L'impostazione dello studio condotto nel presente lavoro di tesi si basa su tre elementi fondamentali che stanno caratterizzando lo sviluppo della sostenibilità  ambientale ed energetica nei principali Paesi dell'Unione Europea. In primo luogo, il conseguimento di un settore energetico sicuro, competitivo e tendente ad emissioni "zero" è la strada intrapresa fin dalla definizione degli obiettivi 20-20-20 per il 2020 (si ricorda la riduzione del 20% delle emissioni inquinanti, la riduzione del 20% dei consumi finali e l'incremento del 20% di energia prodotta da fonti rinnovabili). Ora la Commissione europea cerca di migliorare gli obiettivi andando oltre il 2020 e lancia la proposta dell'Energy Roadmap 2050, presentata nel dicembre 2011. In secondo luogo, negli ultimi anni a livello mondiale si sta registrando un crescente interesse per la tutela dell'ambiente dall'effetto inquinante generato dal settore agro-zootecnico; in particolare, preoccupa il destino dell'azoto presente negli effluenti degli allevamenti utilizzati nei terreni agricoli. Tale problema è molto sentito nelle aree con elevate densità  di capi, dove è diventato necessario riequilibrare il rapporto tra carico di animali e terreno disponibile per lo spandimento dei liquami. Si osserva, peraltro, che in molti casi l'impatto negativo deriva non solo dalle caratteristiche degli effluenti, quanto da poco razionali modalità  di gestione, di trattamento e di impiego finale, spesso non sostenibili nel sistema territoriale complessivo che ospita l'attività  zootecnica. In Italia il recepimento finale della cosiddetta Direttiva Nitrati (Dir. 91/676/CEE ) ha reso ancora più difficoltosa tale situazione; oltre all'indubbia questione sorta in merito alla definizione in termini generali delle Zone Vulnerabili ai Nitrati (dove si possono spandere al massimo 170 kg/ha di azoto) e Zone Non Vulnerabili ai Nitrati (dove il limite sale a 340 kg/ha), si ricorda che i valori di azoto prodotto in stalla utilizzati dalle Regioni fino all'entrata in vigore del Decreto Ministeriale , non corrispondevano a quelli in adozione negli altri Paesi dell'UE. In terzo luogo, nel passato, le principali direttive comunitarie, prima, con gli aiuti a sostegno dei prezzi e, poi, con i contributi a superficie coltivata (dopo la Riforma di Mac Sharry del 1992), hanno indirizzato gli agricoltori a concentrare i loro sforzi al fine di incrementare l'efficienza delle tecniche agricole per migliorare le rese unitarie e la produzione finale soprattutto di commodities e beni ad esclusiva destinazione alimentare. Con la riforma della politica agricola comunitaria dei primi anni del 2000 e l'introduzione del disaccoppiamento, gli agricoltori sono stati in parte liberi di fare le proprie scelte imprenditoriali valutando attentamente il mercato, il proprio territorio, le tecnologie a disposizione ed i finanziamenti per lo sviluppo aziendale, ad esempio, attraverso le indicazioni e le risorse dei Piani di Sviluppo Rurale regionali del secondo pilastro della PAC. Ora si è in attesa di ulteriori profondi cambiamenti con la nuova riforma che avrà  avvio nel 2014, che sembra ancora di più (da quanto scaturisce dalle proposte della Commissione europea) indirizzata verso la tutela dell'ambiente e di un ruolo di "servizio" delle attività  dell'impresa agricola. Di fronte ad un cambiamento così radicale dello scenario di riferimento, si sono ridisegnate nuove possibili strategie di medio-lungo periodo per l'azienda agricola, combinando risorse e capitali e verificando l'adattabilità  degli stessi agricoltori alle scelte future di indirizzo, secondo un approccio multifunzionale. Gli agricoltori, pertanto, hanno l'opportunità  di ripensare e di modificare il loro ruolo per il futuro: da quello esclusivo agricolo a quello di imprenditori per attività  anche di servizio, con tutti i requisiti che questa funzione sottende; è necessario però anche un riposizionamento funzionale ed efficiente degli attori dell'intera filiera agro-zootecnica, privati e pubblici, che condizionano ed interagiscono con le attività  dell'impresa. Da quanto premesso si può affermare che anche la produzione energetica potrebbe rappresentare per l'imprenditore agricolo un'importante opportunità  per differenziare la propria attività , allargando le prospettive e gli scenari per l'azienda. Il presente studio, osservate tali complesse questioni, vuole proporre un'analisi che valuti gli effetti sulle scelte future dell'imprenditore alla luce, anche, delle nuove indicazioni presenti nel Decreto ministeriale del 6 luglio 2012 'Attuazione dell'art. 24 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, recante incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti a fonti rinnovabili diversi dai fotovoltaici' confrontando vari scenari con il sistema d'incentivazione valido fino al 31 dicembre 2012.

Analisi tecnico-economica della filiera del biogas a seguito del D.M. 6 luglio 2012. Opportunità  e limiti per l'impresa zootecnica

BANZATO, DONATELLA
2013

Abstract

L'impostazione dello studio condotto nel presente lavoro di tesi si basa su tre elementi fondamentali che stanno caratterizzando lo sviluppo della sostenibilità  ambientale ed energetica nei principali Paesi dell'Unione Europea. In primo luogo, il conseguimento di un settore energetico sicuro, competitivo e tendente ad emissioni "zero" è la strada intrapresa fin dalla definizione degli obiettivi 20-20-20 per il 2020 (si ricorda la riduzione del 20% delle emissioni inquinanti, la riduzione del 20% dei consumi finali e l'incremento del 20% di energia prodotta da fonti rinnovabili). Ora la Commissione europea cerca di migliorare gli obiettivi andando oltre il 2020 e lancia la proposta dell'Energy Roadmap 2050, presentata nel dicembre 2011. In secondo luogo, negli ultimi anni a livello mondiale si sta registrando un crescente interesse per la tutela dell'ambiente dall'effetto inquinante generato dal settore agro-zootecnico; in particolare, preoccupa il destino dell'azoto presente negli effluenti degli allevamenti utilizzati nei terreni agricoli. Tale problema è molto sentito nelle aree con elevate densità  di capi, dove è diventato necessario riequilibrare il rapporto tra carico di animali e terreno disponibile per lo spandimento dei liquami. Si osserva, peraltro, che in molti casi l'impatto negativo deriva non solo dalle caratteristiche degli effluenti, quanto da poco razionali modalità  di gestione, di trattamento e di impiego finale, spesso non sostenibili nel sistema territoriale complessivo che ospita l'attività  zootecnica. In Italia il recepimento finale della cosiddetta Direttiva Nitrati (Dir. 91/676/CEE ) ha reso ancora più difficoltosa tale situazione; oltre all'indubbia questione sorta in merito alla definizione in termini generali delle Zone Vulnerabili ai Nitrati (dove si possono spandere al massimo 170 kg/ha di azoto) e Zone Non Vulnerabili ai Nitrati (dove il limite sale a 340 kg/ha), si ricorda che i valori di azoto prodotto in stalla utilizzati dalle Regioni fino all'entrata in vigore del Decreto Ministeriale , non corrispondevano a quelli in adozione negli altri Paesi dell'UE. In terzo luogo, nel passato, le principali direttive comunitarie, prima, con gli aiuti a sostegno dei prezzi e, poi, con i contributi a superficie coltivata (dopo la Riforma di Mac Sharry del 1992), hanno indirizzato gli agricoltori a concentrare i loro sforzi al fine di incrementare l'efficienza delle tecniche agricole per migliorare le rese unitarie e la produzione finale soprattutto di commodities e beni ad esclusiva destinazione alimentare. Con la riforma della politica agricola comunitaria dei primi anni del 2000 e l'introduzione del disaccoppiamento, gli agricoltori sono stati in parte liberi di fare le proprie scelte imprenditoriali valutando attentamente il mercato, il proprio territorio, le tecnologie a disposizione ed i finanziamenti per lo sviluppo aziendale, ad esempio, attraverso le indicazioni e le risorse dei Piani di Sviluppo Rurale regionali del secondo pilastro della PAC. Ora si è in attesa di ulteriori profondi cambiamenti con la nuova riforma che avrà  avvio nel 2014, che sembra ancora di più (da quanto scaturisce dalle proposte della Commissione europea) indirizzata verso la tutela dell'ambiente e di un ruolo di "servizio" delle attività  dell'impresa agricola. Di fronte ad un cambiamento così radicale dello scenario di riferimento, si sono ridisegnate nuove possibili strategie di medio-lungo periodo per l'azienda agricola, combinando risorse e capitali e verificando l'adattabilità  degli stessi agricoltori alle scelte future di indirizzo, secondo un approccio multifunzionale. Gli agricoltori, pertanto, hanno l'opportunità  di ripensare e di modificare il loro ruolo per il futuro: da quello esclusivo agricolo a quello di imprenditori per attività  anche di servizio, con tutti i requisiti che questa funzione sottende; è necessario però anche un riposizionamento funzionale ed efficiente degli attori dell'intera filiera agro-zootecnica, privati e pubblici, che condizionano ed interagiscono con le attività  dell'impresa. Da quanto premesso si può affermare che anche la produzione energetica potrebbe rappresentare per l'imprenditore agricolo un'importante opportunità  per differenziare la propria attività , allargando le prospettive e gli scenari per l'azienda. Il presente studio, osservate tali complesse questioni, vuole proporre un'analisi che valuti gli effetti sulle scelte future dell'imprenditore alla luce, anche, delle nuove indicazioni presenti nel Decreto ministeriale del 6 luglio 2012 'Attuazione dell'art. 24 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, recante incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti a fonti rinnovabili diversi dai fotovoltaici' confrontando vari scenari con il sistema d'incentivazione valido fino al 31 dicembre 2012.
2013
Italiano
Biogas, energie rinnovabili, Sistema incentivante
STELLIN, GIUSEPPE
STELLIN, GIUSEPPE
Università degli studi di Padova
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Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPD-94268