altre etnie, invece, hanno espresso un maggiore interesse per le relazioni intragruppo, nella condizione di bassa self-expansion. I risultati hanno, inoltre, mostrato un’interazione significativa tra l’etnia dei partecipanti e la manipolazione di self-expansion sulla variabile: preferenza del gruppo bianco. I partecipanti bianchi preferiscono una relazione intragruppo nella condizione di bassa self-expansion, mentre i partecipanti etnici hanno espresso più interesse ad entrare in contatto con i membri dell’outgroup, quando posti nella condizione di alta self-expansion. Nel terzo studio si è adottato lo stesso disegno sperimentale dello studio precedente. I partecipanti (N = 80) erano studenti di psicologia e personale universitario, reclutati entro il gruppo di maggioranza degli anglosassoni bianchi. L’obiettivo era di estendere i risultati ottenuti nelle due precedenti ricerche. La variabile dipendente era una misura implicita di approach-avoidance (Paladino & Castelli, 2006). Subito dopo la manipolazione, i partecipanti eseguivano un compito al computer che consisteva in una serie di prove di categorizzazione. In ciascuna di queste prove, al centro del monitor compariva uno stimolo; al partecipante veniva chiesto di classificarlo il più velocemente ed accuratamente possibile. Gli stimoli erano singoli volti di persone bianche (ingroup) o singoli volti appartenenti ad altre etnie (outgroup). I risultati hanno mostrato due diversi pattern di risposte. Nelle condizioni di bassa self-expansion/bassa ansia, alta self-expansion/bassa ansia, e alta self-expansion/bassa ansia, i partecipanti sono stati più veloci nell’avvicinare i volti dei bianchi (l’ingroup). Nella condizione di alta self-expansion/alta ansia, sono stati più veloci nell’avvicinare l’outgroup che l’ingroup e più veloci nell’evitare l’ingroup che nell’avvicinarlo. In sintesi, in questo programma di ricerca si è dimostrato che: 1.anche il contatto indiretto può favorire l’umanizzazione dell’outgroup; 2. nel contatto indiretto, la prototipicità degli esemplari favorisce gli effetti positivi del contatto; 3. la variabile motivazionale espansione del sé promuove la ricerca del contatto con i gruppi estranei.

Consequences and antecedents of intergroup contact: field and experimental evidence

FAVARA, IRENE
2012

Abstract

Numerose ricerche di psicologia sociale hanno dimostrato come il contatto intergruppi rappresenti un potente strumento in grado di ridurre il pregiudizio. L'ipotesi del contatto (Allport, 1954), secondo cui gli incontri cooperativi tra membri di gruppi diversi possono portare a rapporti intergruppi più armoniosi, è stata ampiamente testata negli ultimi 50 anni e ha ricevuto conferma in una grande varietà di gruppi, situazioni e contesti culturali (Pettigrew & Tropp, 2006). Recentemente, la ricerca sul contatto si è concentrata su alcune forme più intime di contatto, come le amicizie intergruppi (Pettigrew, 1997, 1998), e su forme alternative al contatto diretto come, ad esempio, il contatto esteso (Wright et al., 1997). Sebbene la vasta letteratura sull’argomento abbia contribuito a creare un ampio consenso sull’efficacia del contatto nel miglioramento delle relazioni intergruppi, alcuni problemi necessitano di essere ulteriormente investigati. Nel primo studio, l’obiettivo era di testare, per la prima volta, gli effetti delle amicizie intergruppi dirette ed estese sulle attribuzioni di umanità dell’outgroup. Un ulteriore obiettivo era di indagare i processi di mediazione che favoriscono l’attribuzione di caratteristiche unicamente umane all’outgroup. È stato testato un modello di doppia mediazione in cui: le amicizie dirette ed estese sono le variabili iniziali; l’inclusione dell’outgroup nel sé, (IOS;Wright et al., 1997), le norme dell’ingroup (Wright et al., 1997) e le norme dell’outgroup (Wright et al., 1997) sono i mediatori di primo livello; le emozioni di ansia, empatia e fiducia nei confronti dell’outgroup sono i mediatori di secondo livello; come variabile finale si è utilizzata l’attribuzione di tratti unicamente umani all’outgroup. Il rapporto intergruppi considerato era: Settentrionali/Meridionali. I partecipanti erano tutti Settentrionali e compilavano un questionario contenente le misure incluse nel modello. I risultati hanno mostrato processi di mediazione diversi per il contatto diretto e indiretto. Il contatto diretto migliora le percezioni d’umanità perché aumenta l’ IOS che, a sua volta, diminuisce l’ansia e aumenta l’ empatia e la fiducia nei confronti dell’outgroup, con effetti positivi sull’umanizzazione dell’outgroup. Il contatto indiretto, invece, migliora le percezioni d’umanità poiché agisce positivamente sulle norme dell’ingroup (la percezione che i membri dell’ingroup sono favorevoli all’outgroup), tale percezione, a sua volta, diminuisce l’ansia e aumenta l’empatia e la fiducia nei confronti dell’outgroup, con effetti positivi sull’umanizzazione dell’outgroup. Questo studio mette in evidenza l’efficacia delle amicizie dirette ed estese, nel promuovere l’umanizzazione dell’outgroup, e sottolinea come esse operino attraverso processi diversi. Nonostante vi sia un’ampia letteratura relativa ai moderatori del contatto diretto (Brown & Hewstone, 2005), pochi studi hanno indagato i fattori che moderano gli effetti del contatto indiretto. Per questo, dopo aver esaminato nel primo studio le variabili mediatrici del contatto esteso, nel secondo studio ci siamo proposti di estendere tali risultati e di testare quando il contatto indiretto sia maggiormente efficace. L’obiettivo del secondo studio era di testare, nell’ambito del contatto indiretto, la prototipicità del rappresentante, membro dell’ingroup e dell’outgroup. In accordo con la teoria della categorizzazione di sè (Turner, 1991), l'influenza sociale viene esercitata soprattutto dai membri percepiti come prototipici del gruppo d'appartenenza. Adottando il paradigma dei gruppi minimali (vedi Tajfel,1970), si è manipolata la prototipicità (similarità agli altri membri del gruppo) percepita dell’esemplare dell’ingroup e di quello dell’outgroup. Il disegno sperimentale comprendeva quattro condizioni tra i partecipanti: sia l’esemplare dell’ingroup sia quello dell’outgroup sono presentati come prototipici; l’esemplare dell’ingroup è presentato come prototipico quello dell’outgroup no; l’esemplare dell’ingroup non è prototipico quello dell’outgroup si; i due rappresentanti sono entrambi non prototipici. L’esperimento veniva introdotto, ai partecipanti, come uno studio sulla produttività dei gruppi in compiti di brainstorming. Sulla base di un falso feedback, veniva introdotta la manipolazione sperimentale in cui si diceva che, in base alla risposte fornite al brainstorming, era stato selezionato il membro del gruppo che aveva eseguito il compito in maniera: più simile al partecipante e agli altri membri del gruppo (prototipicità) o che aveva fornito soluzioni simili ad alcuni membri del gruppo e diverse da altri (non prototipicità). Per l’outgroup, si diceva che l’esemplare aveva dato soluzioni simili vs. diverse dagli altri membri del suo gruppo. A questo punto ai partecipanti si chiedeva di immaginare, l’incontro del loro rappresentante con quello dell’outgroup (contatto immaginato, Crisp et al., 2010). Al termine del compito d’immaginazione i partecipanti compilavano un questionario contenente le variabili dipendenti. I risultati hanno mostrato che la condizione che più di tutte migliora il rapporto intergruppi è quella in cui entrambi gli esemplari sono prototipici. Coerentemente con la precedente letteratura, questi studi dimostrano che il contatto, diretto e indiretto, ha effetti positivi per le relazioni intergruppi. Tuttavia, solo pochi studi hanno dato attenzione a quali variabili portino le persone ad impegnarsi nel contatto con i membri dell’outgroup (Butz & Plant, 2011; Plant et al., 2010). Nonostante, infatti, il contatto sia una strategia utile per migliorare i rapporti intergruppi, le persone non scelgono spontaneamente di entrare in contatto con l’outgroup. In molte società contemporanee, persone appartenenti a gruppi diversi, pur vivendo fianco a fianco, evitano le opportunità di contatto, generando forme di segregazione tra gruppi (ad esempio, Alexander & Tredoux, 2010, Castelli, De Amicis & Sherman, 2007; Dixon & Durrheim, 2003). Con la successione di tre studi, si è cercato di colmare questa lacuna, identificando fattori e processi che determinano la disponibilità delle persone ad impegnarsi nel contatto. Negli studi che seguono, è stata studiata, per la prima volta nell’ambito delle relazioni intergruppi, la self-expansion (Aron, Aron, & Norman, 2001; Aron et al., 2004; Wright, Aron, & Tropp, 2002; Lewandowski et al., 2011): una variabile motivazionale che orienta all’approccio. Secondo gli autori (Aron et al., 2001), il desiderio di espandere il sé è una motivazione centrale degli esseri umani. Un modo in cui le persone cercano una tale espansione è attraverso la formazione di stretti rapporti con gli altri: questo facilita l’inclusione nel sé di nuovi punti di vista, identità e risorse. Per tali motivi, in questi studi, la self-expansion è stata studiata come variabile precursore del contatto. L’ansia integruppi, estensivamente studiata come emozione che riduce il contatto, è stata introdotta come controllo degli effetti della self-expansion. L’obiettivo del primo studio, correlazionale, era di analizzare la capacità predittiva della self-espansion, sia nelle relazioni intragruppo sia in quelle intergruppi. I partecipanti erano studenti australiani (N = 443). Il rapporto intergruppi considerato era City/Rural. I risultati hanno mostrato che la self-expansion è associata a variabili intergruppi (quali ad esempio, il numero di amicizie) e ad un numero maggiore di relazioni intime e positive entro l’ingroup. Nel secondo studio, sperimentale, l’ipotesi era che, di fronte ad una scelta forzata tra la possibilità di stabilire nuove relazioni con l’ingroup o con l’outgroup, la self-expansion porti a preferire nuove relazioni con l’outgroup. Il rapporto intergruppi considerato era quello tra Bianchi vs. altre Etnie nel contesto universitario australiano. I partecipanti (N = 63 bianchi and N = 41 di altre etnie) erano studenti universitari. I partecipanti sono stati assegnati in maniera randomizzata ad una delle condizioni del disegno sperimentale 2 (Self-expansion: alta vs. bassa) × 2 (Ansia: alta vs. bassa); i due fattori sono tra i partecipanti. I risultati hanno mostrato un’interazione significativa tra l’etnia dei partecipanti e la manipolazione di self-expansion sulla variabile: preferenza del gruppo etnico. Questa interazione riflette il fatto che i partecipanti bianchi hanno espresso più interesse ad entrare in contatto con i membri dell’outgroup, quando posti nella condizione di alta self-expansion; i partecipanti di altre etnie, invece, hanno espresso un maggiore interesse per le relazioni intragruppo, nella condizione di bassa self-expansion. I risultati hanno, inoltre, mostrato un’interazione significativa tra l’etnia dei partecipanti e la manipolazione di self-expansion sulla variabile: preferenza del gruppo bianco. I partecipanti bianchi preferiscono una relazione intragruppo nella condizione di bassa self-expansion, mentre i partecipanti etnici hanno espresso più interesse ad entrare in contatto con i membri dell’outgroup, quando posti nella condizione di alta self-expansion. Nel terzo studio si è adottato lo stesso disegno sperimentale dello studio precedente. I partecipanti (N = 80) erano studenti di psicologia e personale universitario, reclutati entro il gruppo di maggioranza degli anglosassoni bianchi. L’obiettivo era di estendere i risultati ottenuti nelle due precedenti ricerche. La variabile dipendente era una misura implicita di approach-avoidance (Paladino & Castelli, 2006). Subito dopo la manipolazione, i partecipanti eseguivano un compito al computer che consisteva in una serie di prove di categorizzazione. In ciascuna di queste prove, al centro del monitor compariva uno stimolo; al partecipante veniva chiesto di classificarlo il più velocemente ed accuratamente possibile. Gli stimoli erano singoli volti di persone bianche (ingroup) o singoli volti appartenenti ad altre etnie (outgroup). I risultati hanno mostrato due diversi pattern di risposte. Nelle condizioni di bassa self-expansion/bassa ansia, alta self-expansion/bassa ansia, e alta self-expansion/bassa ansia, i partecipanti sono stati più veloci nell’avvicinare i volti dei bianchi (l’ingroup). Nella condizione di alta self-expansion/alta ansia, sono stati più veloci nell’avvicinare l’outgroup che l’ingroup e più veloci nell’evitare l’ingroup che nell’avvicinarlo. In sintesi, in questo programma di ricerca si è dimostrato che: 1.anche il contatto indiretto può favorire l’umanizzazione dell’outgroup; 2. nel contatto indiretto, la prototipicità degli esemplari favorisce gli effetti positivi del contatto; 3. la variabile motivazionale espansione del sé promuove la ricerca del contatto con i gruppi estranei.
31-gen-2012
Inglese
intergroup contact, self-expansion
CAPOZZA, DORA
ROBUSTO, EGIDIO
Università degli studi di Padova
152
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Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPD-86382